CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 novembre 2019, n. 29628
Nullità del contratto interinale e dei successivi contratti a termine – Mancata indicazione delle ragioni giustificative – Mansioni di assistente di produzione cinematografica – Non sufficiente la mera indicazione della produzione o del programma televisivo – Onere di indicare le ragioni in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto
Fatti di causa
1. M.E.G., premesso di avere prestato attività di lavoro subordinato in favore di T.I.M. s.p.a. nel periodo dal 27.3.2007 al 1.7.2011, con mansioni di assistente di produzione, dapprima sulla base di contratto temporaneo stipulato <<per ragioni di carattere tecnico>> con la società fornitrice E.W. per il periodo 27.3.2007 /30.10.2007 poi prorogato al 31.8.2008 e, quindi, sulla base di ulteriori contratti a termine dei quali due stipulati ex artt. 1 e 10 d. lgs. n. 368 del 2001, dal 22.9.2008 al 24.12.2008 e dal 7.1.2009 al 31.5.2009, nonché di ulteriori due contratti ai sensi della richiamata disposizione e dell’art. 24, lett. f) del vigente contratto collettivo per Rtv private, stipulati per il periodo dal 15.7.2010 al 27.8.2010 e per il periodo dall’8.9.2010 al 26.6.2011, con proroga di quest’ultimo contratto al 1.7.2011, ha dedotto la nullità del contratto interinale e dei successivi contratti a termine per mancata indicazione delle ragioni giustificative dell’assunzione a tempo determinato, chiesto l’accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto a decorrere dal primo contratto e la condanna di T.I. s.p.a. al relativo ripristino ed al pagamento delle spettanze retributive medio tempore maturate.
2. La domanda è stata respinta dal giudice di primo grado il quale, ritenuto estinto il rapporto in relazione al periodo antecedente la data del 2.4.2009 per effetto delle dimissioni rassegnate dalla lavoratrice prima della scadenza dell’ultimo contratto, ha ritenuto legittimo il termine apposto ai contratti successivi.
3. La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto in data 15.7.2010, la sussistenza da tale data di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condannato T.I. s.p.a. (quale società incorporante T.I.M. s.p.a.) e la società (…) s.r.l. intervenuta quale cessionaria del ramo di azienda al quale era addetta la lavoratrice, al pagamento, in solido, della indennità risarcitoria ex art. 32, legge n. 183 del 2010, commisurata a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
3.1. Per quel che ancora rileva, il giudice di appello, confermato l’effetto estintivo in relazione al periodo antecedente le dimissioni rassegnate dalla G. il 2.4.2009, ha ritenuto illegittimo il termine apposto ai contratti successivi per difetto di specifica indicazione delle ragioni legittimanti l’assunzione a tempo determinato non risultando a tal fine sufficiente la mera indicazione della produzione o del programma ai quali la G. era chiamata a collaborare.
4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società (…) sulla base di tre motivi; E.M.G. ha depositato tempestivo controricorso; T.I. s.p.a. ha depositato controricorso adesivo al ricorso per cassazione; E.W. è rimasta intimata.
4.1. E.M.G. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
4.2. La causa viene trattata in pubblica udienza in esito a rinvio a nuovo ruolo dall’adunanza camerale fissata per il giorno 31 gennaio 2019.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 1 e 2, d. Igs n. 368 del 2001, censura la sentenza impugnata in punto di ritenuta carenza di specificità della causale di apposizione del termine. Richiama a tal fine l’art. 1 d. Igs n. 368 del 2001 nel testo in vigore alla data della stipulazione dei contratti a termine conclusi dalla lavoratrice ed integrato dall’art. 21, comma 1, d.l. n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 laddove consente l’apposizione del termine anche in presenza di ragioni riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
2. Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 24 c.c.n.l. delle R.T.P. che consentiva l’apposizione del termine per l’assunzione di personale riferito a specifici programmi radiofonici e televisivi, censura la valutazione di non specificità della clausola del termine sul rilievo che le previsioni collettive rappresentano un elemento di garanzia e di riscontro oggettivo in ordine alle reali esigenze giustificatrici dell’apposizione della clausola di durata.
3. Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 6, legge n. 183 del 2010, in via subordinata denunziando la omessa considerazione degli accordi sindacali richiamati dalla disposizione alla stregua dei quali si imponeva la riduzione alla metà del limite massimo della indennità risarcitoria.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato.
4.1. La sentenza impugnata ha affermato la illegittimità del termine apposto ai contratti stipulati nel periodo successivo alla estinzione del rapporto conseguente alle dimissioni della lavoratrice osservando che il prescritto requisito di specificità non poteva dirsi integrato dalla mera indicazione della produzione o del programma ai quali la lavoratrice era chiamata a collaborare, i quali costituivano attività tipica della società emittente.
4.2. La decisione è coerente con la giurisprudenza di questa Corte la quale ha costantemente affermato che anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs n. 368 del 2001 il principio generale rimane quello secondo il quale il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo pur sempre, l’apposizione del termine una ipotesi derogatoria rispetto al suddetto principio, anche in presenza di un sistema imperniato sulla previsione di una clausola generale (“ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo”), che ha sostituito il precedente assetto normativo, fondato prima su un elenco tassativo e tipico di ipotesi autorizzative, ai sensi della legge n. 230 del 1962 e successivamente sulla “delega” alla contrattazione collettiva, ai sensi della legge n. 56 del 1987, art. 23.
4.3. E’ stato, in particolare, puntualizzato che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall’art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (Cass. n. 840 del 2019, Cass. n. 20201 del 2017, in motivazione, Cass. n. 208 del 2015, Cass. n. 15002 del 2012, in motivazione, Cass. n. 20604 del 2012, in motivazione, Cass. n. 10033 del 2010, Cass. n. 22866 del 2010, in motivazione, Cass. 2279 del 2010).
4.4. Tali affermazioni sono state ribadite anche con riferimento alla modifica introdotta dall’art. 21, comma 1, d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla legge n. 133 del 2008. E’ stato, infatti, sottolineato che il significato normativo dell’integrazione apportata all’originario testo dell’art. 1 del d. lgs n. 368 del 2001, dall’art. 21, comma 1, cit. secondo il quale << la clausola di durata è apponibile anche quando le ragioni che ne costituiscono fondamento sono riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro >>, è da intendersi nel senso di escludere che l’apposizione del termine sia consentita solo in presenza di circostanze connotate da eccezionalità ed imprevedibilità, e non anche di ragioni riferibili all’ordinaria e fisiologica attività dell’impresa, fermo restando la necessità che queste ultime evidenzino esigenze aziendali, puntualmente specificate nel contratto di assunzione, che possono essere soddisfatte, sulla base di criteri di normalità tecnico – organizzativa, con il ricorso alla clausola di durata, piuttosto che con l’ordinario contratto di lavoro (v. tra le altre, Cass. 22866 /2010 cit.).
4.5. Con riferimento al tema dell’assunzione per specifici programmi televisivi la giurisprudenza di questa Corte, in relazione a fattispecie assoggettate ratione temporis all’art. 1 d. lgs n. 368 del 2001 nel testo antecedente alla novella del 2008 ha ritenuto che il requisito della specificità non fosse soddisfatto dalla sola indicazione del programma o della stagione televisiva alla quale sarebbe stato addetto il lavoratore in quanto la realizzazione di programmi radiotelevisivi costituisce la normale attività imprenditoriale della datrice di lavoro (Cass. n. 9474 del 2019, in motivazione, Cass. n. 20113 del 2017, in motivazione, Cass. n. 22931 del 2015, Cass. n. 17064 del 2015, in motivazione).
4.6. I principi sopra richiamati devono trovare applicazione anche per i contratti a termine assoggettati ratione temporis alla modifica introdotta dal Legislatore del 2008 posto che la integrazione della originaria previsione con la puntualizzazione della riferibilità dell’assunzione a termine anche all’attività ordinaria della parte datoriale rafforza la esigenza di indicazione in contratto di puntuali circostanze che giustifichino la temporaneità dell’assunzione, secondo quanto già evidenziato al paragrafo 4.3..
4.7. Quindi, se non appare più coerente con la ratio ispiratrice della complessiva disciplina dettata dal d. lgs n. 368 del 2001 la necessità che l’apporto del lavoratore sia tale da connotare il programma al quale si riferisce l’assunzione, come, invece, richiesto nel vigore della legge n. 230 del 1962, le ragioni esplicitate in contratto devono, comunque, dare contezza delle circostanze che, in quello specifico contesto aziendale, rendono congrua secondo criteri di ragionevolezza l’apposizione del termine di durata al contratto.
4.8. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto la mera indicazione del programma o della produzione alle quali sarebbe stata assegnata la lavoratrice non evidenzia alcuna oggettiva esigenza aziendale che giustifichi la apposizione della clausola di durata nei termini sopra evidenziati.
4.9. In base alle considerazioni che precedono il motivo in esame deve essere respinto.
5. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
5.1. Nel sistema delineato dal d.lgs n. 368 del 2001, imperniato sulla previsione di una clausola generale (“ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo”), che ha sostituito il precedente assetto normativo, fondato prima su un elenco tassativo e tipico di ipotesi autorizzative ai sensi della legge n. 230 del 1962, e successivamente sulla “delega” alla contrattazione collettiva, ai sensi dell’art. 23 legge n. 56 del 1987, alcun ruolo è riconosciuto all’autonomia collettiva nella individuazione di specifiche causali legittimanti, anche sotto il profilo della effettività, l’assunzione a termine, quale espressione di una sorta di <<delega in bianco>> conferita alle parti collettive, come avvenuto, invece, nella vigenza dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, espressamente abrogato dall’art. 11, comma 1, d. Igs n. 368 del 2001.
5.2. Invero, l’autonomia collettiva, nel sistema delineato dal d. Igs n. 368 del 2001, è destinata ad operare in ambiti ben delimitati secondo quanto in particolare evincibile dall’art. 10, comma 3 (che concerne le ipotesi di assunzione diretta di manodopera per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni nei settori del turismo e dei pubblici esercizi), comma 7 (che concerne i limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto del contratto a tempo determinato) e comma 9 (che concerne il diritto di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica, dei lavoratori assunti a termine), comma quest’ultimo abrogato dal d. Igs n. 247 del 2007.
5.3. Ciò posto l’assunto della società ricorrente in tema di valutabilità, comunque, delle previsioni collettive e, nello specifico, dell’art. 24, lett. f) del c.c.n.l. Radio Televisioni Private – alla stregua del quale l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato è consentita <<per l’assunzione di personale riferito a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi, con possibilità di impiego, in caso di eventuale fermo produttivo, su altre produzioni in corso>>, configura tali pattuizioni quale elemento di garanzia e riscontro oggettivo in ordine alle reali esigenze giustificatrici richieste dalla legge; in altri termini è la stessa parte ricorrente che relega le previsioni collettive non a fattispecie autonomamente legittimanti l’assunzione a termine in relazione alla causale indicata ma a mero elemento di riscontro esterno della sussistenza ed effettività del prescritto requisito di specificità, con implicito disconoscimento della funzione direttamente normativa della pattuizione collettiva; quanto ora rilevato esclude in radice la stessa configurabilità del denunziato vizio di errore di diritto.
6. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di pertinenza con le ragioni alla base della concreta determinazione della indennità risarcitoria ex art. 32 legge n. 183 del 2010, atteso che la esistenza degli accordi sindacali di cui al comma 6 del citato art. 32 è stata espressamente presa in considerazione dalla Corte di merito nell’operare la prescritta riduzione del quantum liquidato (sentenza, pag. 10, ultimo capoverso con prosecuzione alla pagina 11).
7. Le spese di lite nel rapporto processuale tra le società e la G. sono liquidate secondo soccombenza, principio che si applica ai fini della relativa regolamentazione anche nei confronti del soggetto interveniente (T.I. s.p.a.) che, facendo propria, come nel caso di specie, la posizione di uno dei contendenti assuma una attiva posizione di contrasto nei confronti dell’altra parte (Cass. n. 12025 del 2017, Cass. n. 6880 del 1997).
8. Le spese di lite nel rapporto processuale tra le società (…) e T.I. sono compensate.
9. Sussistono i presupposti processuali per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, ai fini del raddoppio del contributo, ove dovuto, nei confronti della parte ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite tra la (…) s.p.a. e T.I. s.p.a.. Condanna le società in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di E.M.G., che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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