CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 settembre 2022, n. 27125

Lavoratore socialmente utile – Superamento dei limiti di proroga – Incoerenza degli incarichi – Convertibilità in rapporto di lavoro subordinato – Esclusione

Fatto

1. Con sentenza 12 luglio 2016, la Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello di R.V. avverso la sentenza di primo grado, reiettiva della sua domanda di accertamento dell’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l’azienda speciale di igiene urbana della Provincia di Massa (A.S.M.I.U.), in ragione dello svolgimento di attività estranee all’ambito del rapporto di lavoro socialmente utile istituito tra le parti.

2. Essa ha accertato come indiscusso l’affidamento dalla Provincia di Massa Carrara ad A.S.M.I.U. del predetto come lavoratore socialmente utile dal mese di dicembre 2000, con la qualifica di esperto nella gestione ambientale e svolgimento dapprima della traduzione e sintesi della normativa I.S.O. 9000 inerente il settore, successivamente (dal dicembre 2001) di indagine sullo smaltimento dei rifiuti speciali, con accesso diretto presso gli operatori (carrozzerie, officine … ) per la verifica dei metodi di smaltimento dei residui esausti ed infine (dal giugno 2002 al dicembre 2003) di mansioni di centralinista. E che tali attività sono risultate documentalmente prorogate dalla Provincia fino all’ultima data in base a delibere della Giunta Regionale Toscana su specifiche Convenzioni tra detta Regione e il Ministero del Lavoro, in attuazione delle disposizioni dell’art. 78, secondo e terzo comma l. 388/2000, al fine di realizzare i programmi di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili.

3. La Corte ligure ha escluso la convertibilità del rapporto di lavoro socialmente utile, di natura assistenziale (finalizzata all’occupazione di persone in condizioni di difficoltà, con finanziamento del compenso da parte dello Stato) e pertanto non tipicamente riconducibile ad uno di lavoro subordinato, in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in assenza di prova di una volontà in tale senso delle parti: neppure evincibile per il lavoratore dalla presentazione nel pomeriggio del 18 dicembre 2003 sul luogo di lavoro per svolgere regolarmente l’attività, dopo la comunicazione del giorno precedente con nota di A.S.M.I.U. di cessazione della sua utilizzazione.

4. Con atto notificato 12 gennaio 2017, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, cui l’azienda ha resistito con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

5. A seguito di differimento in occasione della precedente, la causa è stata nuovamente fissata per la pubblica udienza odierna.

6. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da l. conv. 176/20, nel senso del rigetto del ricorso.

7. La controricorrente ha comunicato una nuova memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1. Con unico motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 2094, 2097, 2099 c.c., 36 Cost. e falsa applicazione degli artt. 4 d.lgs. 81/2000, 8 d.lgs. 468/1997 (abrogato dal d.lgs. 150/2015), per avere prestato un lavoro socialmente utile dall’1 novembre 2000 al 30 giugno 2002, sulla base di due progetti volti alla risoluzione di problematiche ecologiche e ambientali, ma di essere stato, dopo la conclusione dei progetti, trattenuto di fatto al lavoro in attività di centralinista per cinque giorni alla settimana (dal lunedì al venerdì) e quattro ore giornaliere (dalle 8,30 alle 12,30), non avendo la Corte territoriale riconosciuto  la rilevanza di due circostanze (di illegittimità degli atti di proroga dei precedenti progetti, per mancato rispetto dei termini massimi di durata; di incoerenza degli incarichi con i temi progettuali prescritti dal d.lgs. 468/1997 e dal d.lgs. 81/2000), tale da comportare l’istituzione tra le parti di un rapporto lavorativo di mero fatto, cui applicabili le regole comuni denunciate per la costituzione ex lege di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con i relativi diritti retributivi.

2. Esso è infondato.

3. È noto che l’occupazione temporanea in lavori socialmente utili non integri un rapporto di lavoro subordinato, in quanto, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. 468/1997 (poi riprodotto negli stessi termini dall’art. 4 d.lgs. 81/2000), l’utilizzazione di tali lavoratori non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro, ma realizza un rapporto speciale che coinvolge più soggetti (oltre al lavoratore, l’amministrazione pubblica beneficiaria della prestazione, la società datrice di lavoro, l’ente previdenziale erogatore della prestazione di integrazione salariale) di matrice assistenziale e con una finalità formativa diretta alla riqualificazione del personale per una possibile ricollocazione: con la conseguenza che, anche in caso di prestazioni rese in difformità dal programma originario o in contrasto con le norme poste a tutela del lavoratore, non si costituisce un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, trovando applicazione solo la disciplina sul diritto alla retribuzione prevista dall’art. 2126 c.c. (Cass. 21 ottobre 2014, n. 22287; Cass. 30 giugno 2016, n. 13475).

4. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha valutato entrambe le circostanze denunciate come rilevanti ai fini della costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, tanto in riferimento al superamento dei limiti di proroga dei rapporti di lavoro socialmente utile, tanto in riferimento all’incoerenza dell’attività di centralinista del lavoratore, di servizio amministrativo di assoluta genericità rispetto al progetto: essa le ha giustificate in quanto “fondate sul … reiterarsi di Convenzioni di finanziamento Ministero – Regioni”, per la “pura finalità di protrarre il mantenimento di un lavoro purchessia in favore dei destinatari degli incarichi, nella speranza di una loro stabilizzazione” (così al p.to 3.1. di pg. 4 della sentenza).

4.1. Né è risultata una volontà dell’utilizzatore diversa da quella di una mera accettazione delle prestazioni del lavoratore socialmente utile, sempre remunerate dallo Stato in virtù di convenzioni tra le Regioni e il Ministero del lavoro (Cass. 30 marzo 2016, n. 9180; Cass. 27 aprile 2021, n. 11118), pure in ipotesi incoerenti con le tipologie proprie del lavoro socialmente utile o oltre i termini massimi di durata, sulla base di avviamenti comunque disposti da enti pubblici e con remunerazioni pubbliche (così al secondo capoverso di p. 6 della sentenza): sicché, non è mai venuta meno la natura assistenziale del rapporto.

5. Dalle argomentazioni sopra svolte discende allora il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge

Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.