CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 dicembre 2020, n. 28414
Procedura di selezione interna di conferimento di incarico – Illegittimità – Risarcimento del danno patrimoniale – Differenze retributive – Inidoneità attitudinale
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Caltanissetta, con sentenza resa pubblica il 2/3/2017, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda proposta da I.C. nei confronti della s.p.a. S. società gestioni sanitarie, intesa a conseguire pronuncia di illegittimità della procedura di selezione interna di conferimento dell’incarico di caposala e dell’atto finale di graduatoria, il conseguente inquadramento nel livello Ds. e la condanna della società al risarcimento del danno patrimoniale nella misura delle differenze retributive spettanti nonché del pregiudizio alla professionalità.
La Corte di merito, in estrema sintesi, perveniva alla reiezione della domanda proposta dalla lavoratrice, valorizzando la inidoneità attitudinale della predetta, obiettivata dalla specifica attestazione resa dalla società specializzata P. s.r.l. Deduceva pertanto che, in assenza di una sia pur minima possibilità di vedersi attribuito l’incarico in questione, in ragione del mancato possesso dei requisiti richiesti, doveva ritenersi assente l’interesse ad agire della lavoratrice.
Avverso tale decisione I.C. interpone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste la società intimata con controricorso successivamente illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1128 c.c. in relazione all’art. 360 comma primo n.3 c.p.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.
Si criticano gli approdi ai quali è pervenuto il giudice del gravame per non aver disposto alcun confronto critico del risultato della scheda redatta dalla società P. con i titoli posseduti ed i corsi frequentati, idonei a dimostrare che la valutazione delle altre due concorrenti era falsata, l’atto finale di graduatoria essendo contrario a correttezza e buona fede e non conforme ai parametri di imparzialità e trasparenza cui deve essere informato l’agire della parte datoriale nell’espletamento della procedura selettiva; detta violazione si sarebbe risolta, in sintesi, nel mancato svolgimento di alcun confronto critico fra la summenzionata scheda valutativa ed i titoli posseduti dalla concorrente.
Si censura poi, analiticamente, il contenuto del rapporto redatto dalla società specializzata, non risultando comprensibili i parametri adottati dell’esperto valutatore per l’attribuzione alle altre due candidate, e del punteggio specificamente assegnato per ogni voce di riferimento, ponendosi in dubbio anche la attendibilità della selezione e la adeguatezza del personale valutatore.
2. Il motivo è privo di pregio.
La Corte di merito, nel proprio incedere argomentativo, ha avuto modo di porre in rilievo, nelle premesse, che la procedura di selezione per il conferimento dell’incarico di caposala, constava di due fasi ineludibili: l’esame dei curricula dei partecipanti, ed un colloquio da professionisti esterni all’azienda.
Ha quindi proceduto alla disamina del bando di selezione, congruamente qualificato in termini di offerta al pubblico.
Il bando di concorso indetto, nell’ambito dei rapporti di lavoro regolati dal diritto privato, per l’assunzione, la promozione o il riconoscimento di determinati trattamenti o benefici a favore del personale all’esito di determinate procedure selettive, costituisce infatti un’offerta contrattuale al pubblico (ovvero ad una determinata cerchia di destinatari potenzialmente interessati), caratterizzata dal fatto che l’individuazione del soggetto o dei soggetti, tra quelli che con l’iscrizione al concorso hanno manifestato la loro adesione e che devono ritenersi concretamente destinatari e beneficiari della proposta, avverrà per mezzo della stessa procedura concorsuale e secondo le regole per la medesima stabilite. Di conseguenza, il datore di lavoro è tenuto a comportarsi con correttezza e secondo buona fede, nell’attuazione del concorso, così come nell’adempimento di ogni obbligazione contrattuale, con individuazione della portata dei relativi obblighi correlata, in via principale, alle norme di legge sui contratti e sulle inerenti obbligazioni contrattuali e agli impegni assunti con l’indizione del concorso (ex plurimis, vedi Cass. 19/4/2006 n. 9049).
La Corte di merito, muovendo da tali corrette premesse in diritto, ha rimarcato come, nello specifico, la procedura fosse stata rettamente espletata, non sortendo l’esito auspicato dalla lavoratrice per effetto della verifica in senso negativo, in ordine alla sussistenza del requisito della idoneità attitudinale all’esercizio del ruolo di coordinamento del personale infermieristico connesso alla posizione di caposala.
La statuizione non confligge con i dati della lex specialis contenuta nel bando di selezione, né con i criteri di correttezza e buona fede che presiedono alla interpretazione degli stessi; laddove è stata rimarcata la carenza di uno dei requisiti, quello attitudinale, contemplato nel bando che disciplinava la procedura selettiva e coessenziale al conferimento dell’incarico per il quale detta procedura era stata predisposta, la Corte di merito, nello scrutinio dell’agire della società ricorrente, si è infatti conformata al motivato parere espresso dalla società destinataria dell’incarico.
In tal senso, la doglianza formulata – che palesa un evidente difetto di specificità in violazione dei dettami di cui all’art. 366 nn. 3, 4 e 6 c.p.c. (vedi Cass. 13/11/2018 n. 29093), non riportando il tenore delle griglie di valutazione oggetto di critica, ed i titoli prodotti dalla vincitrice del concorso – mediante la prospettazione di un vizio di violazione di legge, tende ad accreditare una difforme valutazione dei dati documentali acquisiti (segnatamente della scheda da cui era emersa l’insussistenza del requisito attitudinale in capo alla lavoratrice), non ammissibile nella presente sede di legittimità.
3. E’ bene rammentare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (ex plurimis, vedi Cass. 6/3/2019 n. 6519).
Va inoltre rimarcato che, in tema di ricorso per cassazione, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (ex aliis, vedi Cass. 11/1/2016 n. 195).
Il discrimine tra le distinte ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non .anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.
Sotto tale profilo, non può tralasciarsi di considerare che la giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai consolidata (Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053; Cass., Sez. Un., 18/4/2018, n. 9558; Cass., Sez. Un., 31/12/2018, n. 33679) nell’affermare che: il novellato testo dell’art.360 n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, ché abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma.
Nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.
4. Orbene, nello specifico, non può sottacersi che le critiche articolate dalla difesa del ricorrente non hanno il tono proprio di una censura di legittimità giacché, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, di motivazione apparente, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione con rivisitazione dell’articolato compendio probatorio, non consentite in sede di legittimità (vedi per tutte Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476).
In breve, la complessiva censura traligna dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 cod. proc. civ., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti, andando a confutare anche il profilo di adeguatezza del personale valutatore e dei parametri da esso adottati, non censurando puntualmente quella definita in sentenza, ma proponendo una diversa valorizzazione degli elementi probatori raccolti inidonea ad inficiarne la fondatezza.
La Corte di merito, per quanto sinora detto, all’esito di una approfondita ricognizione delle acquisizioni probatorie devolute alla sua cognizione, ha ricostruito la fattispecie sottoposta al suo scrutinio, escludendo che fosse desumibile dagli atti la ricorrenza del profilo attitudinale contemplato dal bando che disciplinava la procedura selettiva, con argomentazioni congrue e conformi a diritto, certamente non ascrivibili al paradigma normativo definito dalla summenzionata disposizione codicistica, nella interpretazione resa dalle Sezioni Unite di questa Corte e qui ribadita.
La statuizione resiste, dunque, alla censura all’esame.
5. Il secondo motivo concerne violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma primo n.3 c.p.c.
Sulla premessa dell’incongruenza della esclusione della ricorrente, e dell’allegato dimostrato possesso dei requisiti, si deduce sia assolutamente sussistente l’interesse all’accoglimento del ricorso ed alla attribuzione della posizione rivendicata, che il giudice del gravame avrebbe ingiustamente escluso.
6. Il motivo, che riposa sul presupposto della illegittima esclusione della ricorrente dal conferimento dell’incarico, oggetto della prima ragione di doglianza, resta logicamente assorbito dalla reiezione di detto motivo.
Alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso va, pertanto, respinto.
La regolazione delle spese inerenti al presente giudizio segue il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata.
Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell’art. 13 DPR 115/2002 della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 febbraio 2022, n. 6506 - Il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall'art. 8, commi 2 e 4, della l. n. 223 del 1991, in favore delle imprese che assumono personale licenziato a seguito di procedura di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14894 - Ove il datore di lavoro per la copertura di posti di una determinata qualifica abbia manifestato la volontà di procedere mediante un concorso interno ed abbia, a tal fine, pubblicato un bando…
- INPS - Messaggio 08 maggio 2023, n. 1645 Telematizzazione del TFR per i dipendenti pubblici di cui al D.P.C.M. 20 dicembre 1999, e successive modificazioni Con la circolare n. 185 del 14 dicembre 2021 è stato comunicato l’avvio del nuovo processo di…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 1244 depositata l' 11 gennaio 2024 - In tema di società cd. "in house", il reclutamento del personale, a seguito dell'entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in l. n. 133 del 2008, nel testo…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 23420 depositata il 1° agosto 2023 - Nell’ambito del procedimento di contestazione disciplinare, regolamentato dall’art. 7 della legge n. 300 del 1970, ove il lavoratore, pur dopo la scadenza del termine di cinque…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 giugno 2021, n. 15800 - L'assunzione dei dipendenti pubblici non può infatti essere regolata con modalità cogenti attraverso la contrattazione collettiva, ma promana dal ricorrere dei requisiti di legge eo dall'utile…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…