CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 settembre 2018, n. 22330
Tributi – Debito Iva non dichiarato – Erroneo conteggio eseguito dal contribuente in sede di ravvedimento operoso
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 175/25/10 del 15/11/2010, la CTR della Toscana accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Firenze, che aveva, a sua volta, accolto l’impugnazione della F. s.p.a. nei confronti della cartella di pagamento con la quale venivano richieste sanzioni per complessivi euro 150.873,41 (poi ridotte dall’Ufficio ad euro 101.142,94) in ragione dell’erroneo conteggio eseguito dal contribuente in sede di ravvedimento operoso con riferimento ad un debito IVA non dichiarato in data 16/01/2004:
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti difensivi di parte: a) la cartella di pagamento veniva emessa sul presupposto che la sanzione in misura ridotta del sei per cento dovesse essere calcolata con riferimento all’intero debito IVA non dichiarato di euro 396.497,06 e non già a tale debito decurtato del credito IRPEG relativo all’anno 2003 (euro 68.107,53), erroneamente portato in compensazione dalla società contribuente; b) la CTP annullava la cartella di pagamento riconoscendo la fondatezza del ricorso della F. s.p.a.; c) avverso la sentenza della CTP, l’Agenzia delle entrate proponeva appello.
1.2. La CTR motivava l’accoglimento dell’appello evidenziando che:
a) l’importo dell’IVA non corrisposta al 16/01/2004 era pari a euro 396.497,06 e su quella somma dovevano essere calcolati gli interessi e le sanzioni ai fini del ravvedimento operoso; b) alla data del 16/01/2004 il credito IRPEG opposto in compensazione dalla società contribuente, pari ad euro 68.107,53, non si era ancora formato per non essere stata ancora presentata la denuncia mod. UNICO da cui quel credito risultava; c) ne conseguiva che la F. s.p.a. non poteva effettuare la compensazione e, conseguentemente, la sanzione andava calcolata sull’intero importo.
2. Avverso la sentenza della CTR la F. s.p.a. proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato a due motivi, e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la F. s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 25 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che il credito IRPEG relativo all’anno 2003 poteva essere utilizzato dalla società contribuente fin dal giorno successivo a quello di chiusura del relativo periodo d’imposta e, quindi, poteva essere (parzialmente) compensato con il credito IVA per il quale era stata omessa la dichiarazione in data 16/01/2004.
2. Il motivo è infondato.
2.1. L’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 241 del 1997 afferma che «I contribuenti titolari di partita IVA eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva».
2.2. Il tenore letterale della menzionata disposizione è sufficientemente chiaro nel senso che il credito d’imposta da compensare deve risultare dalla dichiarazione e dalla denuncia periodica presentata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo; con la conseguenza che il credito IRPEG vantato dalla società ricorrente, per essere compensato, sarebbe dovuto necessariamente risultare da una dichiarazione.
Tale dichiarazione è pacificamente intervenuta, nella specie, solo in data 02/11/2004 e, poiché alla data in cui la società contribuente avrebbe dovuto procedere al pagamento dell’IVA (16/01/2004), nessun credito d’imposta era venuto ad esistenza, non è dubbio che la compensazione operata in sede di ravvedimento operoso è inammissibile.
3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che l’Agenzia delle entrate avrebbe illegittimamente disconosciuto ogni valenza al ravvedimento operoso parziale comunque operato dalla F. s.p.a.;
4. il motivo è infondato;
4.1. Questa Corte, con affermazione di principio cui va data continuità, ha già ritenuto che «in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, ai sensi dell’art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, è inammissibile il ravvedimento operoso parziale, in quanto la norma pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell’obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall’Amministrazione finanziaria» (Cass. n. 19017 del 24/09/2015).
4.2. Nella specie, il pagamento della sanzione in misura ridotta e degli interessi con il riferimento esclusivo alla quota parte del credito non compensata rende, pertanto, inammissibile l’intero ravvedimento operoso.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato; la relativa novità della questione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.
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