CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 settembre 2018, n. 22395
Riconoscimento del superiore inquadramento – Eccezione di prescrizione – Sussiste
Fatti di causa
1.1. Con ricorso al Tribunale di Palermo V.V., dipendente della T.I. S.p.A., conveniva in giudizio la società al fine di ottenere il riconoscimento del superiore inquadramento, con decorrenza dal gennaio 1996, nel livello 7° del c.c.n.l. del 2000 (prima livello G del c.c.n.l. del 1996), in subordine nel livello 6° (già livello F).
1.2. Il Tribunale accoglieva in parte la domanda e riconosceva il diritto del V. all’inquadramento, con decorrenza dal gennaio 1996, prima nel livello F del c.c.n.l. del 1996 e quindi nel livello 6° del c.c.n.l. del 2000 con condanna della società al pagamento delle differenze retributive pari ad euro 27.569,00.
1.3. Decidendo sulle impugnazioni principale ed incidentale proposte dalla società e dal lavoratore, la Corte d’appello di Palermo in parziale riforma della decisione di primo grado, condannava la società al pagamento della minor somma di euro 5.977,82.
Così come il Tribunale, la Corte d’appello riteneva che effettivamente il V. avesse svolto le mansioni corrispondenti al superiore inquadramento del 6° livello (già livello F).
Considerava, però, che andasse accolta l’eccezione di prescrizione formulata da T.I. S.p.A. ritenendo che la proposizioni di due precedenti ricorsi con cui il lavoratore aveva reclamato il superiore inquadramento e rivendicato differenze retributive non valesse ad interrompere la prescrizione non avendo il V. fornito la prova dell’avvenuta regolare notifica di tali ricorsi alla convenuta.
2. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale V.V. propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi.
3. T.I. resiste con controricorso successivamente illustrato da memoria.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2943 cod. civ. ed illogicità della motivazione in relazione all’eccezione di prescrizione sollevata ex adverso. Lamenta che la Corte territoriale abbia considerato fondata tale eccezione nonostante i due giudizi instaurati dal ricorrente nell’anno 2000 (R.G. N. 3064/2000 e N. 5570/2000) aventi ad oggetto la medesima qualifica superiore e le analoghe differenze retributive.
1.2. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Il rilievo poggia su atti (precedenti ricorsi) che non sono trascritti nel loro contenuto né sono depositati in uno con il ricorso per cassazione facendosi nello stesso solo riferimento ad un richiamo a tali due controversie operato dalla T. in sede di comparsa di costituzione del giudizio di primo grado.
Il motivo, inoltre, non intercetta il decisum della Corte nella parte in cui è detto che non era stata fornita la prova della notifica alla società di tali ricorsi.
In ogni caso la censura è infondata.
La circostanza che a tali ricorsi avesse fatto riferimento la stessa società in sede di comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado di cui al presente ricorso non è elemento che può sostituire la conoscenza dei suddetti ricorsi a mezzo della rituale notifica degli stessi.
Questa Corte ha infatti chiarito che l’effetto interruttivo della prescrizione esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore; esso, pertanto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, non si produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la notificazione dell’atto al convenuto (v. Cass. 12 ottobre 2017, n. 24031; Cass. 24 giugno 2009, n. 14862).
2.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia illogicità e insufficiente motivazione della sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento della qualifica rivendicata.
2.2. Il motivo è inammissibile in quanto il vizio denunciato è formulato in riferimento al testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. nella previgente formulazione, non applicabile, ratione temporis, al presente ricorso. La sentenza impugnata è stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012 con la conseguenza che la norma cui occorre fare riferimento è quella dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 54, co. 1, lett. b), del d.l. n. 83 del 2012 che consente la censura soltanto per <omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>. Il controllo della motivazione è, così, ora confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., configurabile solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie (cfr. Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053).
Nella specie la motivazione della Corte territoriale supera certamente la soglia del “minimo costituzionale” di cui al nuovo testo art. 360, n. 5, cod. proc. civ. nella rigorosa interpretazione della citata Cass., Sez. U, n. 8053/2014.
In ogni caso i rilievi relativi alla pretesa erronea valutazione degli esiti istruttori in punto di mancato riconoscimento dell’inquadramento invocato sollecitano una rivisitazione del merito decisorio, non consentita in questa sede di legittimità.
3.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine al diritto del V. all’inquadramento nel livello F del c.c.n.l. 9/9/1996 ed al livello 60 del c.c.n.l. 28/6/2000 per il settore delle telecomunicazioni. Rileva che una corretta valutazione delle prove ed una esatta lettura delle declaratorie contrattuali avrebbe consentito di ritenere che il V. avesse svolto le superiori mansioni riconducibili al livello G e poi al livello 7° del c.c.n.l. di categoria.
3.2 Il motivo è innanzitutto improcedibile nella parte in cui è denunciata la violazione di norme del contratto collettivo senza che sia stata depositata in allegato al ricorso la copia integrale di tale contratto ovvero che risulti precisato, in violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., se e quando tale documentazione fosse stata depositata e dove la stessa sia in concreto reperibile. Invero, per costante giurisprudenza (cfr., ex aliis, Cass. 4 marzo 2015, n. 4350; Cass. 15 ottobre 2010, n. 21358; Cass., Sez. U, 23 settembre 2010, n. 20075; Cass. 13 maggio 2010, n. 11614), nel giudizio di cassazione l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, co. 2, n. 4, cod. proc. civ. – è soddisfatto solo con la produzione del testo integrale della fonte convenzionale, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ..
Né a tal fine basterebbe la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui tale atto sia stato eventualmente depositato, essendo altresì necessario che in ricorso se ne indichi la precisa collocazione nell’incarto processuale (v., ex aliis, Cass. n. 27228/14).
Nella specie vi è in ricorso solo il richiamo al fascicolo di primo grado e così ad un mero stralcio del c.c.n.l. (allegato n. 24).
Per il resto il motivo è inammissibile per le stesse ragioni evidenziate con riguardo al secondo motivo di ricorso.
4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
5. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza;
6. Va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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