CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 febbraio 2019, n. 4387
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso per revocazione – Sentenza della cassazione – Annullamento del gudizio di inammissibilità del ricorso – Errore di calcolo del termine d’impugnazione – Vizio revocatorio – Sussiste
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 5896/2017, depositata in data 8 marzo 2017, questa Corte accoglieva il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 115/30/10, depositata in data 05/07/2010, della Commissione tributaria regionale della Sicilia che, in accoglimento dell’appello proposto da A. I. contro la sentenza di primo grado, aveva affermato la fondatezza del suo credito di imposta ex art. 7, legge 388/2000 per gli anni 2001/2003.
1.1 In via preliminare la Corte rigettava l’eccezione sollevata da A. I. (peraltro rilevabile d’ufficio) di inammissibilità del ricorso, in quanto notificato in data successiva al decorso del termine decadenziale c.d. lungo per la sua proposizione.
2. Contro la sentenza la contribuente propone ricorso per revocazione affidato ad un motivo; resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia il vizio revocatorio della sentenza impugnata ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., poiché la Corte ha affermato la tempestività del ricorso dell’Agenzia delle entrate, in quanto presentato all’Ufficiale giudiziario per la notifica in data 6 ottobre 2011, mentre il c.d. termine lungo per la proposizione dell’impugnazione era scaduto il 5 ottobre 2011, essendo la sentenza impugnata stata depositata il 5 luglio 2010. Sostiene in sostanza la ricorrente che la Corte ha commesso un errore di calcolo del termine de quo, pur partendo da una corretta premessa giuridica in ordine ai criteri del calcolo medesimo.
2. La censura è fondata.
2.1 Va anzitutto premesso che nella motivazione della sentenza impugnata sono stati correttamente evocati i principi di diritto fissati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte in ordine ai criteri di calcolo del termine c.d. lungo (annuale, secondo la normativa applicabile ratione temporis) per proporre il ricorso per cassazione. In particolare si è ribadito che tale termine va computato ex nominatione dierum, non tenendo conto del dies a quo, e che , qualora interferisca con il periodo dì sospensione feriale, ad esso vanno aggiunti 46 giorni (secondo la normativa applicabile ratione temporis), non dovendosi tener conto dei giorni compresi fra il Io agosto ed il 15 settembre di ciascun anno. Ebbene proprio dall’applicazione di tali principi risulta evidente l’errore di calcolo, dunque non di diritto, nel quale è incorso il collegio decidente.
Infatti, ex nominatione dierum il termine annuale per impugnare scadeva il 5 luglio 2011 (lo stesso giorno, un anno dopo la data del deposito della sentenza di appello impugnata); quindi, aggiungendo 46 giorni, al netto dell’ulteriore sospensione feriale dal primo agosto al 15 settembre 2011 (26 giorni di luglio cui vanno aggiunti 20 giorni dal 16 settembre 2011), il termine de quo scadeva definitivamente il 5 ottobre 2011, non come erroneamente calcolatosi dalla Corte, il 6 ottobre 2011.
2.2 Ciò constatato, va ribadito che «L’errore sul computo del termine annuale per la proposizione di impugnazione può integrare un errore revocatorio, rilevante ai sensi del n. 4 dell’art. 395 cod. proc. civ., atteso che esso riguarda un fatto interno alla causa e si risolve in una falsa percezione dei fatti rappresentati dalle parti, costituendo il rilievo del “dies ad quem” e l’applicazione del calendario comune – adempimenti indispensabili per valutare la tempestività dell’impugnazione – elementi facilmente riscontrabili dalla lettura degli atti da parte del giudice» (Cass., n. 23445 del 04/11/2014; conforme, Cass., n. 4565 del 27/02/2018).
3. La sentenza impugnata deve quindi essere revocata e deve altresì dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR siciliana in oggetto, posto che è pacifico che il ricorso per cassazione agenziale è stato consegnato per la notifica all’Ufficiale giudiziario il 6 ottobre 2011 e quindi tardivamente, in base ad un corretto calcolo matematico, ferme le premesse giuridiche dello stesso quali irretrattabilmente fissate nella sentenza revocanda.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, revoca la sentenza impugnata e dichiara inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 115/30/10, depositata in data 05/07/2010; condanna l’Agenzia delle entrate a pagare le spese del giudizio di legittimità relativo a detto ricorso e quelle di questo giudizio di revocazione, che liquida, per ciascun giudizio, in euro 5.000 oltre 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.
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