CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 dicembre 2021, n. 40050
Tributi – IVA e imposte sui redditi – Simulazione di atti di compravendita immobiliare – Prova presuntiva – Indebito vantaggio fiscale – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Fatti di causa
1. La società contribuente L. SRL, esercente l’attività di costruzione di edifici, ha impugnato un avviso di accertamento per IRPEG, IRAP, IVA, oltre sanzioni, relativo al periodo di imposta dell’esercizio 2002. L’avviso traeva origine da un PVC redatto in data 19 giugno 2006, con il quale si accertava una minor perdita rispetto a quella dichiarata, recuperandosi a tassazione le maggiori imposte conseguenti a indebita contabilizzazione di fatture passive e quote di ammortamento indeducibili. L’Ufficio riteneva, in particolare, che le fatture passive attenessero a compravendite immobiliari prive di reali giustificazioni economiche, effettuate tra società riconducibili a un medesimo soggetto economico, finalizzate unicamente a creare indebite eccedenze di imposta poi chieste a rimborso, con recupero di maggiore IVA per € 568.333,00 e irrogazione di sanzioni per € 770.516,00.
2. La CTP di Roma ha accolto il ricorso.
3. La CTR del Lazio, con sentenza in data 3 marzo 2011, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che le cessioni immobiliari fossero reali in quanto risultanti da atti notarili, ritenendo non provata la natura simulata delle compravendite. In particolare, l’Ufficio ha rilevato che per una delle cessioni fosse stata promossa un’azione revocatoria, a dimostrazione della natura effettiva e non simulata della compravendita stessa.
4. Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi, cui ha resistito la società contribuente con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria, con richiesta di distrazione delle spese.
5. Con ordinanza in data 19 dicembre 2018, questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo, prendendo atto dell’intenzione del controricorrente di addivenire alla definizione agevolata a termini dell’art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, la quale non risulta più coltivata.
6. Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dall’art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, come inserito dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione precedente la novella di cui all’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, insufficiente motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse stato provato che le cessioni immobiliari contestate dall’Ufficio fossero simulate. Nel riprodurre l’avviso di accertamento, il ricorrente osserva di avere analiticamente descritto il complesso meccanismo di cessioni degli immobili risultante dalle singole compravendite, che evidenzierebbe l’assenza di valide ragioni economiche delle operazioni economiche, relative a cessioni di immobili siti in Palermo, atteso anche che gli acquisti avrebbero incrementato l’esposizione bancaria della cessionaria e sarebbero state corredate da pagamenti anomali, elementi sufficienti al fine di trarre la presunzione che la catena di cessioni avrebbe avuto come unico scopo quello di creare indebiti crediti IVA, oltre a ulteriori indebiti vantaggi. Il ricorrente ritiene, pertanto, irrilevante la circostanza che le cessioni risultassero da atti notarili e osserva che la circostanza che fosse stata transatta l’azione revocatoria relativa a una delle compravendite fosse ulteriormente idonea a comprovare l’abusività delle operazioni commerciali.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, della VI Direttiva n. 77/388/CEE, dell’art. 39, primo comma, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 53 Cost. e dei principi in materia di abuso del diritto, anche in tema di imposte dirette, oltre che dell’onere della prova. Evidenzia il ricorrente come la catena di cessioni immobiliari costituirebbe comportamento abusivo, finalizzato ad ottenere indebiti vantaggi, con conseguente inopponibilità delle singole operazioni all’amministrazione finanziaria.
2. Il primo e il secondo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente attesi i profili coinvolti, sono fondati. L’atto impugnato, riprodotto per specificità, ha posto l’accento sulle operazioni commerciali sottostanti l’emissione di alcune fatture, attenzionate sia in sede di PVC, sia con il successivo atto impositivo, avente ad oggetto principalmente la ripresa IVA per indebita detrazione conseguente a compravendite immobiliari di tre complessi immobiliari siti in Palermo, acquistati dalla società contribuente, cessionaria e odierna controricorrente, dalla cui ripresa è derivata quella relativa agli ammortamenti indeducibili ai fini delle imposte dirette.
3. Si premette al riguardo che, secondo una costante giurisprudenza eurounitaria, la lotta a ogni possibile frode, evasione e abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla normativa dell’Unione in materia di sistema comune dell’IVA, in forza del quale il principio del divieto di pratiche abusive in materia di IVA comporta il divieto di costrutti meramente artificiosi, privi di effettività economica, realizzati al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale (Corte di Giustizia UE, 20 maggio 2021, Alti, C-4/20, punto 35; Corte di Giustizia UE, 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C-419/14, punto 35; Corte di Giustizia UE, 20 giugno 2013, Newey, C-653/11, punto 46; Corte di Giustizia UE, 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, causa C-162/07, punto 28; Corte di Giustizia UE, 21 febbraio 2006, Halifax, C-255/02, punto 71). Il principio, di matrice giurisprudenziale, ha carattere generale, in quanto inerente ai principi generali del diritto dell’Unione (Corte di Giustizia UE, 22 novembre 2017, Cussens e a., C-251/16, punto 31; Corte di Giustizia UE, 15 ottobre 2009, Audiolux e a., C-101/08, punto 50) ed è conseguente alla mera constatazione che in caso di frode o abuso del diritto le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire non siano in concreto soddisfatte (Corte di Giustizia UE, Cussens, cit., punto 32; Corte di Giustizia UE, 14 dicembre 2000), ciò derivando dall’obbligo di rimborso delle detrazioni indebitamente fruite (Corte di Giustizia UE, 4 giugno 2009, Pometon, C-158/08, punto 28; Corte di Giustizia UE, Halifax, cit., punto 93 e giurisprudenza ivi cit.).
4. Perché ricorra una pratica abusiva in materia di IVA occorre, invero, la ricorrenza di due condizioni, ossia – da un lato – che le operazioni in oggetto, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle disposizioni della direttiva e della normativa interna di trasposizione, abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e – dall’altro – che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (Corte di Giustizia UE, 11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, punto 54; Corte di Giustizia UE, 18 giugno 2020, KrakVet Marek Batko, C-276/19, punto 85; Corte di Giustizia UE, 10 luglio 2019, Kuršu zeme, C-273/18, punto 35; Corte di Giustizia UE, Halifax, cit., punti 74 e 75).
5. Si osserva, parimenti, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (coerente con quella eurounitaria), anche al fine dell’accertamento di maggiori imposte sui redditi, qualora l’amministrazione finanziaria invochi, ai fini della loro regolare applicazione, la simulazione assoluta o relativa di un contratto stipulato dal contribuente, essa può assolvere l’onere della relativa prova, in quanto terzo, con ogni mezzo, anche mediante presunzioni, fermo restando che la stessa debba riguardare non solo elementi di rilevanza oggettiva, ma anche dati idonei a rilevare convincentemente i profili negoziali di carattere soggettivo, che si riflettano sugli scopi perseguiti in concreto dai contraenti (Cass., Sez. VI, 12 maggio 2021, n. 12523; Cass., Sez. V, 27 gennaio 2014, n. 1568).
6. Nella specie, l’atto impositivo – trascritto dal ricorrente in ossequio al principio di specificità – ha evidenziato diversi elementi dai quali trarre la prova dell’esistenza di una artificiosa costruzione finalizzata esclusivamente all’ottenimento di indebite detrazioni IVA, priva di valide ragioni economiche. In relazione alla prima compravendita immobiliare (complesso immobiliare di Via Ugo La Malfa, 28/30, piani da S1 all’ottavo) è stata ricostruita l’intera catena di cessioni giunta sino alla società contribuente, evidenziandosi come le compravendite siano state stipulate tra società aventi organi amministrativi in conflitto di interessi, nonché aventi la concorrente finalità di sottrarre l’immobile all’aggressione dei creditori della società cedente intermedia (nelle more dichiarata fallita). L’Ufficio ha, inoltre, accertato che la società capofila delle cessioni immobiliari era stata coinvolta in indagini relative all’accertamento di condotte finalizzate a ottenere falsi rimborsi IVA attraverso cessioni simulate di immobili; ha, poi, accertato, che la società cedente intermedia, riconducibile al medesimo soggetto economico cui fa capo l’odierna società contribuente cessionaria (membri della compagine della famiglia G.), si è vista corrispondere il prezzo dalla odierna società contribuente con strumenti di pagamento non tracciabili (girate di effetti attivi), lasciando gli immobili nella disponibilità di fatto di membri del medesimo soggetto economico di riferimento.
7. Analoghe sono, poi, le anomalie evidenziate in relazione alla seconda compravendita (immobile sito in Via Sardegna, 45/47), dove alla permanenza della disponibilità dell’immobile nelle mani del soggetto economico al quale era riconducibile la società cedente (stessa compagine familiare), si sono aggiunte circostanze del tutto eccentriche rispetto alla prassi commerciale (pagamento del prezzo con mezzi non tracciabili, rinuncia all’ipoteca legale a fronte del mancato pagamento integrale del prezzo, in parte avvenuto a distanza di due anni e mezzo dall’originario trasferimento), circostanze in parte riscontrate anche in relazione alla compravendita di altro compendio immobiliare (Via Duca della Verdura, 32), il cui prezzo sarebbe stato anch’esso corrisposto con mezzi di pagamento non tracciabili (assegni bancari coperti dall’emissione di un finanziamento soci).
8. L’Ufficio ha, ulteriormente, rilevato che le società contribuenti cedenti, emittenti le fatture in oggetto, sono riconducibili al medesimo soggetto economico della cessionaria, nonché la circostanza che le società cedenti non avrebbero sostenuto i costi fiscali dell’operazione e che – infine – la detrazione IVA della cessionaria ha dato luogo a una eccedenza di imposta, la quale è stata posta a fondamento di una richiesta di rimborso formulata da alcuni membri del medesimo soggetto economico di riferimento. E’ stato, inoltre, rilevato dall’Ufficio che l’odierna controricorrente cessionaria si sarebbe trovata, all’atto dell’acquisto, in perdita, nonché esposta finanziariamente nei confronti degli istituti di credito, il che farebbe ritenere che le operazioni immobiliari sarebbero prive di concorrenti valide giustificazioni economiche.
9. Tali questioni, poste a fondamento dell’atto impositivo impugnato, sono state sottoposte dall’Ufficio al giudice di appello – come risulta dalla trascrizione dell’atto di appello da parte del ricorrente – ove è stata riaffermata la natura simulata delle compravendite, finalizzate a far emergere eccedenze di imposta per ottenere indebiti rimborsi IVA, nonché indebiti ammortamenti ai fini delle imposte dirette, a fronte di cessioni, prive di valide ragioni economiche, che non hanno avuto alcuna ragionevole o valida ragione economica e non hanno distolto la disponibilità degli immobili oggetto di cessione dagli effettivi possessori, riconducibili alla stessa compagine familiare.
10. A fronte di un quadro indiziario finalizzato ad evidenziare l’inesistenza di valide ragioni economiche, se non quella di creare una indebita detrazione IVA poi posta a fondamento di una istanza di rimborso dell’eccedenza di imposta, la sentenza impugnata – come condivisibilmente osservato dal Pubblico Ministero – si è concentrata sul dato formale della stipula delle compravendite per atto notarile (contratto simulato), senza indagare il coacervo probatorio al fine di individuare l’elemento oggettivo dell’ottenimento dell’indebito vantaggio fiscale, nonché quello soggettivo dell’intento negoziale delle operazioni di ottenere tale indebito vantaggio (contratto dissimulato). Né può avere incidenza la circostanza che la cessione del primo dei compendi immobiliari dalla società cedente intermedia alla società contribuente sia incorsa in un’azione revocatoria promossa dal curatore della medesima cedente, in quanto tale circostanza, al più, rivelerebbe come la cessione abbia avuto la concorrente finalità di sottrarre l’immobile in oggetto alla garanzia patrimoniale dei creditori del cedente, non anche quella di attribuire una reale funzione economica.
11. Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di accertamento di indebita detrazione IVA e di maggiori imposte sui redditi, ove l’Amministrazione finanziaria invochi la simulazione di contratti stipulati dal contribuente, essa può assolvere l’onere della relativa prova, in quanto terzo, con ogni mezzo e, quindi, anche mediante presunzioni; nel qual caso, le presunzioni devono attenere agli elementi di rilevanza oggettiva – che in caso di indebita detrazione IVA siano tali da individuare il risultato dell’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria alla legge – nonché agli elementi di rilevanza soggettiva, tali da riflettersi sugli scopi perseguiti in concreto dai contraenti, che nel caso dell’IVA evidenzino come lo scopo essenziale delle operazioni commerciali sia quello dell’ottenimento di tale indebito vantaggio fiscale».
La sentenza impugnata non si è attenuta ai suddetti principi.
12. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per l’esame degli elementi indiziari addotti dall’Ufficio al fine di individuare la sussistenza di tali elementi, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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