CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 ottobre 2020, n. 22070
Controversie – Domanda giudiziale – Rapporto con il ricorso amministrativo – Azione giudiziaria per la riliquidazione di prestazione parzialmente riconosciuta – Decadenza ex art. 47, D.P.R. n. 639/1970 – Applicabilità ai giudizi pendenti in primo grado – Presupposti – Giudizio in primo grado non ancora definito con sentenza – Ragioni – Fattispecie
Fatti di causa
1. Con sentenza del 24.6.13, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la pronuncia del 13.1.11 del Tribunale della sede, che aveva riconosciuto il diritto di M.D.M. alla giusta perequazione automatica in percentuale sulla pensione IO/S in godimento, tenendo conto, nel calcolo del coefficiente di rivalutazione, del prò rata estero sommato a quello italiano, con conseguente condanna dell’INPS al pagamento dei ratei differenziali.
2. In particolare, la Corte territoriale – per quel che qui rileva – ha escluso la decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. 639/70, non potendo la stessa operare in mancanza di domanda amministrativa cui ancorare il termine, posto che l’adeguamento è dovuto ex art. 10 I. 160/75 senza alcuna domanda amministrativa dell’interessato.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’INPS per un unico motivo, cui resiste con controricorso – poi ulteriormente illustrato da memoria – l’intimata.
Motivi della decisione
4. Con unico motivo di ricorso parte ricorrente lamenta – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 47 del d.P.R. 639/70, come modificato dall’art. 38 del d.l. 98/11 conv. in l. 111/11, e dell’art. 38 co. 4 del richiamato d.l. 98/11, per avere escluso l’applicazione del termine di decadenza per l’azione giudiziaria (introdotto dalla richiamata disposizione con applicazione anche ai processi pendenti in primo grado alla data del 6.7.11) al giudizio in essere tra le parti, sebbene lo stesso fosse pendente al detto momento, e per non aver considerato la decadenza sebbene il termine relativo -applicabile anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte – fosse decorso.
5. Il ricorso è infondato.
6. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 2014, infatti, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 38 co. 4 del d.l. 98/11, nella parte in cui se ne prevede l’applicazione ai giudizi pendenti in primo grado. Espunta la norma illegittima, vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale (cfr. Cass. 21 gennaio n. 2015, n. 1071; si vedano anche Cass. 19 giugno 2013, n. 15375; Cass. 8 maggio 2012, n. 6959).
7. Il motivo è comunque infondato anche a prescindere dal detto intervento – sopravvenuto al ricorso – del giudice delle leggi, ciò che incide sul regime delle spese del presente giudizio di legittimità.
8. Infatti, la nuova disciplina della decadenza (con riferimento alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte) è applicabile – per espressa previsione normativa – ai “giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore” delle nuove disposizioni, ossia al 6.7.11. Rileva dunque in questo giudizio verificare se alla detta data il giudizio inter partes fosse ancora pendente in primo grado.
9. Al riguardo, va osservato che il giudizio di primo grado è stato definito con sentenza 13.1.11 del Tribunale di Lecce. L’INPS sostiene che, non essendo stata ancora notificata la sentenza alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni ed essendo ancora pendente il termine lungo – all’epoca annuale – per impugnarla, il giudizio fosse ancora pendente in primo grado.
10. Questa Corte è consapevole che, sul piano formale, la descritta situazione è stata considerata come pendenza della lite in primo grado, cosi, ad esempio, ai fini della dichiarazione di litispendenza (Cass. Sez. U., Sentenza n.27846 del 12/12/2013, Rv. 628456 – 01), laddove in precedenza si era posto l’accento sull’assenza di un giudice attualmente investito della sua trattazione, con conseguente inconfigurabilità della contemporanea pendenza di due giudizi sull’identica causa (tra le altre, Cass. n. 9313 del 2007; Cass. n. 3965 del 1999; Cass. n. 10857 del 1995; Cass. n. 1963 del 2004). Ma in relazione alla litispendenza, l’equiparazione della detta situazione a quella in cui la lite è pendente e vi è un giudice investito si spiega in funzione dell’esigenza che il legislatore persegue di evitare una duplicità di giudizi sulla medesima lite.
11. In altro ambito, invece, si è attribuito rilievo preponderante al fatto che il giudice, con la sentenza che ha definito il grado di giudizio, si è spogliato dei poteri decisori, costituendo tale momento il limite per l’operatività retroattiva di disposizioni normative sopravvenute. Così, in materia penale, Cass. Sez. U., Sentenza n. 47008 del 29/10/2009 Ud., dep. 10/12/2009, Rv. 244810 – 01, ha affermato che, ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado “determina la pendenza in grado d’appello del procedimento”, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.
12. Tale ultima fattispecie appare più simile a quella oggetto del presente giudizio, ove si tratta di applicare norme sopravvenute a fattispecie precedenti.
13. Risulta anche in tal caso opportuno, più che cercare di ricostruire la nozione generale ed astratta di pendenza del giudizio di primo grado o di pendenza del giudizio di appello, valutare piuttosto – per usare le parole delle sezioni unite – “l’esatto significato che la locuzione normativa assume nel particolare contesto in cui è stata introdotta, considerando gli interessi perseguiti e le condizioni per le quali l’esclusione della retroattività si palesa compatibile con la legge fondamentale. Né potrebbe giovare un richiamo dogmatico al dato testuale posto che il concetto di pendenza non ha ricevuto definizione nel nostro sistema …, il che consente di adeguarlo alle caratteristiche ed alla finalità delle situazioni in cui è destinato ad incidere“.
14. Nella specie, ove – come si è detto – si tratta di verificare la pendenza al fine di consentire l’applicazione retroattiva di una norma sopravvenuta (peraltro più restrittiva), occorre allora considerare la ratio dell’art. 38 co. 4 del d.l. 98/2011: la norma, infatti, nel prevedere l’applicazione delle nuove norme ai giudizi pendenti in primo grado, intende consentire al giudice di primo grado di tener conto delle nuove disposizioni, ciò che presuppone che il giudice di primo grado non si sia ancora pronunciato sulla controversia; una volta che il giudice si sia pronunciato, infatti, è ragionevole interpretare la norma nel senso che essa abbia disposto l’inapplicabilità della nuova disciplina, essendo incongruo – come deriverebbe dall’opposta interpretazione – che il giudice d’appello possa accertare la decadenza dell’assistito dall’azione giudiziaria sebbene analoga facoltà non competa al giudice di primo grado.
15. Può dunque dirsi che, ai fini dell’applicazione dell’art. 38 co. 4 su richiamato, giudizio pendente in primo grado è quello che non sia stato ancora definito con sentenza, essendo invece esclusa l’applicazione retroattiva di norme sopravvenute ove sia intervenuta una sentenza che abbia definito il giudizio (sentenza definitiva ex art. 279 c.p.c.) in primo grado, restando irrilevante che la detta sentenza possa essere ancora impugnata (e che vi sia litispendenza ai diversi fini dell’art. 39 c.p.c.).
16. Per tutto quanto detto il ricorso deve essere rigettato e le spese non possono che seguire la soccombenza, con distrazione in favore del procuratore della controricorrente, antistatario.
17. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 4000 per competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%, con distrazione in favore dell’avv. A.L., antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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