CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 giugno 2018, n. 15654
Indennità di mobilità – Imprese commerciali – Anticipazione – Requisito di anzianità aziendale
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Milano con la sentenza 1816/2012 rigettava l’appello dell’Inps confermando la statuizione di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da S.G., condannando l’Istituto a corrispondere al ricorrente € 10.312,70 a titolo di anticipazione di indennità di mobilità, oltre accessori.
A fondamento della sentenza la Corte rilevava, per quanto di interesse, che nel caso in esame l’appellato avesse esercitato l’opzione prevista dall’articolo sette comma 5 della legge 223/1991 e che sussistesse il requisito di anzianità aziendale ed ogni altra condizione per l’anticipazione dell’indennità di mobilità nella misura di 24 mensilità; a nulla poteva rilevare invece l’obiezione sollevata dalla difesa dell’Inps secondo cui l’estensione dell’indennità di mobilità (effettuata dall’articolo 7, comma 7 del decreto- legge 148/93 convertito in legge 236/1993, ed in seguito prorogata dall’articolo 8, comma 3-ter del decreto legge 203/2005 convertito in legge 248/2005) per le imprese commerciali con più di 50 dipendenti e meno di 200 fosse all’epoca finanziata solo fino al 31/12/2006; in quanto non solo la disciplina era stata prorogata anche per il 2007 e per il 2008 e poi stabilmente (l. 296/2006, l. 344/2007, l. 92/2012), ma soprattutto perché l’estensione alle imprese commerciali con più di 50 dipendenti dei trattamenti di mobilità non escludeva alcuna forma di trattamento, includendo di conseguenza anche quello di cui all’articolo 7 comma 5 della legge numero 223/91; appariva un falso problema quello della previsione del finanziamento solo sino al 31/12/2006 in quanto se la proroga si riferiva ai trattamenti di mobilità anche il finanziamento della spesa doveva riferirsi al prevedibile costo ivi inclusi i trattamenti con anticipazione, comunque determinabili nel loro importo in considerazione del fatto che erano legati a rigidi presupposti legali.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con un unico motivo illustrato da memoria. S.G. è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1. – Con l’unico motivo di ricorso l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 7, commi 1, 2, 5, dell’articolo 9, comma 6 lett. b), dell’art. 12 comma 13, dell’art. 16 della legge 23 luglio 1991 n. 223, con riferimento all’articolo 7, comma 7 del decreto-legge 148/93 convertito in legge 236/1993, e dall’articolo 8 comma 3-ter del decreto legge 203/2005 convertito in legge 248/2005, atteso che dalla normativa di settore emergeva che l’indennità di mobilità in deroga per le imprese commerciali che occupino più di 50 addetti e sino a 200 dipendenti, per l’anno 2006 non poteva superare il limite temporale del 31 dicembre 2006; talché la misura della indennità di mobilità cosiddetta anticipata doveva ritenersi inderogabilmente limitata al 31 dicembre 2006 con la conseguenza che il lavoratore non poteva ricevere in via anticipata il numero di mensilità che, a sua volta, poteva ricevere in via ordinaria; né poteva godere delle successive proroghe annuali dei trattamenti di mobilità in deroga, e delle relative mensilità, in considerazione degli effetti scaturenti dalla cancellazione della lista di mobilità a seguito della scelta della erogazione in un’unica soluzione dell’indennità di mobilità; cancellazione, dalla quale conseguiva automaticamente la perdita dello stato di disoccupazione con tutti gli effetti che a tale stato si riconnettono.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Va infatti considerato, in fatto, che è pacifico nella causa che il lavoratore cui si tratta avesse maturato il requisito della anzianità aziendale ed ogni altra condizione per ottenere l’anticipazione dell’indennità di mobilità nella misura di 24 mensilità ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 I. 223/1991.
2.2. Dal punto di vista giuridico si osserva poi che laddove il legislatore ha esteso “i trattamenti di mobilità” alle imprese commerciali con meno di 200 dipendenti e con più di 50 (articolo 7, comma 7 decreto-legge numero 148/93 convertito in legge numero 236/93, in seguito prorogato anno per anno e poi stabilmente) ha inteso riferirsi a tutti i trattamenti di mobilità, la cui fattispecie costitutiva veniva a configurarsi nello stesso anno; e ciò nella sua interezza e senza alcuna limitazione di importo.
2.3. La fattispecie costitutiva del diritto al trattamento di mobilità matura infatti immediatamente ed in misura integrale al momento della messa in mobilità dei lavoratori o del licenziamento collettivo del personale, come dispone l’art. 7, comma 1 e l’art. 24 comma 1 della legge 223/1991. Talché dalle medesime norme che hanno riconosciuto l’estensione del diritto all’indennità alle imprese commerciali con meno di 200 dipendenti e con più di 50 (nel caso di specie per il 2006, in base all’articolo 8, comma 3-ter del decreto legge 203/2005 convertito in legge 248/2005) derivava la necessaria copertura della spesa per tutto il quantum maturato allo stesso momento, tanto se lo stesso fosse poi da erogare in via ordinaria tanto se fosse da liquidare in via anticipata.
2.4. D’altra parte una diversa interpretazione, oltre a ledere la ratio della norma (che è quella di favorire con l’erogazione di un contributo finanziario la rioccupazione dei lavoratori attraverso l’iniziativa autonoma o l’associazione in cooperativa), darebbe pure luogo ad una serie ingiustificata di disparità di trattamento: e cioè non solo tra lavoratori i quali maturino entrambi il diritto all’indennità di mobilità nello stesso importo nell’anno 2006, atteso che solo quelli dipendenti da un’impresa commerciale con più di 50 e meno di 200 dipendenti si vedrebbero decurtata la prestazione relativa all’indennità di mobilità anticipata; ma anche tra lavoratori dipendenti dalle stesse imprese commerciali in discorso che per non aver esercitato il diritto all’opzione per la misura anticipata si vedrebbero liquidato l’intero importo anche per gli anni successivi al 2006, a differenza degli altri che, come il ricorrente, avevano richiesto l’anticipazione del trattamento nello stesso anno.
3. Ne è possibile riconoscere alcun effetto alla cancellazione dalle liste di mobilità per effetto dell’esercizio dell’opzione ad ottenere il trattamento in via anticipata, atteso che, come già detto, il diritto matura prima della cancellazione, anche con riferimento al quantum.
4. – Nessuna limitazione del finanziamento è stabilita dalla norma in discorso quanto alla misura dei trattamenti da erogare per il 2006; laddove, va ribadito, la norma va intesa nel senso che per lo stesso anno devono essere riconosciuti tutti i trattamenti di mobilità la cui fattispecie acquisitiva fosse maturata nell’anno, ivi compreso quello relativo all’anticipazione.
5. – Lo stesso criterio di giudizio risponde del resto a quello sempre osservato da questa Corte: ad es. ai fini del calcolo dell’anzianità aziendale (Cass. 12406/2008), ai fini del computo della retribuzione (Cass. 8636 del 03/04/2008), entrambi incidenti sulla misura del trattamento. Mentre lo stesso Inps, ai fini della durata del trattamento, cristallizza i requisiti di età previsti dalla norma sostenendo che debbano essere già compiuti alla data di cessazione del rapporto di lavoro (circ. INPS n. del 2 gennaio 1993). Analogamente, quindi, anche per il pagamento in un’unica soluzione ed in via anticipata, si deve tener conto dei requisiti già maturati al momento dell’acquisizione del diritto.
6. In conclusione, il ricorso è infondato e va rigettato. Nulla va liquidato per le spese processuali non avendo l’intimato svolto attività. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis delle stesso art. 13.
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