CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 settembre 2018, n. 22193
Contratto di agenzia – Agente monomandatario – Indennità maturate in relazione agli affari – Resitituzione delle provvigioni indebitamente percepite
Fatti di causa
Con sentenza in data 27 giugno 2013, la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello proposto da M.N. avverso la sentenza di primo grado, che aveva respinto le sue domande, quale agente monomandatario di C.F. s.p.a. per contratto del 10 marzo 2004 (con incarico in esclusiva per i canali di vendita Grande Distribuzione e Discount nell’area Lombardia e da giugno 2004 anche Piemonte) dal quale la preponente aveva receduto con raccomandata del 28 febbraio 2007 e decorrenza dal 5 maggio 2007, di condanna di quest’ultima al pagamento, in proprio favore a titolo di provvigioni e indennità maturate in relazione agli affari procurati nella zona del Piemonte andati a buon fine, della somma di € 343.238,00 oltre rivalutazione ed interessi; e che invece aveva condannato l’agente, in accoglimento della domanda riconvenzionale della preponente, al pagamento in suo favore a titolo restitutorio di provvigioni indebitamente percepite (su affari conclusi dalla medesima con clienti ai quali il predetto aveva rinunciato) della somma di € 13.532,07.
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva la prova, quand’anche deducibile attraverso comunicazione scritta della preponente con il consenso presunto dell’agente in assenza di sua opposizione entro trenta giorni, dell’assegnazione della zona del Piemonte, in difetto di documentazione di ciò, nell’inidoneità di quella prodotta: con la coerente esclusione di spettanza di provvigioni sugli affari ivi conclusi. La Corte subalpina condivideva poi il difetto di specifica contestazione dall’agente dei fatti alla base della domanda riconvenzionale della preponente, pertanto fondata. Avverso tale sentenza M.N., con atto notificato il 27 dicembre 2013 (3 gennaio 2014), ricorreva per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; la società intimata non svolgeva difese.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1742 c.c., 3 CCNL Agenti ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per il mancato esercizio ingiustificato dai giudici di merito del potere officioso di acquisizione del CCNL Agenti (che all’art. 3 prevede la possibilità di prova del rapporto di agenzia anche dai documenti provenienti da una delle parti) e, con esso, di tutti i contratti siglati con il codice 8402, assegnato a M.N., fuori della zona della Lombardia, da cui trarre la prova degli affari conclusi nella zona del Piemonte, in assenza di documentazione utilmente apprezzabile, per il disconoscimento dalla preponente di quella prodotta dall’agente.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 36 Cost. ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per il mancato riconoscimento del compenso per l’attività prestata come agente al di fuori della zona assegnatagli della Lombardia, previo ordine alla preponente di deposito dei documenti indicati al precedente mezzo, per il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata a quantità e qualità del lavoro prestato, secondo il dettato costituzionale.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 6 e 12 Direttiva 86/653/CEE ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per mancato ordine giudiziale alla preponente di deposito di tutta la documentazione inerente il codice dell’agente, in osservanza delle due norme della Direttiva denunciata, riguardanti il diritto dell’agente alla provvigione per ogni operazione conclusa e alla consegna di un estratto conto delle provvigioni dovute, con le relative modalità di calcolo e ad averne tutte le informazioni necessarie alla verifica.
4. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione degli artt. 115 e 410 c.p.c., per illegittima applicazione della prima norma, nell’insufficiente allegazione di controparte, in assenza di deduzione di avvenuto pagamento delle somme chieste in ripetizione, asseritamente non contestata; nel difetto poi della doverosa sospensione del giudizio, per l’esperimento dell’obbligatorio tentativo di conciliazione anche in ordine alla domanda riconvenzionale restitutoria della preponente.
5. Infine, il ricorrente prospetta questione di illegittimità costituzionale dell’art. 1742, secondo comma c.c., per la sua previsione di prova scritta del contratto di agenzia, senza possibilità di ricorso né a presunzioni né a documenti di corredo, in quanto lesiva dei principi di eguaglianza e di diritto del lavoratore alla giusta retribuzione, con particolare riferimento al mutamento di zona.
6. I primi tre motivi possono essere congiuntamente esaminati, per ragioni di stretta connessione, in quanto relativi rispettivamente a: violazione e falsa applicazione degli artt. 1742 c.c., 3 CCNL Agenti ed omesso esame del fatto decisivo di mancato esercizio dai giudici di merito del potere officioso di acquisizione del CCNL Agenti e di tutti i contratti siglati con il codice 8402 dell’agente fuori della zona della Lombardia (primo motivo); violazione dell’art. 36 Cost. ed omesso esame del fatto decisivo di mancato riconoscimento del compenso per l’attività prestata come agente al di fuori della zona assegnatagli della Lombardia (secondo motivo); violazione degli artt. 6 e 12 Direttiva 86/653/CEE ed omesso esame del fatto decisivo di mancato ordine giudiziale alla preponente di deposito di tutta la documentazione inerente il codice dell’agente (terzo motivo).
6.1. Essi sono, infatti, essenzialmente incentrati sull’omessa attivazione dei poteri istruttori giudiziali per acquisire dalla preponente la documentazione relativa ai contratti stipulati da M.N., siglati con il codice 8402 assegnato al medesimo, fuori della zona della Lombardia, per trarne dimostrazione degli affari conclusi nella zona del Piemonte, pure attribuitagli, in difetto di adeguata prova di ciò.
E sono tutti infondati.
6.2. La deduzione dell’uso, nel rito del lavoro, dei poteri istruttori da parte del giudice a norma degli artt. 421 e 437 c.p.c., pure di carattere non discrezionale in quanto potere-dovere del cui esercizio o mancato esercizio il medesimo è tenuto a dare conto, è inammissibile.
Per un’idonea censura in sede di ricorso per cassazione dell’inesistenza o della lacunosità della motivazione sulla mancata attivazione di detti poteri, occorre infatti dimostrare di averne sollecitato l’esercizio (e con indicazione pure dei relativi mezzi istruttori: Cass. 12 marzo 2009, n. 6023; Cass. 23 ottobre 2014, n. 22534): diversamente si introdurrebbe per la prima volta in sede di legittimità un tema del contendere totalmente nuovo rispetto a quelli già dibattuti nelle precedenti fasi di merito (Cass. 26 giugno 2006, n. 14731; Cass. 27 gennaio 2009, n. 1894; Cass. 25 ottobre 2017, n. 25374). Ma ciò non risulta avere fatto parte ricorrente, avendo poi la Corte territoriale ampiamente e criticamente argomentato (per le ragioni esposte dal primo capoverso di pg. 5 al primo capoverso di pg. 6 della sentenza) la totale assenza (“nessuno dei documenti prodotti” ) di prova di una “variazione di zona” (da Lombardia a Piemonte) e neppure di indicazione “con precisione da quale documento si dovrebbe ricavare” l’assegnazione in suo favore del”/a zona del Piemonte e con quali modalità” (così al secondo capoverso di pg. 5 della sentenza).
7. Il quarto motivo, relativo a violazione dell’art. 115 per insufficiente allegazione di controparte asseritamente non contestata e dell’art. 410 c.p.c. in difetto di sospensione del giudizio per l’esperimento dell’obbligatorio tentativo di conciliazione in ordine alla domanda riconvenzionale della preponente, è inammissibile.
7.1. Da una parte, esso difetta di una specifica confutazione dell’argomentato ricorso della Corte territoriale al principio di “non contestazione” sul puntuale rilievo del non avere l’agente “con la memoria di replica 21.2.2010 … preso posizione in ordine all’affermazione della preponente di avergli corrisposto provvigioni indebite” in ordine alla “domanda riconvenzionale proposta dalla società preponente nella memoria difensiva di primo grado” (così all’ultimo capoverso di pg. 6 della sentenza): con la conseguente genericità del mezzo, in parte qua, in violazione del principio di specificità prescritto, appunto a pena di inammissibilità, dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che esige l’illustrazione del motivo con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).
7.2. Deve inoltre essere ribadito il principio, qui disatteso, secondo cui la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora questi, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto la rilevanza, motivando sul punto; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 11 ottobre 2016, n. 20382; Cass. 28 febbraio 2018, n. 4699).
7.3. Quanto alla violazione dell’art. 410 c.p.c., essa è questione nuova e pertanto inammissibile: che la sentenza impugnata non ha trattato, né parte ricorrente ha specificamente indicato (né tanto meno trascritto) gli atti nei quali l’abbia eventualmente posta e coltivata nei gradi di merito (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 11 gennaio 2007, n. 324).
8. Infine, la questione di illegittimità costituzionale prospettata è palesemente infondata: non sono indicati i profili di illegittimità costituzionale lamentati, né è denunciata alcuna violazione dei principi parametrici invocati.
Inoltre, nel caso di specie ha trovato pure ingresso una documentazione probatoria intesa alla dimostrazione in via presuntiva del mutamento di zona assegnata all’agente, tuttavia inidonea assoluzione dell’onere dal deducente (come esplicitato al secondo capoverso di pg. 5 della sentenza): sicché, la questione di costituzionalità, prima ancora che infondata, appare carente, per la ragione detta, del requisito di rilevanza.
9. Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso, senza assunzione di provvedimenti sulle spese, non avendo svolto difese la parte intimata vittoriosa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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