CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 febbraio 2022, n. 8262
Tributi – Contenzioso tributario – Giudizio di appello riassunto – Natura di “giudizio chiuso” – Produzione di nuovi documenti – Condizioni
Fatti di causa
1. Nei giudizi di rinvio a seguito delle sentenze di questa Corte nn. 6617/2009 e 6618/2009, in controversia relativa ad avviso di accertamento Irpef e Ilor per il 1993, ad avvisi di accertamenti Iva, per il 1992 e il 1993, ad atti di contestazione Iva e a cartella di pagamento Iva per le medesime annualità, che scaturivano da indagini bancarie su quattro conti correnti intestati a G. D., titolare di redditi di impresa, amministratrice e socia di varie società, la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) del Lazio, previa riunione delle cause, in parziale accoglimento degli appelli della contribuente, ha annullato gli accertamenti e la cartella, confermando esclusivamente il recupero a tassazione di euro 35.119,07, ai soli fini delle imposte dirette.
2. Per la C.T.R., in sintesi, la documentazione acquisita nel giudizio di rinvio era “principio di prova” circa la non riferibilità alla signora D. delle movimentazioni sui conti a lei intestati. Infatti, le risultanze del giornale di contabilità del rag. G. S. erano idonee a provare, unitamente alle dichiarazioni di tenuta di scritture contabili, che il predetto professionista movimentava i conti intestati alla contribuente e che egli riceveva su tali conti dai propri clienti gli importi necessari all’assolvimento dei loro oneri impositivi e contributivi che provvedeva quindi a riversare, alle scadenze, agli enti creditori; e, in effetti, ad avviso della C.T.R., non vi era traccia di tali operazioni sui conti correnti intestati al professionista. Del resto non era dato comprendere (così, testualmente, a pag. 4 della sentenza) «nello svolgimento di quale attività la ricorrente abbia conseguito (e quindi speso) tali ingenti somme; l’Ufficio infatti non indica alcuna professione esercitata dalla contribuente che neppure risulta titolare di partita Iva e afferma, senza contestazione da parte dell’ufficio, di non svolgere alcuna attività».
3. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso con sei motivi per la cassazione della sentenza d’appello; la contribuente ha resistito con controricorso e, in prossimità della pubblica udienza, ha chiesto la discussione orale della causa ed ha depositato una memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 394 c.p.c.; 63 d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia assume che, nel giudizio di rinvio conseguente alle sentenze nn. 6617 e 6618/2009 di questa Corte, la C.T.R. ha ordinato alla contribuente di depositare un «puntuale e dettagliato elenco dal quale chiaramente risulti, per gli anni in contestazione, il collegamento tra ogni singola voce dei conti correnti e l’attività del Rag. S.», ed ha quindi definito la causa alla luce della nuova documentazione prodotta dalla parte privata. Ciò premesso, l’ufficio ascrive al giudice di appello la violazione dell’art. 394, cod. proc. civ., che configura il giudizio di merito, conseguente alla cassazione con rinvio, come un “giudizio chiuso”, in cui le parti conservano la posizione processuale che avevano nel procedimento nel quale è stata pronunciata la sentenza cassata, non possono formulare richieste diverse da quelle prese in tale procedimento e, sul piano della prova, non possono depositare nuovi documenti.
2. Con il secondo motivo [«2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non si è attenuta ai princìpi di diritto enunciati da questa Corte nelle sentenze nn. 6617 e 6618/2009, che, una volta evidenziato il vizio di motivazione delle sentenze d’appello, demandavano al giudice di rinvio di motivare la propria decisione alla stregua del materiale probatorio già acquisito agli atti, e non di richiedere ed esaminare nuovi documenti.
3. Con il terzo motivo [«3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia espone che la C.T.R. ha ritenuto provata la non riferibilità alla contribuente delle movimentazioni sui conti correnti a lei formalmente intestati in ragione della “quasi perfetta corrispondenza”, per entrambi i periodi di imposta (1992 e 1993) tra il totale delle somme incassate dal rag. S. da parte dei propri clienti (come indicato nel giornale di contabilità del professionista), e il totale degli accreditamenti effettuati sui conti correnti della signora D. (che a loro volta coincidevano con il totale dei prelevamenti eseguiti nello stesso anno). L’ufficio rimarca il contrasto tra la motivazione della sentenza impugnata e i princìpi di diritto enunciati da questa Corte, nelle ridette pronunce di cassazione con rinvio, secondo cui la presunzione legale per la quale i prelevamenti e i versamenti operati sul conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa non può essere superata dal contribuente tramite la generica dimostrazione di avere fatto affluire sul proprio conto corrente somme affidategli da terzi in amministrazione, ma esclusivamente attraverso la prova analitica dell’inerenza di ogni singola movimentazione del conto alla sua attività di maneggio di denaro altrui. In tal modo, per di più, la Commissione regionale ha finito per imporre nuovamente all’Amministrazione finanziaria un onere della prova che le sentenze di rinvio avevano espressamente riconosciuto come insussistente.
4. Con il quarto motivo [«4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 51 dpr 633/1972; 32 dpr 600/1973; 2697 e 11 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha negato la riferibilità alla contribuente delle movimentazioni dei conti correnti di cui era intestataria sulla base (così si esprime il giudice di merito) di un “principio di prova” (rappresentato dalla disponibilità degli stessi conti da parte del rag. S.), senza considerare che le presunzioni legali degli articoli 51 e 32 sopra richiamati, rispettivamente in tema di Iva e di imposte dirette, non possono essere superate in altro modo se non con la puntuale dimostrazione, che grava sul contribuente, che delle movimentazioni bancarie rilevate sia stato tenuto conto in sede di dichiarazione dei redditi o che esse non si riferiscano ad operazioni imponibili.
5. Con il quinto motivo [«5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 dpr 600/1973; 2697 […] c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha considerato che, per effetto della presunzione legale dell’articolo 32, assumono rilevanza reddituale sia i versamenti che i prelevamenti bancari.
6. Con il sesto motivo [«6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.»], si censura il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata che (testualmente) ha stabilito che «parimenti non dovuta risulta la ripresa a tassazione ai fini delle imposte dirette per l’anno 1992 e 1993» sebbene l’accertamento in relazione alle imposte dirette per il 1993 fosse oggetto di altro giudizio (pendente in Cassazione ed iscritto con r.g. n. 261/2010).
7.1. Il primo e il secondo motivo, da esaminare insieme per connessione, sono fondati.
7.2. Per Cass. 06/11/2019, n. 28547 «[è] principio consolidato quello per cui nel giudizio di appello tributario, riassunto […] a seguito di rinvio della Corte di Cassazione, è […] inammissibile la produzione di nuovi documenti, fatta eccezione per quelli che non si siano potuti depositare in precedenza per causa di forza maggiore» (circostanza, quest’ultima, nemmeno allegata dalla contribuente) «stante la natura di “giudizio chiuso” riconosciuta al grado di rinvio (Cass., Sez. 6-5, 29.9.2014, n. 20535, Rv. 632660-01) […] In caso di cassazione con rinvio, infatti, il giudice innanzi al quale il processo è riassunto deve giudicare, sulla base della sentenza di cassazione, allo stato degli atti formatosi nella fase ascendente del processo e, tanto, quand’anche l’annullamento della decisione dipenda […] dall’erronea allocazione dell’onere probatorio, giacché “la riassunzione della causa – a seguito di cassazione con rinvio della sentenza – dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Cassazione” (cfr., ex multis, Cass., 21.2.2007, n. 4096; Cass., 13.7.2006, n. 15952; Cass., 22.5.2006, n. 11939), “tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi” (cfr. Cass., 21.4.2006, n. 9395): tra queste, per l’appunto, quella di produrre nuove prove ex art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 e, in particolare, ai fini che in questa sede rilevano, quella concernente la produzione di nuovi documenti, ai sensi del comma 2 del medesimo art. 58 (cfr. anche, da ultimo, Cass., Sez. 6-5, 18.10.2018, n. 26108, Rv. 651434-01 ed ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali).». A proposito del tema della prova, Cass. 31/10/2018, n. 27823, ha avuto modo di chiarire che «La possibilità di produzione di nuove prove si verifica solo per i documenti che non sono stati prodotti per cause di forza maggiore (Cass. Civ., 29 settembre 2014, n. 20535) oppure se la sentenza di appello è stata riformata con una diversa qualificazione giuridica delle ragioni della domanda. Nel giudizio di rinvio, infatti, configurato dall’art. 394,comma 3, c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, non sono ammesse nuove conclusioni e richieste di nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio, salvo il caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, così da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perché ritenuti erroneamente privi di rilievo (Cass. Civ., 18 aprile 2017, n. 9768).».
7.3. La C.T.R. non si è attenuta a questi princìpi di diritto e da un lato ha disposto, in modo non consentito, che la contribuente producesse nuovi documenti idonei a dimostrare il collegamento tra le movimentazioni dei suoi conti correnti e l’attività del rag. S., e dall’altro ha deciso la lite attribuendo rilevanza probatoria al materiale (dichiarazione sottoscritta dal rag. S., libro giornale della contabilità di quest’ultimo, estratti conto bancari intestati alla contribuente e al rag. S. etc.) inammissibilmente acquisito nel giudizio di rinvio.
7.4. Sotto altro profilo ed in relazione al secondo motivo di ricorso, la sentenza è viziata anche in ragione del fatto che, nel dare inammissibilmente ingresso ai nuovi documenti, la C.T.R. si è discostata dalle pronunce di rinvio che, invero, prescrivevano al giudice di merito di decidere la causa (recte, le cause poi riunite) valutando le risultanze istruttorie già acquisite, senza dare ingresso a nuovi mezzi di prova.
8. Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono assorbiti per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi.
9. Il sesto motivo è fondato.
La sentenza d’appello è viziata da ultrapetizione poiché ha statuito anche sull’accertamento, ai fini delle imposte dirette, per il 1993, che è estraneo al tema del decidere.
9. In conclusione, accolti il primo, il secondo e il sesto motivo, assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo, la sentenza è cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo, il secondo e il sesto motivo, dichiara assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 novembre 2018, n. 31090 - Licenziamento per abbandono posto di lavoro e sottrazione beni - La differenza fra l'omessa pronuncia e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia si coglie nel senso che, mentre…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1846 depositata il 20 gennaio 2023 - Nel giudizio di rinvio, configurato dall'art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente "chiusa", è preclusa l'acquisizione di nuove prove e segnatamente la produzione di…
- Corte di Cassazione sentenza n. 834 depositata il 15 gennaio 2019 - Si ha "mutatio libelli" quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un "petitum" diverso e più ampio oppure una "causa petendi" fondata…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1597 depositata il 19 gennaio 2023 - Nel denunziare l'omesso esame di una specifica questione dedotta in secondo grado il motivo si limita ad un rinvio per relationem al contenuto dell'atto di appello, affinché possa utilmente…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28810 - Il mancato esame di una domanda o di un'eccezione integra infatti vizio di omessa pronuncia è tuttavia escluso in ipotesi di rigetto implicito, ovvero quando il provvedimento accolga una tesi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 dicembre 2020, n. 29438 - Nel giudizio per cassazione è ammissibile la produzione di documenti non prodotti in precedenza solo ove attengano alla nullità della sentenza impugnata o all'ammissibilità processuale del ricorso o…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Irretroattività dell’art. 578-bis c.p.p. rel
la disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen. ha, con riguardo alla confisca…
- IVA non dovuta per aliquota errata in mancanza del
La Corte di giustizia UE con la sentenza depositata l’ 8 dicembre 2022 nel…
- Assemblee dei soci, del consiglio di amministrazio
In base all’art. 10-undecies, comma 3, del Decreto Legge n. 198/2022 (c. d…
- Quadro RU righi RU150 RU151 ed RU152: obbligo di i
Sulla base dell’articolo 3, punto 6, della direttiva (UE) 2015/849 del Par…
- Dichiarazione IVA 2023: termine del versamento IVA
L’IVA a debito scaturente dalla dichiarazione annuale IVA va pagate, in unica s…