CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 marzo 2018, n. 6323
Personale del comparto scuola – Docenti – Plurimi contratti a termine – Effettiva anzianità di servizio
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, in riforma delle sentenze del Tribunale di Milano e del Tribunale di Monza rese tra le parti, accoglieva l’impugnazione del Ministero dell’istruzione, università e ricerca (MIUR), nei confronti di più docenti e rigettava le domande proposte da quest’ultimi.
2. I Tribunali ai quali si erano rivolti i docenti che avevano stipulato con l’Amministrazione plurimi contratti a termine, avevano condannato il MIUR al risarcimento del danno equitativo e al pagamento delle differenze retributive corrispondenti alla effettiva anzianità di servizio, peraltro, respingendo la domanda principale di conversione dei contratti a termine in rapporti a tempo determinato, e di riconoscimento al diritto al computo dell’anzianità.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorrono i docenti in epigrafe prospettando cinque motivi di ricorso.
4. Resiste il MIUR con controricorso.
Ragioni della decisione
1. I ricorrenti, con il primo motivo di ricorso, deducono la violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 24, primo comma, Cost.
Il motivo di ricorso (pagg. 8-10 del ricorso), che richiama nell’epigrafe le suddette disposizioni senza poi esplicitarne in relazione alla fattispecie, il contenuto precettivo che si assume leso, prospetta che in ragione di un decreto del Presidente della Corte d’Appello, che è trascritto nel motivo, i giudici assegnatari del Collegio della Corte d’Appello sono stati individuati successivamente all’inizio della causa e con riferimento ad uno specifico gruppo di cause, con l’applicazione di regole di assegnazione diverse da quelle ordinarie.
Deducono i ricorrenti che “in tal modo si sarebbe posta in essere una violazione delle norme indicate che presuppongono l’individuazione del giudice persona fisica secondo criteri oggettivi e predeterminati sulla base delle regole generalmente applicate dall’ufficio giudiziario e non secondo regole ad hoc per la singola causa o gruppo di cause”.
1.2. Il motivo è in parte inammissibile e in parte non fondato.
1.3. Si osserva che il motivo di ricorso, per come argomentato, deduce come lesiva degli artt. 6 CEDU e 24, primo comma, Cost., l’applicazione per la costituzione del Collegio giudicante di regole diverse da quelle ordinarie, e di ciò si duole, senza tuttavia né indicare, né riportare tali regole ordinarie, neppure tramite semplice rinvio alle fonti che le prevedano.
1.4. Si palesa, pertanto, in proposito, una parziale carenza nella prospettazione del motivo rispetto a quanto previsto dall’art. 366 cod. proc. civ.
1.5. Questa Corte (cfr., Cass., n. 19660 del 2016) ha già affermato che il vizio di costituzione del giudice è ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio, non investita della funzione esercitata, e che in assoluto, non costituisce motivo di nullità del procedimento e della sentenza la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario.
Nella specie, nel decreto, di cui si dolgono i ricorrenti, si fa riferimento allo strumento dell'”assegnazione interna” all’Ufficio, e sono illustrate le esigenze organizzative che ne determinavano l’adozione, altresì non censurate con il presente motivo di ricorso.
1.6. Pertanto il primo motivo di ricorso deve essere rigettato.
2. Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 124 del 1999, dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 134 del 2009, conv. dalla legge n. 167 del 2009, dell’art. 9, comma 18, del d.l. n. 70 del 2011 conv. dalla legge n. 106 del 2011. Incompatibilità con la direttiva 99/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, Insufficiente e contraddittorietà della motivazione.
3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta incompatibilità dell’art. 4 della legge n. 124 del 1999, dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 134 del 2009, conv. dalla legge n. 167 del 2009, dell’art. 9, comma 18, del d.l. n. 70 del 2011, conv. dalla legge n. 106 del 2011, con la direttiva 99/70/CE.
4. Con il quarto motivo di ricorso è dedotto il vizio di insufficienza della motivazione per omesso esame dei contratti oggetto di impugnazione.
5. I suddetti motivi il cui esame deve essere svolto congiuntamente in ragione della loro connessione censurano le statuizioni che hanno rigettato la domanda di declaratoria di illegittimità dei contratti a termini con conseguente trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e di risarcimento del danno.
I ricorrenti ripercorrono la disciplina normativa dei contratti a termine e la giurisprudenza della CGUE a fondamento delle proprie censure.
6. I suddetti motivi sono fondati nei limiti di seguito indicati.
7. Questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dal n. 22552 al n. 22557 e numerose altre conformi), ha affrontato tutte le questioni che qui vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C- 63/13; C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016) ha affermato i seguenti principi di diritto, che devono trovare applicazione in sede di rinvio:
A. “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal d.lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dall’art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che ad essa attribuisce un connotato di specialità.
B. “Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 4 commi 1 e 11 della legge 3.5.1999 n. 124 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 commi 1 e 11 della legge 3.5.1999 n. 124, prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”.
C. Ai sensi dell’art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del D. Lgs. 165/2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 comma 1 della legge 3.5.1999 n. 124, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata legge 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015.
E. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi – concorsuali.
F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU. di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.
G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 c. 1 L. 124/1999, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.
H. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.
8. Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 368 del 2001 e della clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Difetto e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla comparabilità degli assunti con contratto a tempo determinato con quelli assunti con contratto a tempo indeterminato.
Espongono i ricorrenti che essi avrebbero interesse a vedersi computata l’anzianità cumulando i diversi rapporti a termine che si sono succeduti con il MIUR , domanda rigettata dal giudice di merito.
La censura, dunque verte sulla violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 368 del 2001 e della clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70, dolendosi i ricorrenti del mancato riconoscimento del diritto ad una piena anzianità di servizio;
I docenti deducono che la citata clausola 4 prevede sia un divieto generale di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato comparabili, sia una specifica prescrizione applicativa in tema di anzianità, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia, che devono trovare applicazione nella specie poiché nessun dubbio può sussistere sulla comparabilità dei due gruppi di lavoratori;
9. La censura è fondata nei limiti di seguito indicati, in quanto la sentenza impugnata, nell’escludere il diritto al riconoscimento a fini retributivi della anzianità di servizio, si pone in contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che «nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato4 recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.I. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato».
A dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto.
Non può essere riconosciuto il diritto a percepire gli scatti biennali previsti dall’art. 53 della legge n. 312/1980, e in proposito deve essere ribadito il principio affermato dalla sentenza n. 22558 del 2016 con la quale, ricostruito il quadro normativo e contrattuale, si è statuito che «In tema di retribuzione del personale scolastico, l’art. 53 della I. n. 312 del 1980, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, ex artt. 69, comma 1, e 71 del d.lgs. n. 165 del 2001, dal c.c.n.I. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione».
10. La Corte, nei limiti di cui in motivazione accoglie il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso. Rigetta il primo. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Nei limiti di cui in motivazione accoglie il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso. Rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.
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