CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2022, n. 933
Licenziamento – Illegittimità – Indennità risarcitoria – Differenze retributive maturate nel corso del rapporto
Fatto
1. Con decreto del 16 gennaio 2019, il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta, ai sensi dell’art. 98 I. fall., da G.V. allo stato passivo del Fallimento T. s.r.I., cui era stato ammesso, a titolo di crediti di lavoro, in via privilegiata per la somma di € 85.600,00 (€ 57.254,59 per indennità risarcitoria, come riconosciuta dal Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza definitiva 31 luglio 2014 in conseguenza dell’accertata illegittimità del suo licenziamento; € 15.378,64 per T.f.r.; € 12.966,78 per indennità di mancato preavviso) e in via chirografaria per € 3.452,04 per spese di giudizio e di precetto; con esclusione della residua somma complessivamente insinuata di € 189.531,22 o, in subordine, di € 114.354,72 per differenze retributive maturate nel corso del rapporto, secondo i conteggi depositati nel giudizio di lavoro ovvero, nel secondo caso, in base alle buste paga.
2. A motivo della decisione, il Tribunale escludeva la prova delle spettanze rivendicate dall’opponente, sui concorrenti rilievi del mancato deposito del CCNL Edili P.M.I (in base al quale egli avrebbe dovuto ricevere quattordicesima mensilità, premio fedeltà, permessi e ferie non godute e altre voci accessorie), né tanto meno della sua concreta applicazione dalla società datrice fallita e della non vincolatività nel concorso fallimentare dell’accertamento delle spettanze nel giudizio di lavoro, in funzione dell’accertamento di illegittimità del licenziamento: in assenza pertanto di riscontri documentali del maggior credito insinuato.
3. Con atto notificato il 15 febbraio 2019, il lavoratore ricorreva per cassazione con tre motivi, cui il fallimento resisteva con controricorso.
4. Il P.G. rassegnava conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da I. conv. 176/20, nel senso dell’inammissibilità o del rigetto del ricorso.
5. Entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda subordinata del lavoratore, di ammissione di un minore importo del credito per voci retributive risultanti dalle buste paga prodotte.
2. Esso è fondato.
3. E’ noto che l’omessa pronuncia integri violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato e sussista in caso di omissione di qualsiasi decisione su un capo di domanda, intendendosi per tale ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale debba essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. 16 maggio 2012, n. 7653; Cass. 27 novembre 2017, n. 28308; 16 luglio 2018, n. 18797), che non sia resa neppure sotto il profilo di un’implicita statuizione di rigetto (Cass. 8 marzo 2007, n. 5351; Cass. 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass. 13 agosto 2018, n. 20718).
3.1. Ed essa ricorre nel caso di specie, per avere il Tribunale dato espressamente atto di una domanda principale in base a conteggi elaborati sulla scorta del CCNL e di una subordinata, di minore importo, sulla base delle buste paga (ultimi due alinea di pg. 1 e primi cinque di pg. 2 e ancora ultimo capoverso di pg. 2 fino al quinto alinea di pg. 3 del decreto), tuttavia pronunciando soltanto sulla prima e non anche sulla seconda, per il riferimento della “assenza di riscontri documentali” alle “considerazioni sin qui esposte” (ultimi due alinea di pg. 3 del decreto), sviluppate in esclusivo riferimento alla domanda principale.
4. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2077 c.c., per la mancata utilizzazione delle prove offerte dal lavoratore, segnatamente delle prodotte buste paga, esplicitamente richiamanti il CCNL Edili P.M.I. (in base al quale era stato operato l’inquadramento professionale e computate le voci retributive, anche accessorie), specificamente individuato nei suoi estremi di approvazione e di decorrenza, idonei a determinarne la doverosa conoscenza dal giudice, nell’irrilevanza della sua mancata produzione, anche a norma degli artt. 1 e 2 L. 4/1953.
5. Con il terzo, egli deduce omesso esame delle buste paga allegate al ricorso e violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2734, 2735 c.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c., per la tempestiva documentazione della concreta applicazione dalla società datrice del CCNL di settore invocato.
6. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili.
7. Giova premettere che la conoscibilità della fonte normativa si atteggia diversamente, a seconda che si versi in un’ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico rispetto a quella in cui le questioni attengano ad un contratto collettivo nazionale del pubblico impiego, atteso che, mentre in quest’ultimo caso il giudice procede con mezzi propri (secondo il principio iura novit curia), nel primo il contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui iniziativa, sostanziandosi nell’adempimento di un onere di allegazione e produzione, è assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova e sul contraddittorio, che non vengono meno neppure nell’ipotesi di acquisizione giudiziale, a norma dell’art. 425, quarto comma c.p.c. (Cass. 16 settembre 2014, n. 19507; Cass. 5 marzo 2019, n. 6394).
7.1. Nel caso di specie, non soltanto non risulta l’adempimento di un tale onere di sollecitazione del lavoratore, ma neppure sono applicabili le disposizioni del rito del lavoro, in quanto il giudizio di opposizione allo stato passivo è retto dalle norme che regolano il giudizio ordinario e non già il rito speciale del lavoro, anche se si facciano valere diritti derivanti da un rapporto di lavoro subordinato con l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale (Cass. 3 maggio 2005, n. 9163; e con più esplicito riferimento ai poteri istruttori del giudice ai sensi dell’art. 421 c.p.c.: Cass. 19 maggio 2006, n. 11856; Cass. 30 settembre 2016, n. 19596; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26781).
7.2. Inoltre, essi difettano di specificità, in violazione del principio prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., che onera la parte che denunci l’omessa valutazione di un documento ovvero di una prova testimoniale, sotto il profilo del vizio di motivazione, come appunto nel caso di specie, di riprodurre il tenore esatto del documento, ovvero della prova testimoniale, il cui omesso esame sia denunciato, riportandone il contenuto, in modo da permettere siffatta valutazione di decisività (Cass. 28 febbraio 2006, n. 4405; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 10 agosto 2017, n. 19985); e ciò per la mancata trascrizione delle buste paga, asseritamente individuanti il CCNL in questione, a fronte della smentita del Tribunale, che ha escluso la prova dall’opponente della concreta applicazione dal datore di lavoro di tale contratto in quanto “circostanza che non emerge dalla documentazione prodotta” (così alla seconda parte del primo capoverso di pg. 3 del decreto): in tale documentazione comprese le buste paga, di cui il Tribunale ha fato esplicita menzione, pur non pronunciando sulla domanda (subordinata) fondata su di esse.
8. Dalle argomentazioni sopra svolte discende allora l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con inammissibilità degli altri, la cassazione del decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibili gli altri due; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma in diversa composizione.