CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 novembre 2019, n. 29673

Licenziamento disciplinare – Sottrazione intenzionale di merce aziendale – Vincolo fiduciario – Dichiarazioni rese al di fuori del processo

Rilevato che

la Corte d’appello di Lecce, a conferma della pronuncia del Tribunale di Brindisi, ha rigettato il reclamo proposto da G.B., dipendente della Società A. S.p.a., sottoposto a licenziamento disciplinare per sottrazione intenzionale di merce aziendale per un valore di Euro 635,52;

la Corte territoriale ha, in particolare, accertato la veridicità dei fatti oggetto di contestazione, motivando che la gravità della dinamica degli episodi riscontrati, pur in presenza di un impossessamento di entità modesta, era comunque tale da far venir meno il vincolo fiduciario con la Società;

la cassazione della sentenza è domandata da G.B. sulla base di un unico motivo di ricorso; la Società A. S.p.a. resiste con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Considerato che

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., parte ricorrente lamenta “Vizio della motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; il dedotto vizio si riferisce alla circostanza secondo cui, nel confermare la decisione di prime cure, la Corte territoriale avrebbe posto a base del decisum dichiarazioni rese al di fuori del processo da persone indagate a seguito di trasmissione degli atti al PM su richiesta del giudice della fase sommaria, senza aver fornito per ciò alcuna motivazione;

il motivo è inammissibile;

secondo il costante orientamento di legittimità “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.“(Cass. n.26774 del 2016; Cass. n. 19001 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014);

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3000 a titolo di compensi professionali in favore della Società controricorrente, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.