CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 febbraio 2019, n. 4410
Tributi – IRAP – Ente pubblico – Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale – Contributi regionali ricevuti per lo svolgimento dell’attività istituzionale – Imponibilità
Fatti di causa
l’A. della Provincia di Perugia (ex Istituto Autonomo per le Case Popolari di Perugia, ora Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Regione Umbria), in relazione agli anni 2002, 2003 e 2004, provvedeva al versamento dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, comprendendo nella base imponibile dichiarata del tributo anche i finanziamenti ricevuti nel corso di quegli esercizi e destinati per legge all’acquisto o alla costruzione di nuovi beni immobili su progetto, nonché al recupero e alla manutenzione straordinaria di immobili pubblici.
Ritenendo di aver dichiarato un imponibile superiore al dovuto e, quindi, di aver corrisposto per le indicate annualità somme maggiori a titolo di IRAP, la contribuente in data 20 giugno 2006 presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso della complessiva somma di Euro 946.000,00, richiedendo anche la declaratoria di inesistenza dell’obbligazione tributaria. Formatosi in silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, l’odierna controricorrente proponeva impugnativa innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia segnalando, innanzitutto, che i finanziamenti per l’edilizia residenziale pubblica risultavano espressamente esclusi, dalla legge, dall’applicazione dell’IRPEG. Precisava, quindi, che essendo i finanziamenti vincolati all’utilizzazione per il raggiungimento delle finalità istituzionali dell’Ente, pertanto all’utilizzo nell’attività di realizzazione di nuove costruzioni e manutenzione delle esistenti, gli importi ricevuti dovevano considerarsi parte del patrimonio dell’A., non dovendo gli stessi neppure transitare sul suo conto economico. In conseguenza l’IRAP non era dovuta in relazione a tali finanziamenti e, avendo prudentemente preferito versare l’imposta, ne domandava ora il rimborso, proponendo distinti ricorsi successivamente riuniti. La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui “i finanziamenti di cui si tratta, avendo natura patrimoniale e non economica ed essendo assente, per gli stessi, la qualità di componenti di reddito poiché sostanzialmente sono finanziamenti destinati al fondo di dotazione dell’azienda e quindi allo svolgimento della sua attività istituzionale … non possono essere presi in considerazione come base imponibile ai fini dell’applicazione dell’IRAP, essendo inapplicabili nella fattispecie gli articoli 11 e 11.bis del D.L.gs. 446/1997” (controric., p. 9)
La decisione era impugnata dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Perugia, che respingeva il ricorso, confermando la decisione di primo grado, e pertanto affermando che all’Ater competeva il rimborso richiesto.
Avverso la pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un articolato motivo di ricorso. Resiste con controricorso l’Ater di Perugia, la quale ha pure depositato memoria. L’Ater ha pure depositato nota, in prossimità dell’udienza, con la quale segnalava che il ricorso n. 16964 del 2014, non ancora fissato per la trattazione innanzi alla quinta sezione della Suprema Corte, presentava “le medesime questioni giuridiche”. Il Presidente disponeva provvedersi in merito in udienza.
Ragioni della decisione
Preliminarmente occorre chiarire che il Collegio non ritiene risulti necessario, e neppure opportuno, tenuto conto della preminente esigenza di assicurare la più sollecita conclusione del processo, rinviare la definizione del presente giudizio – cosi come di quello recante n. 4505 del 2013, che presenta anch’esso le medesime questioni di diritto ed è fissato per la trattazione all’odierna udienza – al solo fine di poterne fissare l’esame insieme con il ricorso n. 16964 del 2015.
1.1. – La ricorrente Agenzia delle Entrate, invocando il disposto di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., contesta la violazione o falsa applicazione degli art. 55 TUIR (ora 88) e degli artt. 11 e 11-bis del D.Lgs. n. 446 del 1997, nonché dell’art. 5 della legge n. 289 del 2002, per avere la impugnata Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto che i contributi regionali, ricevuti dall’Ater per lo svolgimento della propria attività istituzionale, non costituissero componenti del reddito della contribuente, e rimanessero pertanto sottratti all’applicazione della disciplina di cui all’art. 55 del TUIR (ora art. 88), nonostante l’interpretazione autentica della norma assicurata mediante l’art. 5, comma 3, della legge n. 289 del 2002, e detti contributi non dovrebbero pertanto essere assoggettati al tributo dell’Irap.
2.1. – Mediante il proprio articolato motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata, per aver ritenuto che i contributi regionali versati all’Ater, e finalizzati all’espletamento dell’attività istituzionale dell’Ente, non costituendo componenti del reddito, bensì del patrimonio, non dovrebbero essere assoggettati al tributo dell’Irap.
Rileva la ricorrente che i contributi erogati a norma di legge concorrono alla formazione dell’imponibile dell’Ente beneficiario, ai sensi dell’art. 53 (ora 85, comma 1), del TUIR. L’art. 21, comma 4, della legge 449 del 1997, ha invero introdotto una deroga in materia di esonero dall’assoggettamento di tali contributi all’Irpeg, ma tale disposizione non può essere interpretata estensivamente, ritenendo ricompreso nell’esclusione anche il tributo dell’Irap, essendo di stretta interpretazione, come confermato dall’art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, secondo cui concorrono alla determinazione della base imponibile ai fini Irap “i contributi erogati a norma di legge con esclusione di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione”, ipotesi che non ricorre in riferimento ai finanziamenti in questione. Non vi è alcun fondamento normativo e neppure logico per affermare, come ha fatto la CTR, che l’esenzione di determinati contributi all’Irpeg, in relazione alla quale vi è previsione normativa espressa, possa essere estesa ad un diverso tributo, in ordine al quale l’esenzione normativa non è stata prevista dal legislatore. In tal senso depone anche la diversa natura dei tributi in questione, incidendo l’Irpeg sul reddito dell’impresa, ed attenendo invece l’Irap alla sua attività produttiva.
In ogni caso, la questione dell’assoggettabilitá all’Irap dei contributi in questione, è stata definitivamente risolta dall’art. 5, comma 3, della legge n. 289 del 2002, norma di interpretazione autentica, e quindi retroattiva, che ha specificato essere dovuta l’Irap anche in relazione a contributi per i quali sia stata prevista l’esclusione dalla base imponibile ai fini Irpeg.
Invero, la legge prevede che, per godere dell’esenzione domandata, il contributo pubblico ricevuto debba essere espressamente finalizzato a coprire uno specifico costo non deducibile. Costituisce, del resto, un orientamento ormai consolidato ed anche condivisibile di questa Corte, al quale si intende, pertanto, assicurare continuità il principio, espresso in fattispecie analoga, secondo cui “in tema di IRAP, i contributi erogati, prima dallo Stato e poi dalle Regioni, agli enti o aziende di trasporto pubblico locale per ripianare i disavanzi di esercizio, sebbene non assoggettati alle imposte sui redditi, concorrono al calcolo della base imponibile anche se corrisposti in epoca anteriore al 31 dicembre 2002, a meno che l’esclusione dalla base imponibile IRAP sia contemplata dalle relative leggi istitutive, con la previsione espressa della specifica correlazione a determinati componenti negativi non ammessi in deduzione, non essendo sufficiente a tal fine l’affermazione dell’imprenditore di avere utilizzato il contributo per coprire spese non deducibili“, Cass. n. 4057 del 2015 e Cass. n. 4539 del 2015.
La tesi della odierna controricorrente afferma che l’espressa menzione di tale correlazione non risulta indispensabile, e neppure sarebbe necessario che il contributo sia dichiaratamente destinato a coprire un costo non deducibile, potendo invece la destinazione del contributo desumersi dalla natura del finanziamento o dagli scopi dell’ente, e propone una interpretazione estensiva della norma. Ma, come è già stato sottolineato da tempo da questa Corte, un’interpretazione estensiva in questa materia trasformerebbe l’erogazione in un, non consentito, aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. 87 e ss. del Trattato CE, stante l’evidente vantaggio economico che l’ampliamento surrettizio dell’agevolazione fiscale realizzerebbe a favore di un circoscritto numero di imprese, con conseguente alterazione del regime di concorrenza (cfr. Cass. n. 16721 del 2010).
Nella concreta fattispecie, la correlazione tra il contributo ricevuto dall’A. ed i costi non deducibili è affermata dalla Azienda territoriale sul fondamento della astratta funzione del contributo medesimo che, per quanto previsto dalla legge regionale, essendo utilizzabile solo per l’attività istituzionale della controricorrente, sarebbe destinato alla copertura di costi non deducibili. Diversamente, deve sottolinearsi che non ricorre una espressa destinazione di quei contributi alla copertura di costi non deducibili, sebbene il requisito sia richiesto dalla legge perché possa fruirsi dell’esenzione dall’Irap. Solo ove ricorresse quest’ultima ipotesi, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, nella formulazione vigente “ratione temporis”, il contributo non concorrerebbe alla formazione della base imponibile ai fini dell’IRAP, rimanendo irrilevante che il legislatore abbia inteso espressamente escludere il medesimo contributo dall’assoggettamento ad imposizione in relazione a diverso tributo (IRPEG). Questo principio merita di essere nuovamente ribadito, aggiungendosi pure, seguendo l’orientamento anche recentemente ribadito da questa Corte di legittimità in materia anaIoga, che “in tema di IRAP, l’art. 5, comma 3, della I. n. 289 del 2002 ha fornito un’interpretazione autentica del disposto dell’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 506 del 1999), nel senso che sono esclusi dalla base imponibile i contributi pubblici erogati per l’anno di imposta solo in presenza di una esplicita previsione, nella legge istitutiva, della correlazione tra il contributo ed un componente negativo non deducibile: ne consegue che i contributi erogati (prima dal Fondo nazionale trasporti, poi dalle regioni), anche in epoca anteriore al 31 dicembre 2002, data di entrata in vigore della detta I. n. 289 del 2002, alle imprese esercenti il trasporto pubblico locale al fine di ripianare i disavanzi di esercizio debbono essere inclusi nel calcolo per la determinazione della base imponibile dell’IRAP”, Cass. n. 25012 del 2018.
Anche l’argomento che, a quanto è dato comprendere, la controricorrente intenderebbe desumere dal disposto di cui all’art. 90 TUIR risulta infondato. Non rileva, infatti, che i beni per i quali i contributi sono utilizzati non siano componenti di reddito ma piuttosto beni patrimoniali (ric., p. 9), come tali non deducibili (rectius, la cui spesa non è deducibile), in quanto difetta comunque, a monte, il requisito della correlazione, nei termini innanzi ricordati, del contributo ricevuto con il costo sopportato (cfr. ancora, in senso conforme e nella specifica materia, Cass. n. 13410 del 2016).
Il motivo di ricorso, pertanto, risulta fondato.
In conseguenza delle osservazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto. In conseguenza, decidendo nel merito, questa Corte deve confermare l’assoggettamento dei contributi per cui è causa al tributo dell’Irap, e pertanto la legittimità del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla domanda di rimborso proposta dalla contribuente.
La complessità della materia trattata, e l’intervenuto consolidamento dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità accolto in epoca successiva alla proposizione del ricorso, inducono a ritenere equo disporre la compensazione delle spese di lite del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, conferma l’imponibilità ai fini Irap dei contributi ricevuti dall’A.T.E.R. per cui è processo.
Dichiara compensate fra le parti le spese di lite del presente giudizio di cassazione.