CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 marzo 2018, n. 6185
Licenziamento collettivo – Comunicazione di avvio della procedura – Criterio delle esigenze tecnico-produttive – Ridimensionare l’organico – Licenziamento limitato ad una porzione dell’azienda, in assenza di autonomia funzionale e produttiva del settore – Non sussiste – Scelte imprenditoriali insindacabili
Fatti di causa
1. Con sentenza depositata il 24.7.2012 la Corte di appello di Salerno, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accertato la legittimità del licenziamento collettivo intimato dal Consorzio di bonifica in destra del fiume Sele ad A.F. con lettera del 26.6.20007 all’esito della procedura di cui agli artt. 4 e 5 della legge n. 223 del 1991 ritenendo – nonostante la rilevata carenza di specificità dei motivi di appello proposto dal lavoratore – che la prevalenza attribuita al criterio delle esigenze tecnico-produttive era stata evidenziata sin dalla comunicazione di avvio della procedura e trovava ampia giustificazione nella necessità di ridimensionare l’organico a seguito dei tagli dei fondi erogati dalla Regione ed aggiungendo che la scelta del F. era stata coerentemente effettuata con riguardo alla fascia funzionale (la più bassa) posseduta dallo stesso.
2. Avverso questa sentenza il F. propone ricorso per Cassazione fondato su tre motivi di impugnazione. Il Consorzio oppone proprie difese con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. nonché vizio di motivazione (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, scarsamente approfondito la legittimità e la congruità dei criteri di scelta applicati dal Consorzio, svolgendo, il F., mansioni fungibili rispetto ad altri lavoratori ed avendo, il medesimo Consorzio, erroneamente applicato il concorrente criterio dell’anzianità anagrafica anziché dell’anzianità di servizio.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, della legge n. 223 del 1991 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) non potendo, un licenziamento collettivo essere limitato ad una porzione dell’azienda salvo accertare l’autonomia funzionale e produttiva del settore su cui la selezione viene concentrata, accertamento che la Corte territoriale ha erroneamente effettuato posto che il settore “acquaiolo” al quale il F. era assegnato costituisce un’attività priva di autonomia rispetto all’organizzazione aziendale. La Corte territoriale ha, inoltre, omesso di verificare se la delimitazione del licenziamento ad una determinata area corrispondesse ai criteri di scelta prescelti.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, della legge n. 223 del 1991 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.).
4. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.
Questa Corte ha già esaminato analoghe questioni, sempre inerenti il licenziamento per riduzione di personale del Consorzio qui intimato, e le ha risolte in senso negativo per i lavoratori evidenziando, essenzialmente, che i ricorsi miravano a rimettere in discussione le scelte imprenditoriali, come tali insindacabili, del datore di lavoro che aveva inteso realizzare una riorganizzazione aziendale nei settori manutenzione ed esercizio irriguo, adeguatamente motivata (cfr. Cass. n. 24728/2015 e Cass. n. 25185/2016).
Ed invero, la Corte distrettuale ha ben evidenziato come il Consorzio, in sede di procedura ex art. 4 L. n. 223/91, aveva esposto le ragioni per cui la riduzione della forza lavoro interessava il settore della manutenzione della rete irrigua, rete che, negli ultimi tempi, era stata quasi del tutto riammodernata con l’introduzione della automazione di una serie di attività che prima erano svolte manualmente dai dipendenti “acquaioli”, inquadrati nella II e nella III fascia funzionale.
L’esigenza di ridimensionare l’organico derivava dunque dalla opportunità di avvalersi di servizi automatizzati nonché dai tagli dei fondi erogati dalla Regione Campania e la scelta del F. rispetto ad altri colleghi appartenenti allo stesso settore era stata determinata dal livello (più basso) di appartenenza del lavoratore, più difficilmente ricollocabile rispetto al personale di livello superiore in possesso di più ampie competenze.
5. Questa Corte ha più volte affermato che in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo a un’unità produttiva o a un settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, può essere limitata agli addetti dell’unità o del settore da ristrutturare, in quanto ciò non sia l’effetto dell’unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative fondanti la riduzione di personale; i motivi di restrizione della platea dei lavoratori da comparare devono essere adeguatamente esposti nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, onde consentire alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intende concretamente espellere (Cass. n. 2429/2012, Cass. n. 13705/2012, Cass. n. 22655/2012, Cass. n. 4678/15, Cass. n. 18190/2016).
Come rammentato dalle pronunce di questa Corte concernenti il Consorzio controricorrente, la limitazione ai due (identici) settori interessati dalla procedura appare possibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale, oggettive esigenze tecnico-produttive, restando onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata. Ne consegue che non può essere ritenuta «legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto lavorativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative”
6. In ordine al criterio dell’anzianità di servizio, la Corte distrettuale ha rilevato che il lavoratore non aveva censurato le deduzioni del Consorzio che evidenziavano come, se anche si fosse fatto esclusivo riferimento al criterio dell’anzianità e dei carichi di famiglia, il F. non avrebbe prevalso rispetto ad altri colleghi e sarebbe risultato in ogni caso tra le posizioni eccedentarie (pag. 9 della sentenza impugnata). Di conseguenza – anche a non voler sottolineare gli esclusivi profili di merito sottoposti dal ricorrente – deriva che, in applicazione del principio tantum devolutum quantum appellatum, di cui all’art. 342 cod.proc.civ., è preclusa la precisazione, nel corso dell’ulteriore attività processuale, di censure esposte in maniera del tutto vaga nell’atto di appello così come non è consentito nel successivo grado di giudizio in sede di legittimità, dolersi che il giudice di appello non abbia riesaminato e rivalutato determinate risultanze probatorie, la cui valutazione, sotto il profilo della rilevanza ai fini della decisione da parte del giudice di primo grado, non era stata oggetto di specifica critica nell’atto di appello (cfr., da ultimo, Cass. n. 4704/2014, Cass. n. 22502/2014).
7. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
8. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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