CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 giugno 2018, n. 15478
Tributi – Credito d’imposta – Società di diritto francese – Incasso di dividendi da società italiana – Contratto di cash pooling – Compensazione partite attive e passive – Istanza di rimborso della metà del credito d’imposta – Legittimità – Condizioni
Esposizione dei fatti di causa
1. La società S. s.a.r.l., nella sua qualità di società di diritto francese che aveva riscosso dividendi dalla società italiana B.I. S.r.l., di cui deteneva il 5% del capitale sociale, formulava istanza di rimborso dei crediti d’imposta sui dividendi distribuiti dalla società italiana negli anni 1999, 2000, 2001 e 2002. Avverso il silenzio serbato dal centro operativo dell’agenzia delle entrate di Pescara proponeva ricorso la società S. s.a.r.l.. La commissione tributaria provinciale di Pescara rigettava il ricorso. Proposto appello da parte del contribuente la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, lo accoglieva riconoscendo il diritto al rimborso del credito d’imposta sul rilievo che risultava documentato che le parti avevano stipulato un contratto di “cash pooling” e le operazioni erano avvenute mediante movimenti bancari. La contribuente aveva provato la sussistenza delle operazioni intervenute depositando copia conforme del libro dei soci, copia autentica delle delibere assembleari concernenti la distribuzione dei dividendi, dichiarazione della società italiana di aver erogato i dividendi dal 1999 al 2002, estratto, certificato dalla società di revisione, dei libri contabili della società appellante attestanti l’incasso dei dividendi, modello F24 attestante che la società italiana aveva operato sui dividendi corrisposti la ritenuta del 15%, attestazione della società italiana che i dividendi distribuiti non derivavano da dividendi percepiti da società controllate con sede in Europa, certificato di residenza delle autorità fiscali francesi per gli anni dal 1999 al 2002. Ne derivava che, quand’anche si fosse verificata una compensazione tra le società, essa costituiva una modalità di estinzione dell’obbligazione diversa dall’adempimento ma non vietata da alcuna norma fiscale prevista in materia, per il che sussistevano i presupposti per il rimborso del credito d’imposta.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate svolgendo un motivo. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso. Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte a norma dell’art. 380 bis. 1 cod. proc. civ..
3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 10 della convenzione Italia Francia per evitare le doppie imposizioni del 5 ottobre 1989, resa esecutiva in Italia con leggere numero 7 gennaio 1992 n. 20. Sostiene che il diritto al rimborso del credito d’imposta presuppone che vi sia stata la corresponsione dei dividendi e che non si può ritenere verificato il presupposto nel caso in cui, anziché l’effettivo incasso di dividendi, sia avvenuta una compensazione tra crediti e debiti delle due società, non essendo la compensazione rilevante sul piano tributario. E poiché presupposto per il rimborso del credito d’imposta è che sia avvenuta la doppia imposizione, occorre acquisire la prova di tale circostanza, prova che non può dirsi raggiunta qualora sia mancato il pagamento effettivo delle somme ricevute.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la corte che l’articolo 10 della convenzione Italia Francia contro la doppia imposizione prevede, al paragrafo 4, due diverse tipologie di rimborso:
a) il rimborso dell’intero credito d’imposta, disciplinato al paragrafo 4, lettera a, che può essere richiesto da una società francese che non ha detenuto direttamente o indirettamente nel corso di un periodo di almeno 12 mesi precedenti la data della delibera di distribuzione di dividendi almeno il 10% del capitale sociale della società che corrisponde i dividendi;
b) il rimborso della metà del credito d’imposta, disciplinato dal paragrafo 4, lett. b, che può essere chiesto da una società francese che ha detenuto direttamente o indirettamente nel corso di un periodo di almeno 12 mesi precedenti la data della delibera di distribuzione dei dividendi, almeno il 10% del capitale della società che paga i dividendi.
La società contribuente, nel caso di specie, ha chiesto il rimborso della totalità del credito d’imposta, avendo detenuto, nei 12 mesi precedenti la data della delibera di distribuzione di dividendi, meno del 10% del capitale sociale.
La norma prevede che, nel caso di rimborso dell’intero credito d’imposta, la società francese deve dimostrare di aver incluso l’ammontare lordo dei dividendi nella base imponibile dell’imposta francese sulle società, mentre, nel caso di rimborso della metà del credito d’imposta (paragrafo 4, lett. b) non è richiesta la prova dell’inclusione del dividendo nella base imponibile dell’imposta francese sulle società. Ne consegue che nel caso di specie, ove la società contribuente deteneva il 5% del capitale sociale della società che ha corrisposto i dividendi, si applica l’articolo 10, paragrafo 4, lett. a, che prevede, quale condizione per il pagamento da parte del Tesoro italiano di un ammontare pari all’intero credito d’imposta diminuito della ritenuta alla fonte prevista al paragrafo 2, che la società dia prova di aver incluso l’ammontare lordo dei dividendi nella base imponibile dell’imposta francese sulle società.
Tutto ciò premesso, la CTR, con valutazione in fatto che non è censurabile nel giudizio di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione, ha accertato che tra le parti era stato stipulato il contratto di “cash pooling”, da intendersi come un contratto di tesoreria accentrata che costituisce uno strumento per la gestione dei flussi finanziari in quanto consente una gestione centralizzata del fabbisogno finanziario del gruppo mediante il trasferimento a una società cosiddetta “tesoreria” dei saldi attivi e passivi dei singoli c/c intestati alle varie società. Ed ha altresì accertato che vi era stata effettiva corresponsione da parte della società italiana dei dividendi che risultavano essere stati incassati dalla società francese, come risultava dall’estratto delle scritture contabili certificato dalla società di revisione.
Ne deriva che, ancorché in esecuzione del contratto di cash pooling si sia verificata la compensazione tra le rispettive posizioni debitorie delle società, ciò può assumere rilievo sotto il profilo contabile, ma l’incasso dei dividendi, che contabilmente è valso ad estinguere per compensazione un debito nei confronti della società che li ha corrisposti, è un fatto fiscalmente rilevante in quanto risulta essere stato regolarmente annotato nei libri sociali e da diritto, per ciò stesso, al rimborso richiesto.
Tuttavia la CTR non ha accertato se, oltre alla corresponsione ed all’incasso dei dividendi, fosse emerso dalla documentazione prodotta che la società percipiente aveva incluso i dividendi stessi nella base imponibile dell’imposta francese sulle società, condizione richiesta l’articolo 10, paragrafo 4, lett. a della convenzione Italia Francia per evitare le doppie imposizioni del 5 ottobre 1989, resa esecutiva in Italia con leggere numero 7 gennaio 1992 n. 20.
Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle verifica della sussistenza del presupposto indicato e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo.
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