CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 giugno 2018, n. 15530
Contratto di collaborazione – Assenza del progetto ex art. 61, D.Lgs. n. 276/2003 – Superamento dei limiti annuali delle prestazioni occasionali di tipo accessorio – Obblighi contributivi – Accertamento
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Ancona rigettava gli appelli dell’Inps e della società S. società cooperativa a r.l. avverso la sentenza che aveva accolto solo in parte la domanda di accertamento negativo di obblighi contributivi, riferiti agli anni 2003 e 2004, in relazione ad una serie di rapporti di lavoro intervenuti con la predetta società.
A fondamento della decisione la Corte respingeva l’appello incidentale dell’Inps che investiva il capo della domanda col quale è stata negata la natura subordinata dei predetti rapporti, svoltisi anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo numero 276/2003, e riteneva egualmente infondato l’appello principale della società cooperativa avverso il capo della sentenza che – con l’esclusione di cinque lavoratori – aveva rilevato, oltre all’incontestata assenza di un progetto ex articolo 61 decreto legislativo 276/2003, il superamento dei limiti annuali delle prestazioni occasionali di tipo accessorio di cui all’articolo 70 del medesimo decreto legislativo, posto che il limite quantitativo annuale dei compensi pari a € 3000 fosse oggetto di confessione effettuata dalla società nel ricorso introduttivo ove erano appunto indicati i compensi; ed inoltre sulla base dello stesso presupposto fosse frutto di precisa e concordante inferenza presuntiva quella relativa al superamento del limite di 30 giorni lavorativi, non potendosi ipotizzare turni superiori alle 10 ore (ritenuta circostanza inverosimile e comunque non allegata dalla società). Inoltre, ad avviso della Corte, anche a voler ritenere che un’interpretazione adeguatrice imponesse di ritenere non assoluta ma relativa la presunzione riferita alla mancanza di progetto di cui all’articolo 69 comma 1 del decreto legislativo, si sarebbe posto comunque il rilievo che il datore di lavoro non avesse fornito la prova contraria che gli incombeva; anche perché l’affermazione secondo cui l’INPS non aveva a sua volta adempiuto all’onere della prova che gli incombeva rispetto alla natura subordinata dei rapporti in questione, non si traduceva affatto nella dimostrazione del loro carattere autonomo per il periodo successivo anche in considerazione della presenza di forme di eterodirezione e di direttive datoriali da apprezzarsi rispetto a mansioni non complesse, ripetitive, non bisognose di particolare articolazione e vigilanza in sede di esecuzione.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione S. società cooperativa a r.l. con tre motivi, ai quali ha resistito l’Inps con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 70 del decreto legislativo 276/2003 e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (ex articolo 360 primo comma numero 3 e 5 c.p.c.) e ciò in quanto la Corte aveva errato nell’applicazione dall’art. 70 del decreto legislativo 276/2003 relativo al lavoro accessorio, non sussistendo il limite quantitativo annuale di euro 3000 nel corso dell’anno solare, che era inapplicabile per le prestazioni autonome occasionali. Inoltre andava considerato che nella fattispecie pur trattandosi di rapporti aventi natura meramente occasionale ed accessoria, la fattispecie prevista dalla legge non aveva avuto materiale attuazione nel periodo oggetto di causa ovvero dal 23 ottobre 2003 al 31/12/2004; posto che non erano stati approntati i ticket presso le rivendite autorizzate né individuati i soggetti autorizzati alla vendita, gli enti e le società concessionarie abilitati alla riscossione degli stessi. In attesa dell’emissione dei buoni per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, la società aveva ritenuto quindi di continuare ad utilizzare i lavoratori con prestazione occasionale autonoma ed aveva ritenuto di applicare ai compensi dovuti ai collaboratori la ritenuta di acconto del 20% prevista per le prestazioni autonome occasionali, già applicata per l’anno 2003; peraltro tutti i lavoratori non avevano superato i 30 giorni di prestazione nell’arco dell’anno solare, non essendo invece applicabili i limiti del lavoro accessorio ex articolo 70 d.lgs. 276/2003, che come detto non aveva avuto attuazione nel periodo di causa. Nel caso di specie andava applicata la disciplina non del lavoro accessorio, ma del lavoro di natura occasionale per il quale era previsto il limite di euro 5000.
1.1.- Il motivo è infondato. Anzitutto a prescindere dall’attivazione della disciplina relativa alle prestazioni occasionali di tipo accessorio ovvero dalla possibilità pratica della sua attuazione nel periodo considerato, è pacifico, secondo la medesima doglianza del ricorrente, che nel caso di specie non si potesse far luogo alla disciplina prevista dall’art. 70 d.lgs. 276/2003 avendo la Corte accertato il superamento dei 30 giorni di prestazione nel corso dell’anno solare e comunque del compenso superiore ad euro 3000 sempre nel corso dello stesso anno solare. Sicché non si intuisce lo scopo della doglianza sollevata in relazione alla mancata tempestiva attivazione degli strumenti attuativi della previsione normativa che non poteva comunque trovare applicazione per superamento dei presupposti.
Neppure può essere accolta la doglianza relativa all’esclusione della disciplina del lavoro occasionale che è prevista dall’articolo 61 del decreto legislativo 276 del 2003 per i rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a € 5000 nel qual caso trovano applicazione le disposizioni relative al contratto a progetto.
Tale disposizione contiene dunque due distinti limiti applicativi in quanto per poter procedere alla disciplina del lavoro occasionale occorre che si tratti di rapporti che non superino i 30 giorni con lo stesso committente oppure se contenute nei 30 giorni non superino comunque i 5000 euro.
Nel caso in esame poiché è stato accertato – con motivazione logica e scevra da qualsiasi vizio – che tali limiti fossero stati comunque superati, nessuna delle discipline in discussione poteva essere applicata. Atteso che, secondo il ragionamento della Corte territoriale, il superamento del limite di € 3000 era stato confessato dalla ricorrente; e sulla base di tale dato poteva essere desunto, attraverso grave, precisa e concordante presunzione, anche quello del superamento dei 30 giorni lavorativi occorrendo altrimenti ipotizzare dei turni giornalieri superiori alle 10 ore, che appariva del tutto verosimile comunque non allegata dalla società ricorrente.
Inoltre la tesi della ricorrente secondo cui tutti i lavoratori non avevano superato i 30 giorni di prestazione nell’arco dell’anno solare non risulta minimamente documentata ed autosufficiente, non essendo state riprodotte nel ricorso ed allo stesso allegate le prove da cui tale conclusione si dovrebbe desumere.
2.- Col secondo motivo viene dedotta contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ex articolo 360 numero 5 c.p.c. per avere la Corte valutato in via presuntiva il superamento del valore quantitativo dei 30 giorni lavorativi nell’arco dell’anno solare, in quanto la decisione della Corte non era sorretta da alcun dato certo relativo al superamento del limite dei 30 giorni lavorativi nell’arco dell’anno solare posto che nessun lavoratore aveva affermato in sede di audizione giudiziale di aver lavorato per più di 30 giorni nell’arco dell’anno solare; né potevano essere prese a riferimento le dichiarazioni rese dai lavoratori che potevano avere interesse personale alla conferma dell’accertamento ispettivo.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto, da una parte, viola il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (non riproducendo gli atti diretti ad inficiare il ragionamento della Corte) e dall’altra si risolve in una mera critica dell’accertamento dei fatti effettuato dai giudici di merito, in mancanza dei requisiti di cui all’articolo 360 numero 5 c.p.c.
3. Col terzo motivo viene dedotta contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ex articolo 360, primo comma numero 5 c.p.c. per insussistenza nel caso di specie della presunzione assoluta di cui all’articolo 69 decreto legislativo 276/2003. Applicazione della presunzione relativa in quanto il datore di lavoro aveva provato la natura non subordinata dei rapporti di lavoro per tutto il periodo dell’accertamento ovvero dall’1/1/2003 al 31/12/2004.
3.1. Il motivo è infondato, posto atteso che, come risulta dal ricorso e dalla stessa sentenza impugnata, la pretesa della ricorrente era fondata sulla configurazione dei rapporti di lavoro in questione come rapporti di lavoro occasionale e non già sulla natura di collaborazioni coordinate continuative a progetto delle relative prestazioni, la cui deduzione soltanto potrebbe far venire in rilievo la problematica relativa alla disciplina dell’articolo 69, comma 1 del decreto legislativo 276.
La sentenza impugnata ha anzi rilevato che fosse incontestata, fin dal primo grado, l’assenza di un progetto ex articolo 61 decreto legislativo n. 276 del 2003. Non si intuisce quindi a che titolo venga sollevata la questione del valore del requisito del progetto e della natura della presunzione relativa o assoluta stabilita dall’articolo 69, 1 comma decreto legislativo 276/2003.
Quand’anche ai fini della applicazione della norma si dovesse far riferimento alla nozione sostanziale di progetto, essendo la forma rilevante esclusivamente a fini probatori – talché esso rimarrebbe valido sul piano sostanziale anche quando manchi il requisito formale – pur tuttavia nel caso in esame le predette questioni non risultano nemmeno sollevate nei precedenti gradi di giudizio.
3.2. In ogni caso, pure a voler valutare l’affermazione comunque effettuata dalla Corte di appello in relazione alla natura non assoluta ma relativa della presunzione, con onere della prova a carico del datore di lavoro; ed anche a non voler considerare che la stessa Corte d’Appello ha però messo in rilievo come le prestazioni, per le quali era stata accolta la domanda dell’attuale ricorrente e rigettato l’appello dell’Inps, concernessero rapporti di lavoro che si erano svolti invece in data anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 276 del 2003, e che dunque correttamente la stessa Corte ha affermato che l’accertamento effettuato per il periodo precedente non si traducesse affatto nell’automatica dimostrazione del carattere autonomo e non subordinato delle prestazioni rese nel periodo successivo; e quindi anche a non voler considerare tutto ciò, andrebbe in ogni caso osservato – che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte – la presunzione di cui all’articolo 69 dlgs. 276/2003 è invece assoluta e che pertanto in mancanza del progetto (inteso nella accezione sostanziale del lavoratore che opera a progetto, nei termini indicati da questa Corte con ord. n. 24179/2017 secondo cui “La nozione di “specifico progetto”, di cui all’art. 61 d.lgs. n. 276 del 2003, quale deriva dalla esegesi normativa, deve ritenersi consistere – tenuto conto delle precisazioni introdotte nell’art. 61 cit. dalla I. n. 92 del 2012 – in un’attività produttiva chiaramente descritta ed identificata e funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale, cui partecipa con la sua prestazione il collaboratore) il rapporto si intende come rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dall’inizio.
3.3. Ed invero, dopo una prima fase in cui era sembrata prevalere in giurisprudenza la tesi della presunzione relativa, in seguito è divenuta prevalente l’alternativa della presunzione assoluta. Di questo orientamento è espressione da ultimo la sentenza con la quale questa Corte ha avuto modo di affermare (Sez. L, Sentenza n. 12820 del 21/06/2016) che “In tema di contratto di lavoro a progetto, il regime sanzionatorio articolato dall’art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, pur imponendo in ogni caso l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi, atteso che, al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto “ope legis”, restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria, mentre al comma 2 disciplina l’ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti”.
3.4. Il principio è stato ancora più specificamente ribadito con sentenza n. 17127 del 17/08/2016 la quale ha affermato: “In tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della I. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso”; (in precedenza negli stessi termini Cass. 9471/2016).
Occorre inoltre ricordare che lo stesso legislatore, con l’art. 24 della legge 92/2012, intervenendo con norma di interpretazione autentica ha affermato che ” L’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.
3.5. Ai profili di incostituzionalità relativi a questa ultima normativa va replicato che la norma interpretativa rispecchia il contenuto della norma precedente, in relazione al quale va pure messo in rilievo che se davvero il legislatore si fosse limitato a prevedere una sanzione iuris tantum, avrebbe dovuto introdurre un riferimento alla prova contraria, che invece manca del tutto nel corpo della disposizione.
Determinante poi nel rendere più convincente la tesi della presunzione assoluta risulta un’ulteriore considerazione: secondo il D.Igs. 276/2003 le collaborazioni coordinate e continuative consentite sono tassativamente individuate nel comma 3 dell’art. 61, per cui certamente la prova dell’autonomia in difetto di progetto non potrebbe determinare il sorgere di un rapporto di co.co.co ., al di fuori delle ipotesi che residuano.
3.6. Quanto ai dubbi di legittimità costituzionale prospettati in relazione all’art. 69 cit., così come sopra interpretato, va osservato che essi rileverebbero se fossero stati sottratti al giudice i poteri qualificatori, mentre nel caso in esame viene introdotta una sanzione che consiste nell’applicazione delle garanzie del lavoro dipendente. Si deve inoltre obiettare che il principio di indisponibilità del tipo è stato dettato dalla Corte Cost. (con le pronunce n. 115/1994 e 121/1993) nel caso opposto, ovvero per statuire l’illegittimità di una norma che dettasse una presunzione assoluta di autonomia, sottraendo un rapporto subordinato alle garanzie inderogabili stabilite dall’ordinamento (Corte Cost. 121/1993). Mentre qui si tratta del caso inverso; non sottrazione di garanzie ma norme di miglior favore (quelle che assistono il lavoro subordinato) estese ad altri rapporti; quindi non vengono in questione i principi inderogabili stabiliti nella Costituzione a favore del lavoro subordinato.
D’altra parte, il nostro ordinamento non è estraneo alla previsione dell’applicazione delle regole del lavoro subordinato come sanzione in caso di violazioni, elusioni, abusi di determinate forme di contratti di lavoro (v. artt. 1 c. 5 della L. 1369/1960, 1 della L. 230 del 1962 e 1 del D.Ig.vo 368/2001).
Ammettere la conversione (ab initio o postuma) di una mera collaborazione in lavoro subordinato a tempo indeterminato, in mancanza di progetto, non contraddice perciò principi superiori né costituzionali; si tratta di realizzare una parificazione di disciplina, garantire uno standard di trattamento minimo per rapporti continuativi (in mancanza di progetto) e connotati da una comune subordinazione di tipo economico. Ciò rientra nella potestà del legislatore e non sembra né irrazionale, né ingiustificato, appunto in ragione della comune appartenenza all’area della “dipendenza economica” e della connessione funzionale delle stesse prestazioni lavorative continuative con l’impresa altrui (in ragione cioè della esistenza della para-subordinazione in capo al co.co.co ).
3.7. Resta da aggiungere che 1″assenza del progetto” prevista dal primo comma concretizza il venir meno dell’elemento costitutivo della fattispecie legale, che si caratterizza proprio in virtù dell’esistenza di uno specifico progetto, con i requisiti e le caratteristiche dettati dalla legge. Tale ipotesi ricorre sia quando non sia stata provata (mediante la produzione del contatto o l’espletamento delle prove ammissibili) la pattuizione di alcun progetto, sia quando il progetto effettivamente pattuito non sia conforme alle sue caratteristiche, difettando gli elementi di specificità ed autonomia che sono ritenuti necessari.
4. Le considerazioni svolte impongono perciò il rigetto del ricorso.
5.- Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte dei ricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 4700,00, di cui € 4500,00 per compensi professionali, oltre 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1bis delle stesso art. 13.
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