CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 aprile 2022, n. 12276
Pensione di vecchiaia – Decadenza sostanziale ex art. 47 dpr 639/70 – Soggezione a decadenza dei singoli ratei maturati – Imprescrittibilità della prestazione previdenziale
Con sentenza del 2.5.16 la corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede che, in ragione di precedente giudicato, aveva dichiarato inammissibile il ricorso della signora B. volto al riconoscimento della pensione di vecchiaia.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che il precedente giudizio – definito da tribunale di Tivoli con sentenza non impugnata – aveva dichiarato la decadenza sostanziale ex articolo 47 dpr 639/70, con pronuncia di merito (di rigetto della pretesa) che la parte aveva l’onere di impugnare e non aveva invece impugnato, con conseguente formazione del giudicato.
Avverso la suddetta sentenza di appello ricorre la lavoratrice per due motivi, cui resiste l’INPS per con controricorso.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 47 citato e dell’articolo 2909 codice civile, per avere la corte territoriale computato la decadenza in relazione a provvedimento dell’INPS non di rigetto ma interlocutorio, e per avere ritenuto estinto il diritto a pensione in ragione della decadenza.
Il primo motivo è infondato: le parti infatti non possono influire sul decorso del termine di decadenza, attesa la relativa natura. Questa Corte ha infatti già precisato che (Sez. L, Sentenza n. 7527 del 29/03/2010, Rv. 612848 – 01, ed altre successive conformi) che, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, l’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970 (nel testo modificato dall’art. 4 del d.l. n. 384 del 1992 del convertito, con modificazioni, nella legge n. 438 del 1992), dopo avere enunciato due diverse decorrenze della decadenza (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui all’art. 7 della legge n. 533 del 1973, e di centottanta giorni, previsto dall’art. 46, commi quinto e sesto, della legge n. 88 del 1989), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Tale disposizione – per configurarsi quale norma di chiusura volta ad evitare una incontrollabile dilatabilità del termine di una decadenza avente natura pubblica – deve trovare applicazione anche se il ricorso amministrativo o la decisione sul ricorso siano intervenuti in ritardo rispetto al termine previsto.
In tale contesto, il carattere interlocutorio del provvedimento dell’INPS -emesso nel caso di specie in sede amministrativa- è in ogni caso inidoneo ad incidere sul decorso del termine di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione in giudizio.
Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’articolo 6 decreto legge 103 del 91 convertito in legge 166 del 91, per avere la corte territoriale trascurato che l’estinzione riguarda i ratei e non il diritto.
Il motivo è fondato.
Questa Corte, interpretando il giudicato eccepito in linea con gli insegnamenti della Corte Costituzionale (in merito all’imprescrittibilità e non soggezione a decadenza del trattamento previdenziale in sé considerato, ma solo dei singoli ratei maturati: tra le tante, sentenza n. 246 del 1992) e con i propri precedenti di legittimità (Sez. L -, Sentenza n. 17430 del 17/06/2021, Rv. 661517), rileva che la sentenza del tribunale di Tivoli passata in giudicato, nel dichiarare la decadenza sostanziale del privato, non può che aver fatto riferimento ai ratei della prestazione maturati fino al momento dell’introduzione della causa e non ai ratei successivi a tale momento, non oggetto del giudizio, né dunque alla prestazione in sé considerata.
In accoglimento di tale motivo, la sentenza impugnata deve dunque essere cassata, con rinvio alla medesima corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla medesima corte d’appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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