CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 aprile 2020, n. 7800
Tributi – Cartella di pagamento – Notifica al coniuge di un omonimo – Nullità del procedimento notificatorio – Tempestiva proposizione del ricorso – Effetti – Sanatoria del vizio di notifica
Fatti di causa
G.P. propose ricorso avverso cartella di pagamento con la quale S. Sicilia S.p.a., agente della riscossione per la Provincia di Siracusa, gli intimava il pagamento di euro 26.509,10, per IRPEF, ADD. REG., imposta sostitutiva sui redditi da rivalutazione del TFR, IRAP e ritenute (oltre interessi e sanzioni), per l’anno d’imposta 2004.
La cartella conseguiva all’iscrizione, in distinti ruoli, degli importi dovuti, a seguito di controllo automatizzato, ex art. 36-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, effettuato dall’Agenzia delle entrate sulle dichiarazioni per il 2004.
La Commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello del contribuente, è stata confermata dalla Commissione regionale che, nel contraddittorio dell’Agenzia, disattendendo i relativi motivi di gravame, per quanto adesso rileva, ha ritenuto che: (a) il giudice di prossimità non si era espressa sulla doglianza del contribuente relativa al difetto di sottoscrizione del ruolo, la quale, però, nel merito, era infondata, in quanto il contribuente, gravato del relativo onere probatorio, non aveva dato prova della mancanza di sottoscrizione; (b) la notifica della cartella di pagamento, sebbene affetta da nullità, in assenza della relata di notifica, doveva ritenersi sanata per effetto della consegna del plico ad un vicino di casa del destinatario, mentre era inammissibile, per la novità della questione, l’eccezione da quest’ultimo sollevata in appello, secondo cui l’atto sarebbe stato consegnato a una persona estranea, e cioè alla moglie di un omonimo del contribuente, residente nel medesimo stabile di quest’ultimo; (c) l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento non è sanzionata da nullità; (d) era priva di prova la doglianza del contribuente relativa alla fittizietà dell’indicazione del responsabile del procedimento; (e) era inammissibile, per difetto di specificità, la censura in base alla quale, da un lato, per il 2004, il contribuente non era tenuto al pagamento di alcuna imposta e, dall’altro, l’Amministrazione finanziaria, attrice sostanziale nel processo tributario, non aveva assolto all’onere di produrre in giudizio la copia della dichiarazione dei redditi della parte privata.
Il contribuente ricorre per la cassazione di questa sentenza, con dieci motivi; l’Agenzia resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso [1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc., 22 e 24, comma primo, lett. b) della L. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 12, comma quarto, del D.P.R. 29 settembre 1972, n. 602 (art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.).], il ricorrente censura la sentenza impugnata che, pur avendo riconosciuto che la Commissione provinciale aveva omesso di provvedere sull’eccezione del contribuente di difetto di sottoscrizione del ruolo, ciononostante aveva affermato, errando, che incombe sull’intimato l’onere di fornire la prova di tale vizio formale, laddove, invece, in caso di contestazione dell’interessato, l’Amministrazione finanziaria deve dimostrare di avere assolto a tale adempimento procedurale.
2. Con il secondo motivo [2. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 57, comma primo, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.).], il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità della notifica della cartella, mediante servizio postale, per mancata compilazione della relata di notifica.
Il ricorrente deduce che l’Agenzia, costituendosi in primo grado, aveva prodotto l’estratto di ruolo con allegati la relata di notifica e l’avviso di ricevimento, da cui risultava la consegna del plico, in busta sigillata, in assenza del destinatario, a «P.G., che si qualifica moglie»; soggiunge che, in sede di gravame, aveva dedotto che tale relata conteneva la prova dell’invalidità della notifica in quanto egli era sposato con C.C., mentre G.P. era moglie di un suo omonimo, residente nello stesso stabile.
Censura la sentenza della C.T.R. per avere erroneamente qualificato inammissibile la questione, sollevata dal contribuente in appello, per il divieto dello ius novorum sancito dall’art. 57, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, trascurando che la deduzione dell’irritualità della particolare modalità di notifica era una mera specificazione della più generale doglianza d’illegittimità del procedimento notificatone, sollevata già con il ricorso introduttivo.
3. Con il terzo motivo [3. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.).], il ricorrente censura la sentenza impugnata per essere, comunque, pervenuta alla conclusione che l’atto era stato notificato ad un vicino del destinatario, senza spiegare le ragioni sulle quali poggiava tale convincimento.
4. Con il quarto motivo [4. Nullità della sentenza per “ultrapetizione”, in violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c.).], il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata perché – dopo che l’appellante aveva dimostrato (con la produzione dell’estratto di matrimonio) l’invalidità della notificazione della cartella di pagamento in quanto consegnata alla sig.ra P., che non era sua moglie – aveva affermato che la notifica doveva considerarsi effettuata ad un vicino di casa, con una decisione che superava la soglia dei fatti allegati dalle parti.
5. Con il quinto motivo [5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 26, commi primo e quinto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 60, comma primo, primo periodo e lett. f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 148 del c.p.c. (360, comma primo, n. 3, c.p.c.).], il ricorrente censura l’errore di diritto della sentenza impugnata nella parte in cui, nel disattendere il relativo motivo di gravame, è stato affermato che la compilazione della relata di notifica sulla copia dell’atto, pur essendo un incombente necessario, nel caso in cui risulti mancante, non integra un vizio che determina l’inesistenza del procedimento notificatorio che, in tale ipotesi, è affetto da nullità sanabile con la proposizione del ricorso giurisdizionale avverso la cartella, la cui relata è redatta sulla copia dell’atto di cui è in possesso l’agente della riscossione.
6. Con il sesto motivo [6. Violazione e falsa applicazione degli artt. 26, commi primo e quinto (nel testo vigente all’epoca dei fatti) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 60, comma primo, primo periodo e lett. f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 156, comma terzo, c.p.c. (360, comma primo, n. 3, c.p.c.).], il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere riconosciuto che il vizio di notifica della cartella è suscettibile di sanatoria, ai sensi del detto art. 156, trascurando che questo articolo non è applicabile in materia tributaria e vale solo per gli atti processuali, non anche per gli atti amministrativi, che sono espressione della potestà impositiva del fisco.
7. Con il settimo motivo [7. Nullità della sentenza per violazione degli artt. 2712, 2719 c.c., 43, comma secondo, del D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e 22, ultimo comma, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.).], il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata, che ha confermato la legittimità dell’atto di riscossione, sul presupposto della sussistenza della prova della sua notificazione, mediante l’esibizione in giudizio, da parte dell’Agenzia, della semplice fotocopia della relata, senza considerare che, nella specie, lo stesso appellante aveva contestato l’efficacia probatoria di tale relata, sicché il giudice tributario avrebbe dovuto pretendere, dall’Amministrazione finanziaria, la produzione dell’originale della relata.
8. Con l’ottavo motivo [8. Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma quarto e 25, comma secondo del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 1 e 6 del D.L. 3 settembre 1999, n. 321 e 125 c.p.c. (360, comma primo, n. 3, c.p.c.).], il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere contra legem disatteso il motivo d’appello concernente il vizio della cartella per difetto di sottoscrizione sull’erroneo presupposto che sia sufficiente la riferibilità dell’atto all’ente che lo ha emesso, trascurando che, invece, la sottoscrizione del soggetto dotato dei necessari poteri rappresentativi, appartenente all’organismo cui è demandata la funzione dell’esazione dei tributi, è un adempimento imprescindibile.
9. Con il nono motivo [9. Violazione e falsa applicazione degli artt. 36-bis, comma terzo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 2, comma secondo, del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462 e 6, comma quinto, della L. 27 luglio 2000, n. 212 (360, comma primo, n. 3, c.p.c.).], il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere negato l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento, emessa in assenza del contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, sul presupposto che, nella specie, si fosse trattato della riscossione degli importi asseritamente liquidati in dichiarazione, omettendo di considerare che nessun dato normativo consente di affermare il carattere meramente facoltativo del contraddittorio fondato sulla comunicazione, il quale, al contrario, è necessario in tutti i casi di esito positivo del controllo cartolare.
10. Con il decimo motivo [10. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 18, comma secondo, lett. e), del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 360, comma primo, n. 4 del c.p.c.).], il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile, perché non sufficientemente specifico, il motivo d’appello concernente l’illegittimità della cartella fondata sul presupposto che, per il 2004, non fosse dovuta alcuna imposta, laddove, invece, una simile sanzione processuale costituisce un’extrema ratio, circoscritta alle ipotesi (diverse dal caso di specie) in cui i motivi di gravame sono sostanzialmente assenti o formulati in modo tanto generico da rendere del tutto incerto l’oggetto della critica.
11. Il primo motivo è infondato.
In termini generali, è condivisibile la tesi del contribuente secondo cui, diversamente da quanto emerge dalla sentenza impugnata, non è dato rilevare, nell’ordinamento, una «presunzione di legittimità» del ruolo (cfr., in senso contrario: Cass. 18/05/2018, n. 12243; 21/12/2016, n. 26546), il quale – è utile ricordarlo -, così come la cartella di pagamento, è suscettibile d’impugnazione dinanzi al giudice tributario, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. d), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Ciò precisato, tuttavia, la censura collide con il principio di diritto enunciato, anche di recente, da questa Corte (Cass. 30/10/2018, n. 27561), secondo cui: «In tema di requisiti formali del ruolo d’imposta, l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973 non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi della sua omessa sottoscrizione, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente, che non può limitarsi ad una generica contestazione dell’esistenza del potere o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno delle sue deduzioni. D’altronde, la natura vincolata del ruolo, che non presenta in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, comporta l’applicazione del generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990.» (conf.: Cass. 18/05/2018, n. 12243, conf.: 21/12/2016, n. 26546).
12. Il quinto e sesto motivo, da esaminare prioritariamente rispetto agli altri motivi (secondo, terzo, quarto, e settimo) riguardanti il thema dei vizi di notifica della cartella, sono infondati.
12.1. La Commissione regionale, in sostanza, ha riconosciuto la nullità del procedimento notificatorio della cartella, ma ha ritenuto che tale nullità fosse stata sanata, ai sensi degli artt. 156, terzo comma, 160, cod. proc. civ., «mediante la tempestiva proposizione del ricorso innanzi alla Commissione Tributaria.» (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
La statuizione del giudice tributario è conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte, la quale, ha reiteratamente affermato che: (a) «La nullità della notifica della cartella esattoriale, atto avente duplice natura di comunicazione dell’estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere, corrispondente al titolo esecutivo e all’atto di precetto nel rito ordinario, è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi degli artt. 156 e 160 c.p.c., atteso l’espresso richiamo, operato dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, alle norme sulle notificazioni del codice di rito.» (Cass. 13/01/2016, n. 384; conf.: n. 4018/2007, n. 2272/2011); (b) «La notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento dell’atto d’imposizione fiscale, sicché la sua nullità è sanata, a norma dell’art. 156, comma 2, c.p.c., per effetto del raggiungimento dello scopo, desumibile anche dalla tempestiva impugnazione.» (Cass. 21/09/2016, n. 18480); (c) «In tema di notifica della cartella di pagamento, l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, tra cui, in particolare, i vizi relativi all’individuazione del luogo di esecuzione, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia “ex tunc” per raggiungimento dello scopo.» (Cass. 28/10/2016, n. 21865).
12.2. La ritenuta infondatezza di tale censura, riguardante una delle rationes decidendi che hanno indotto la Commissione regionale a disattendere le critiche del contribuente in punto di nullità di notifica della cartella, rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le residue, omogenee, doglianze circa gli asseriti vizi del procedimento notificatorio.
Infatti, è saldo indirizzo di questa Corte (Cass. 11/05/2018, n. 11493; conf.: 14/02/2012, n. 2108; sez. un. 29/03/2013, n. 7931; 18/06/2019, n. 16314), che: «Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa.».
13. L’ottavo motivo è infondato.
La sentenza della C.T.R. è conforme all’indirizzo consolidato di questa Corte (Cass. 05/12/2014, n. 25773, conf.: n. 14894/2008; n. 26053/2015; n. 12243/2018, cit.), al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui: «In tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice.».
14. Il nono motivo è infondato.
La Commissione regionale ha negato la necessità di un contraddittorio preventivo, rispetto all’iscrizione a ruolo e all’emissione della cartella di pagamento dopo che, all’esito di apprezzamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità, aveva negato la sussistenza di «incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» sul rilievo che, nella specie, non era in discussione quanto dichiarato dal contribuente, bensì l’omissione dei versamenti ai quali – nella dichiarazione – egli aveva affermato di essere tenuto.
Il dictum del giudice d’appello segue la scia del costante orientamento di questa Sezione tributaria, che il Collegio condivide, secondo cui: «In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso.» (Cass. 21/11/2017, n. 27716).
15. Il decimo motivo è infondato.
La C.T.R., senza incorrere nell’allegato error in procedendo, ha legittimamente affermato la genericità del motivo d’appello, con il quale il contribuente si doleva, laconicamente, dell’inesistenza del debito tributario, senza per nulla specificare le basi fattuali di una simile asserzione, palesemente in contrasto con il procedimento amministrativo che aveva condotto all’iscrizione al ruolo del debito tributario e all’emissione della cartella sulla base – appunto – del contenuto delle dichiarazioni dei redditi 2004, quali dichiarazioni di scienza provenienti dall’obbligato.
16. Alla stregua di queste considerazioni, infondati il primo, il quinto, il sesto, l’ottavo, il nono e il decimo motivo, inammissibili il secondo, il terzo, il quarto e il settimo motivo, il ricorso va rigettato.
17 Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.