CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 aprile 2022, n. 12277
Indennità di disoccupazione agricola – Riliquidazione – Parametro – Causa di valore inferiore a euro 500 – Estinzione ope legis – Riconoscimento della pretesa economica a favore del lavoratore
Con sentenza del 15.12.16 la corte di appello di Catanzaro ha confermato due sentenze del 3.12.12 del tribunale di Cosenza (oggetto di distinti appelli poi riuniti), che avevano rigettato le domande della signora S. volte ad ottenere la riliquidazione delle indennità di disoccupazione agricola con riferimento alla retribuzione giornaliera del contratto provinciale e non al salario medio convenzionale.
In particolare, la corte territoriale ha preliminarmente ritenuto che l’eccezione di estinzione del giudizio ex art. 38 d.l. 98/2011, convertito in legge 111/11, sollevata dalla parte in corso di causa, dovesse essere disattesa in difetto di prova che la causa avesse valore inferiore ai 500 euro, così rientrando nella previsione normativa; nel merito, la corte territoriale ha quindi ritenuto che il salario medio non era più parametro a seguito dell’articolo 1 comma 5 decreto legge 338 del 89 convertito in legge 389 del 89, che il confronto con la retribuzione del contratto provinciale andava fatta scorporando la quota relativa al TFR, e che la lavoratrice aveva fatto riferimento a retribuzione di qualifica che non risultava dalle sue buste paga; quanto alle spese di lite, la corte territoriale ha nel dispositivo condannato la parte soccombente, mentre in motivazione ha fatto applicazione dell’art. 152 att. c.p.c. e compensato le spese.
Attraverso tale sentenza ricorre la lavoratrice per due motivi; l’INPS ha depositato procura.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 38 del decreto legge 98 del 2011 e difetto di potestas iudicandi, per avere la corte territoriale trascurato la previsione legislativa di estinzione ope legis della causa di valore inferiore a euro 500 (come peraltro richiesto anche dall’INPS in primo grado).
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 156 comma 2 CPC, ex art. 360 co. 1 . n. 3 e n. 4 c.p.c., per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione sulle spese.
Il primo motivo è fondato.
Occorre premettere che il valore della causa è di euro 295, come si desume dalla domanda introduttiva del giudizio (che pur non quantificando la pretesa nelle conclusioni reca in allegato conteggi specifici) e dall’eccezione dell’INPS di estinzione del giudizio, formulata già in primo grado; il valore è pure confermato dalla dichiarazione della parte sul valore della causa (contenuta anche nel ricorso per cassazione) ai fini della determinazione della misura del contributo unificato.
Ne deriva l’applicazione dell’art. 38 suddetto.
La norma su richiamata prevede (con previsione ritenuta legittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 2014) che “i processi in materia previdenziale nei quali sia parte l’INPS, pendenti nel primo grado di giudizio alla data del 31 dicembre 2010, per i quali, a tale data, non sia intervenuta sentenza, il cui valore non superi complessivamente euro 500,00, si estinguono di diritto, con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente. L’estinzione è dichiarata con decreto dal giudice, anche d’ufficio. Per le spese del processo si applica l’articolo 310, quarto comma, del codice di procedura civile.”
La norma, nel riferirsi ai processi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore delle previsioni (cfr. Sez. L – , Sentenza n. 22070 del 13/10/2020, Rv. 659054 – 01), fissa l’ambito delle categorie di giudizi per le quali opera l’estinzione, ma non esclude che la stessa possa essere rilevata nei gradi successivi di giudizio, prevedendone anzi il rilievo anche d’ufficio.
Nel caso di specie, la norma è applicabile alla causa di che trattasi, pendente già in primo grado alla data dell’entrata in vigore della disposizione suddetta.
La norma prevede non già la mera estinzione del giudizio, ma l’estinzione con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente: ne deriva che la stessa non si limita a prevedere una causa di improseguibilità della domanda, ma incide nel merito della pretesa; ciò influisce sul contenuto della pronuncia di questa Corte, che non può limitarsi alla cassazione senza rinvio della sentenza impugnata ex art. 382 co. 3 c.p.c. in ragione dell’improseguibilità della domanda, occorrendo salvaguardare l’interesse della parte riconosciuto dall’art. 38 (con pronuncia quindi estesa al merito ex art. 383 c.p.c.).
La sentenza impugnata deve dunque essere cassata e, non essendo necessari altri accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con dichiarazione di estinzione del processo, con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente.
La stessa norma precisa il regolamento delle spese, richiamando l’articolo 310 comma 4 c,p,c, e così prevedendo (con regola applicabile sia al giudizio di merito che a questo di legittimità) che le spese del processo restino a carico delle parti che le hanno anticipate.
Il secondo motivo, relativo al regolamento delle spese, resta assorbito in ragione della accessorietà del capo di sentenza impugnato.
P.Q.M.
Accoglie primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara estinto il giudizio con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente; spese dell’intero processo a carico delle parti che le hanno anticipate.
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