CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 maggio 2018, n. 11846
Settore turismo – Contratti a termine come “extra” – Ricorso inammissibile perché tardivamente proposto – Consegna per la notifica oltre il termine annuale – Sospensione feriale dei termini inapplicabile per la natura della controversia
Fatti di causa
1. Con la sentenza n. 1151/2012 la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa città n. 11560/2008, ha respinto la domanda, proposta da C. C. nei confronti della H. I. srl, volta ad ottenere, sul presupposto di avere svolto da ottobre 1996 a dicembre 2005 mansioni di Chef de Rang stipulando numerosi contratti a termine come “extra” ai sensi dell’art. 23 comma 3 legge n. 56/1987 e artt. 57 CCNL Turismo 1994, 62 CCNL 1999 e 78 CCNL del 2002, la declaratoria di illegittimità delle clausole di apposizione del termine e l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con condanna al pagamento delle retribuzioni maturate.
2. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale, dopo avere richiamato un precedente della giurisprudenza di legittimità, ha rilevato che, nella fattispecie in esame, il datore di lavoro aveva dimostrato che il C. aveva effettuato singole prestazioni giornaliere tutte relative a specifici servizi speciali di durata non superiore ad un giorno; ha ritenuto, inoltre, raggiunta la prova delle intervenute dimissioni da parte del lavoratore, perché questi non voleva più lavorare come precario e non perché non era stato più chiamato dalla società.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione C. C. affidato a quattro motivi.
4. La Hilton Italia srl ha resistito con controricorso, eccependo in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per tardività dello stesso.
5. Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 23 comma 3 della legge n. 56/1987, e del successivo art. 10 comma 3 D.lvo n. 368/2001, in relazione all’art. 57 del CCNL del 1994, l’art. 62 del CCNL del 1999 e l’art. 78 del CCNL del 2002 nonché la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per non avere la Corte territoriale ben interpretato, facendo mal governo delle risultanze istruttorie sul punto ed omettendo i relativi temi di indagine, il concetto normativo di “servizi speciali” che possono essere anche prevedibili e programmabili, ma non quotidiani o con caratteristiche sempre uguali.
2. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), degli artt. 115 e 116 epe, la nullità della sentenza e/o del procedimento (ex art. 360 n. 4 c.p.c.) nonché l’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.), per non avere la Corte di merito considerato che la società non aveva ottemperato all’ordine di esibizione formulato dal giudice di primo grado, impedendo così di accertare, al di là dell’esito delle prove testimoniali, per quanti giorni il lavoratore fosse stato adibito ai servizi dell’Hotel e a quale tipologia di servizi fosse stato assegnato; per avere, poi, i giudici di secondo grado attribuito rilevanza alle sole prove della società, non effettuando una comparazione di tutte le risultanze processuali; per avere attribuito minore attendibilità alle dichiarazioni dei testi T. e M. senza alcuna motivazione; per non avere considerato che, dai cedolini di servizi prodotti, emergeva che il C. aveva lavorato per tre giorni consecutivi.
3. Con il terzo motivo il C. si duole della violazione e falsa applicazione (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 1321 e 1326 ce e dei principi generali in tema di manifestazione della volontà per la risoluzione del contratto; della violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5 epe circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale male interpretato il presunto rifiuto del C., che era diritto alla stipula di ulteriori contratti “extra” peraltro ritenuti illegittimi, e non alla assunzione di un rapporto a tempo indeterminato, e per avere erroneamente ritenuta raggiunta la prova delle intervenute dimissioni.
4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 91 c.p.c., nella parte in cui la Corte di appello ha compensato le spese instando, in conseguenza della chiesta cassazione della sentenza, per il rimborso di quelle afferenti tutti i gradi di giudizio.
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto.
6. La impugnata sentenza è stata, infatti, depositata il 29 marzo 2012.
7. Il ricorso per cassazione è stato consegnato per la notifica il 10.5.2013, ben oltre il termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c., applicabile ratione temporis, per essere stato il giudizio di primo grado instaurato prima del 4.7.2009 e non applicandosi, per la natura della controversia, la sospensione feriale dei termini di cui alla legge n. 742/1969 (cfr. Cass. 9.2.2009 n. 3192; Cass. 16.10.2015 n. 21003; Cass. 11.11.1998 n. 11389).
8. Ogni altra questione resta assorbita.
9. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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