CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 agosto 2019, n. 21425

Rapporto di lavoro – Differenze retributive – Pluralità di rapporti di lavoro a termine legati alla stagione primaverile-estiva

Fatti di causa

1. La sentenza della Corte di appello di Lecce, depositata l’11.5.2016, ha riformato parzialmente la pronuncia n. 918 del 2011, emessa dal Tribunale della stessa sede, e ha condannato la GCTS srl a corrispondere a R.O., dipendente di essa società dal maggio 1994 al 5 marzo 2001 presso il Ristorante “L.Z.” in Castro Marina, il minore importo di euro 31.699,00 per differenze retributive da aprile 1997 a dicembre 2000, nonché la somma di euro 2.348,00 a titolo di differenze per trattamento di fine rapporto maturato nel medesimo periodo.

2. I giudici di seconde cure, per quello che interessa in questa sede, sul presupposto che dal quadro istruttorio era emersa non la sussistenza di un unico rapporto di lavoro continuativo, ma una pluralità di rapporti di lavoro a termine, per lo più legati alla stagione primaverile-estiva, e di ulteriori rapporti di chiamata per poche giornate, hanno ritenuto prescritti i crediti anteriori al quinquennio dalla notifica del ricorso introduttivo, avvenuta nell’aprile del 2002, e hanno ritenuto valido riferimento, ai fini di stabilire il parametro della adeguata e proporzionata retribuzione, il CCNL di settore limitatamente agli istituti base, procedendo alla conseguente liquidazione del dovuto.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la GCTS srl affidato a due motivi.

4. R.O. non ha svolto attività difensiva.

Ragioni della decisione

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la società denuncia l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, discusso tra le parti nelle fasi di merito, rappresentato dall’omessa considerazione che tutti i prospetti paga esibiti dalla società appellante recavano la sottoscrizione per quietanza della lavoratrice e che la difformità denunciata da quest’ultima tra le scritture contabili-formali del datore di lavoro e quanto realmente versato riguardava solo gli istituti della 13a, 14a mensilità e del TFR.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 cpc, per non avere la Corte territoriale posto a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificamente contestati: in particolare, l’asserita continuità del rapporto di lavoro, l’orario di lavoro e, specificamente, l’asserito lavoro straordinario e, infine, la 13a, 14a mensilità nonché il TFR.

4. Il primo motivo è inammissibile.

5. La censura, infatti, non coglie nel segno perché la Corte territoriale ha valutato le doglianze circa la dedotta “non contestazione” dei documenti contabili da parte della lavoratrice, sottolineando, invece, che l’atto introduttivo del giudizio era stato impostato proprio sulla non corrispondenza della situazione di fatto a quella risultante documentalmente.

6. A differenza di quanto ritenuto dalla società, pertanto, la Corte territoriale ha valutato la questione della non corrispondenza tra il rapporto formalmente denunciato e la sua realtà sostanziale, oltre che sulla non corrispondenza tra il dovuto ed il percepito, precisando che la originaria pretesa era fondata proprio sulla confutazione di tale materialità.

7. La doglianza non si confronta, pertanto, con la ratio decidendí lamentando un inesistente mancato esame di un fatto decisivo.

8. Anche il secondo motivo è inammissibile.

9. La violazione dell’art. 115 cpc può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale; ipotesi queste non denunciate né ravvisabili nella censura ove, invece, in sostanza, si chiede un inammissibile sindacato di revisione dell’accertamento operato in fatto dalla Corte territoriale.

10. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

11. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo la intimata svolto attività difensiva.

12. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.