CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 dicembre 2021, n. 40218
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso in cassazione – Contenuto – Elementi essenziali – Mancanza – Inammissibilità del ricorso
Fatti di causa
1. L’Azienda Agricola II C. s.r.l. impugnava la cartella di pagamento notificata a seguito di avvisi di accertamento emessi per il recupero a tassazione di Irpeg e Ilor per gli anni d’imposta 1983, 1984 e 1985, deducendo che le rettifiche avevano perso efficacia perché era stata presentata domanda di condono.
2. La Commissione tributaria provinciale adita respingeva il ricorso e avverso la decisione proponeva appello la contribuente, precisando che aveva presentato dichiarazione integrativa prima di avere avuto notizia dell’iscrizione a ruolo e che l’Ufficio finanziario aveva liquidato la somma da versare a titolo di condono, cosicché, pur in presenza di un pagamento parziale della somma, gli avvisi di accertamento dovevano ritenersi inefficaci. Assumeva inoltre la contribuente che non erano dovute le sanzioni irrogate e che l’Amministrazione finanziaria non aveva tenuto conto del fatto che l’Azienda sino al 1993, essendo titolare dei benefici previsti per le società operanti nella zona della Cassa del Mezzogiorno, per gli anni in contestazione era esente dall’Ilor ed era tenuta al pagamento dell’Irpeg al 50 per cento.
3. La Commissione tributaria regionale, respingendo l’appello, rilevava che: a) la cartella di pagamento scaturiva da pregressi avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle entrate aveva rettificato i redditi della Azienda, disconoscendo i benefici fiscali spettanti alle imprese operanti nel territorio della Cassa del Mezzogiorno; b) nel ricorso proposto avverso gli avvisi di accertamento la società aveva eccepito di avere presentato un’istanza di condono ai sensi della legge n. 413 del 1991, ma nelle fasi di merito era stata negata l’applicabilità del condono e la Corte di Cassazione, dinanzi alla quale erano state impugnate le decisioni della C.T.R., aveva dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi, rendendo definitivi gli atti impositivi; c) a seguito di iscrizione a ruolo e di emissione di cartella, l’Azienda aveva impugnato tale atto insistendo per l’applicabilità del condono.
Ritenuta non accoglibile tale ultima richiesta, i giudici regionali affermavano di poter prendere in considerazione ai fini della decisione solo i tre avvisi di accertamento costituenti presupposto dell’iscrizione a ruolo e la cartella impugnata, nonché le sentenze conseguenti agli avvisi di accertamento che avevano negato validità al condono. Stante la definitività di dette pronunce e dei sottostanti avvisi di accertamento, ritenevano non fondata l’impugnazione proposta.
4. Contro la suddetta decisione l’Azienda Agricola Il C. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate mediante controricorso.
5. In data 2 settembre 2017, in prossimità dell’adunanza camerale 13 settembre 2017, la contribuente ha depositato memoria, con la quale, facendo presente di avere presentato istanza di definizione delle cartelle esattoriali, ha chiesto la sospensione del processo.
Disposto con ordinanza il rinvio della causa a nuovo ruolo, in data 22 dicembre 2020, l’Agenzia delle entrate ha depositato atto di diniego di condono ex art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, correlato delle ricevute di accettazione e consegna della notifica, avvenuta a mezzo Pec. In prossimità dell’udienza pubblica l’Azienda Agricola II C. s.r.l. ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la contribuente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 277 cod. proc. civ., nonché degli artt. 34 e 39 della legge n. 413 del 1991, lamentando che la C.T.R. ha ritenuto legittima la cartella di pagamento ignorando che con la sentenza n. 82/25/02 la C.T.R., pronunciandosi sulla cartella esattoriale n. 153543/50 relativa ad iscrizioni a ruolo provvisorie delle imposte dovute a seguito del rigetto dei gravami proposti avverso gli avvisi di accertamento per le annualità 1983, 1984 e 1985, aveva, al contrario, affermato: «La dichiarazione originaria risulta totalmente sostitutiva di quella integrativa e la novazione del rapporto tributario così formatosi, fa venire meno il presupposto su cui la cartella si basa…». Assume, quindi, la ricorrente che, non potendosi ritenere nullo il ruolo provvisorio e legittimo quello definitivo, la sentenza d’appello avrebbe pure violato l’art. 277 cod. proc. civ. per non avere pronunciato sulla questione relativa alle sanzioni, pure dedotta in secondo grado.
2. Con il secondo motivo, deducendo difetto di motivazione per insufficienza e contraddittorietà sui punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria sia rispetto agli avvisi di accertamento, perché negli stessi non vi è alcun riferimento alla applicazione o meno dei benefici legati alla Cassa del Mezzogiorno, sia rispetto al contenuto del ricorso di primo grado avverso gli avvisi di accertamento, nel quale non compare alcun riferimento alla legge n. 413 del 1991. Parimenti contraddittoria, secondo la ricorrente, sarebbe la decisione impugnata anche con riguardo al contenuto delle altre decisioni, invocate per dimostrare che gli avvisi di accertamento non erano definitivi, ed ai successivi avvisi di mora.
3. Preliminarmente allo scrutinio dei mezzi di ricorso, va rilevato che è intervenuto diniego della definizione agevolata, che non risulta impugnato dalla contribuente.
4. Il primo motivo del ricorso è inammissibile.
4.1. Occorre premettere che alla fattispecie si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ., norma introdotta dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e applicabile — in virtù del comma secondo dell’art. 27 del medesimo decreto — ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione a far tempo dal 4 luglio 2009 — ad opera dell’art. 47, comma 1, lett. d), della legge 18 giugno 2009, n. 69, in virtù della disciplina transitoria del suo art. 58, comma 5 (con ultra attività ritenuta conforme a Costituzione, tra le altre, da Cass., sez. 3, 14/11/2011, n. 23800).
4.2. Quanto ai quesiti previsti dal primo comma di tale norma, come chiarito da questa Corte (Cass., sez. U, 5/02/2008, n. 2658; Cass., sez. 3, 17/09/2008, n. 19769, Cass., sez. L, 25/03/2009, n. 7197; Cass., sez. 1, 8/11/2010, n. 22704), in linea generale essi devono compendiare (tanto che la carenza di uno solo di tali elementi comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass., sez. 3, 30/09/2008, n. 24339): a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Inoltre, essi debbono porre questioni pertinenti alla ratio decidendi, perché, in contrario, essi difetterebbero di decisività (Cass., sez. U, 18/11/2008, n. 27347; Cass., sez. 3, 19/02/2009, n. 4044; Cass., sez. 3, 28/09/2011, n. 19792; Cass., sez. 3, 21/12/2011, n. 27901).
4.3. Quanto, poi, al capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ., va rilevato che per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione — con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso — di un momento di sintesi o di riepilogo (Cass., sez. 3, 18/07/2007, n. 16002; Cass., sez. U, 1/10/2007, n. 20603; Cass., sez. 3, 30/12/2009, n. 27680), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, e, soprattutto, le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione; tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte ricorrente consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure.
Non è, altresì, consentita la congiunta proposizione di doglianze ai sensi del n. 3 e del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. se non accompagnate tanto dal quesito di diritto previsto per il primo vizio che dal momento di sintesi o riepilogo imposto per il secondo (Cass., sez. U, 31/03/2009, n. 7770).
5. Ciò posto, il primo motivo di ricorso non si sottrae alla declaratoria di inammissibilità, in quanto, sebbene attenga a vizio di violazione di legge, non è corredato del prescritto quesito di diritto.
6. Anche il secondo motivo è inammissibile.
6.1. La esposizione del motivo risulta, infatti, estremamente generica, poiché manca l’individuazione di «fatti» controversi in senso tecnico, nonché l’evidenziazione del carattere decisivo degli stessi, ossia della idoneità del vizio denunciato a determinare una diversa ricostruzione del fatto.
La nozione di punto decisivo della controversia, di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, asserisce al nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile sol perché su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 si risolverebbe nell’investire la Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito (Cass., sez. L, 14/02/2013, n. 3668).
6.2. Va, infatti, ribadito che l’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006, prevede «omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» non più «circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio», bensì circa un «fatto controverso e decisivo per il giudizio», sicché i «fatti» in ordine ai quali assume rilievo il vizio di motivazione sono i «fatti principali», ossia i fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi del diritto controverso come individuati dall’art. 2697 cod. civ. (Cass., sez. 5, 8/10/2014, n. 21152).
6.3. Nella sentenza oggetto di impugnazione i giudici di appello hanno chiaramente posto in rilievo che la cartella di pagamento di cui si discute in questa sede scaturisce da tre pregressi avvisi di accertamento ormai divenuti definitivi (per effetto delle ordinanze di questa Sezione nn. 15454/2005, 14647/2005 e 14646/2005), per i quali la C.T.R. aveva negato l’effetto estintivo del condono, e, pertanto, non possono residuare questioni con riguardo alle conseguenti cartelle di pagamento.
7. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono i criteri della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
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