CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 gennaio 2022, n. 1049
Tributi – Contenzioso tributario – Sentenza di appello – Ricorso in cassazione – Denuncia di vizio di motivazione – Critica attinente al merito della valutazione operata dal giudice – Inammissibilità
Fatti di causa
P.R. impugnava l’avviso di accertamento della rendita catastale con il quale l’Agenzia delle Entrate disconosceva la categoria A/7 da essa proposta con procedura DOCFA e ripristinava la categoria preesistente A/8.
La contribuente denunciava avanti alla Commissione tributaria provinciale di Como il difetto di motivazione dell’atto impugnato e l’erroneità del classamento operato dall’Ufficio. La CTP rigettava il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia confermava la sentenza impugnata rigettando l’appello.
Avverso tale pronuncia insorge la R. proponendo due motivi di ricorso.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione, errata o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si lamenta la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 7 dello Statuto del contribuente. La sentenza impugnata avrebbe ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di rettifica della categoria catastale nonostante che esso non indicasse i criteri e parametri di valutazione utilizzati dall’Ufficio. Si deduce, inoltre, la violazione del d.m. 2 agosto 1969 non presentando l’immobile della contribuente i requisiti delle abitazioni di lusso, e dunque della categoria A/8, come ritenuto dall’atto impugnato. Si lamenta inoltre la violazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. non avendo la sentenza impugnata tenuto conto del fatto che l’Ufficio non aveva fornito alcun elemento di prova né alcun elemento presuntivo a fondamento della classificazione dell’immobile come abitazione di lusso.
Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. in quanto la sentenza impugnata avrebbe omesso di prendere in considerazione le prove fornite dalla contribuente mediante la produzione di perizia asseverata concernenti le caratteristiche costruttive dell’immobile, ed in particolare la circostanza che l’area verde che lo circonda non è recintata e che la costruzione presenta caratteristiche di pregio.
Il primo motivo è inammissibile.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione in relazione alla motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso (ex plurimis, Cass., sez. 5, n. 16147 del 28/06/2017, Rv. 644703 – 01; sez. 5, n. 28570 del 06/11/2019, Rv. 655730 – 01; sez. 5, n. 22119 del 3/8/2021).
Nella specie la ricorrente non ha riprodotto né trascritto nel ricorso il contenuto dell’atto impositivo di cui censura il difetto di motivazione in tal modo precludendo a questa Corte di verificare la legittimità dell’affermazione della CTR per cui tale atto era adeguatamente motivato.
Il secondo motivo è inammissibile.
L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione vigente ratione temporis, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Questa Corte ha peraltro chiarito che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. un., n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01; Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01).
Si è inoltre precisato che costituisce un “fatto”, in senso storico e normativo, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una “questione” o un “punto”, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass., Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01).
Questa Corte ha pertanto ritenuto che non può essere dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. il vizio di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova (Cass., Sez. 6-5, n. 8621 del 09/04/2018, Rv. 647730 – 01; sez. 6-5, n. 9029 del 2015).
In tale quadro, la doglianza in esame, con la quale si lamenta l’omessa considerazione delle risultanze della perizia asseverata prodotta in giudizio dalla contribuente, risulta inammissibile.
In ogni caso, l’inammissibilità della censura consegue altresì alla circostanza che la ricorrente, sotto l’apparente deduzione del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una non consentita rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. un., n. 34476 del 27/12/2019, Rv. 656492 – 03).
La contribuente ha, infatti, criticato la sentenza della CTR nella parte in cui non avrebbe preso in considerazione le prove da essa fornite, nonché le caratteristiche costruttive dell’immobile descritte nell’atto d’appello e nella perizia di parte che ne escluderebbero la riconducibilità alla categoria A/8.
In disparte la circostanza che – a differenza di quanto sostenuto nel ricorso – il giudice d’appello ha fondato la decisione proprio sui dati emergenti dalla relazione tecnica di parte (e non già unicamente sul fatto che l’area verde che circonda l’immobile fosse recintata) ed ha considerato, escludendone la rilevanza, la necessità di restauro dell’immobile, è evidente che oggetto della doglianza non è una omessa valutazione di fatti, che invece sono stati considerati dal giudice (benché in modo non condiviso dalla contribuente), bensì una critica che attiene al merito della valutazione operata, che, come evidenziato, si sottrae al sindacato del giudice di legittimità.
Il ricorso pertanto deve essere rigettato e le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della contribuente.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Visto l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.