CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 maggio 2019, n. 13024
Licenziamento disciplinare – Condotte professionali caratterizzate da gravi forme di negligenza, commissive ed omissive – Accertamento
Fatti di causa
1. In data 22.7.2014 al dott. A.D., dirigente medico in servizio presso il Reparto di otorinolaringoiatria dell’Ospedale milanese di San Giuseppe, veniva intimato dalla M. spa (titolare del suddetto ospedale) un provvedimento di licenziamento disciplinare relativamente alle condotte professionali, caratterizzate da gravi forme di negligenza, commissive ed omissive, attuate nei giorni 17 e 18 giugno 2014 durante la gestione operativa e post-operatoria del paziente B.A.M., clinicamente trattato mediante intervento chirurgico disposto ed eseguito la sera del 17.6.2014.
2. In particolare, con le due contestazioni disciplinari del 19 giugno e del 3 luglio 2014, il D. era stato incolpato, in sintesi, e per quello che interessa in questa sede: a) di avere dato corso all’intervento chirurgico sul paziente B.A.M. alle ore 20:05 del 17.6.2014 oltre il suo orario di lavoro, impegnando la sala operatoria senza ottenere in proposito autorizzazioni in deroga al regime organizzativo che prevedeva, per quell’orario, la destinazione dei locali operatori solo in casi eccezionali e urgenti (fatta salva la protrazione di interventi già programmati o in corso); b) di avere omesso l’immediato avvio ad una TAC finalizzata a capire, in rapporto al decorso della operazione chirurgica, gli effetti di una complicanza pur a fronte della percezione dell’inconveniente e senza avere sottoposto, quindi, ad una adeguata terapia antibiotica e ad un ricovero in un ambiente idoneo; c) di non avere adeguatamente dettagliato l’evento verificatosi nel corso dell’operazione chirurgica al medico subentratogli per il presidio notturno e di avere omesso di fornire ragguagli al responsabile dr. R. in ordine alla problematica manifestatasi in occasione dell’intervento.
3. Impugnato il licenziamento dal D., il Tribunale di Milano, sia in fase sommaria che in quella successiva di opposizione, rigettava la domanda volta alla declaratoria di illegittimità del recesso, con ogni conseguenza ripristinatoria del rapporto di lavoro e reintegratoria del danno.
4. La Corte di appello di Milano, adita in sede di reclamo ex lege n. 92 del 2012, con la sentenza n. 1595/2017 in riforma della pronuncia di primo grado, annullava il licenziamento e condannava la M. spa alla immediata reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro ricoperto al momento del recesso e alla corresponsione di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
5. Rilevavano i giudici di seconde cure che l’unico episodio degno di rilievo, tra i fatti contestati, con ogni più opportuno temperamento in merito alla gravità del fatto e all’elemento volitivo in capo al suo autore, era quello dell’inopinata ripresa dell’intervento alle ore 20 del 17.6.2014 senza la dovuta informativa alla superiore figura professionale, poco prima avvisata della sospensione; per gli altri due, anche alla stregua delle risultanze istruttorie e di una espletata ctu medica, andava ritenuta l’insussistenza dei fatti contestati per comprovato difetto dei loro tratti costitutivi; concludevano, pertanto, che il parametro di tutela da applicare fosse quello del 4° comma dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970. Escludevano, infine, che fosse stato adottato un licenziamento discriminatorio o connotato da motivo illecito.
6. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la M. spa affidato a due motivi.
7. Ha resistito con controricorso A.D. formulando ricorso incidentale sulla base di due motivi cui ha sua volta resistito con controricorso la società.
8. Sono state depositate memorie ex art. 378 cpc.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso principale la M. spa denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc), per non essere state valutate, dalla Corte di merito, anche le condotte tenute dal Dott. D. nella fase post-operatoria relative alle intollerabili ripetute punte di negligenze per quel che concerneva i doveri di informativa cui era tenuto.
2. Con il secondo motivo la società censura la violazione degli artt. 2119, 2104, 2105 e 2106 cc, nonché dell’art. 11 del CCNL applicato al rapporto di lavoro del dr. D. (ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc), per avere la Corte di appello erroneamente esaminato in modo parcellizzato i singoli episodi, svalutandone in tal modo oggettivamente il giudizio di gravità, anziché considerare unitariamente le condotte ascritte e per avere disposto una ctu su fatti e circostanze di per sé inidonee ad apprezzare sul piano disciplinare il comportamento omissivo e commissivo de/dirigente medico.
3. Con il primo del ricorso incidentale condizionato il D. ha eccepito la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 e dell’art. 11 del CCNL per il personale medico dipendente da case di cura, reiterando la tesi in ordine alla genericità delle contestazioni disciplinari.
4. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1345 e 2727 cc, dell’art. 4 del D.lgs n. 216 del 2003 e dell’art. 342 cpc, insistendo per la natura discriminatoria dell’intimato licenziamento, disattesa dai giudici di merito.
5. Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.
6. Il nuovo testo dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, applicabile in causa ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta dunque estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito (cfr. Cass. 7.4.2014 n. 8053; Cass. 29.10.2018 n. 27415).
7. Orbene, nel caso di specie, la sentenza ha dato conto (a pag. 12 e a pag. 14) che il D. aveva dichiarato al collega Colombo, subentratogli nel turno serale/notturno, di volere svolgere l’indagine radiologica il giorno successivo e che il D. stesso, senza essere smentito, aveva sostenuto di non essere stato mai in grado di avere un colloquio con il suo Responsabile in quanto in due occasioni aveva declinato la sua disponibilità per ragioni professionali.
8. I fatti di cui si assume l’omesso esame sono stati dunque valutati e, per il resto, le censure riguardano valutazioni di merito, in ordine ai suddetti fatti, non sindacabili da questa Corte.
9. Il secondo motivo è parimenti infondato.
10. Giova premettere, quanto alla doglianza riguardante la disposta consulenza tecnica di ufficio, che la stessa è stata espletata non per apprezzare, sul piano disciplinare, il comportamento omissivo e commissivo del dirigente medico, bensì per valutare, sotto un profilo tecnico, la fondatezza medico-legale dei fatti costitutivi riguardanti le asserite condotte negligenti dell’incolpato.
11. Si è trattato, quindi, di un ausilio per il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze e non per accertare la rilevanza disciplinare dei fatti contestati.
12. Da ultimo, va evidenziato che la ricorrente non ha indicato di avere contestato, rite et recte, le risultanze dell’elaborato peritale che, invece, risultano inammissibilmente censurate solo in sede di legittimità.
13. Quanto, invece, alle dedotte violazioni di legge, in ordine alla asserita parcellizzazione dei singoli episodi mediante una svalutazione di una visione unitaria e complessiva, ai fini della verifica sulla gravità dei fatti addebitati, deve osservarsi che effettivamente questa Corte ha affermato che in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, quando vengono contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, il giudice del merito non deve esaminarli atomisticamente, riconducendoli alle singole fattispecie previste da clausole contrattuali, ma deve valutare complessiva mente la loro incidenza sul rapporto di lavoro (Cass. n. 1890/2009; Cass. 6668/2004).
14. Tuttavia, nel caso in esame, il modus procedendi della Corte territoriale è da ritenersi corretto.
15. Invero, i giudici di seconde cure hanno proceduto ad una disamina progressiva, sotto il profilo cronologico, della condotta, desumendo una rilevanza astrattamente disciplinare solo per la omessa dovuta informativa alla superiore figura professionale, sebbene ne abbiano poi escluso – per quanto appresso si dirà – in concreto l’antigiuridicità per mancanza di volontà colpevole, ed escludendo, invece, l’insussistenza dei fatti contestati, per comprovato difetto dei loro tratti costitutivi, per ciò che concerneva la contestata mancata tempestiva programmazione dell’esame radiologico diagnostico ai fini di individuare i profili della complicanza già colta dal D. e quello della predisposizione della copertura antibiotica.
16. La valutazione, pertanto, non è stata atomistica ma sommatoria e complessiva di singole entità che non tutte, però, si sono rivelate disciplinarmente rilevanti e, comunque, considerate unitariamente, inidonee a rendere sussistente la condotta incolpata e a ledere il vincolo fiduciario.
17. Infine, con riguardo alla denunziata violazione dell’art. 11 CCNL di settore nonché degli artt. 2119, 2104, 2105 e 2106 cc, relativamente all’unico fatto ritenuto astrattamente rilevante come sopra indicato, sotto il profilo disciplinare, deve precisarsi che la Corte territoriale, con argomentazioni in fatto congruamente motivate, ha ricondotto la decisione del D. di procedere comunque all’intervento, oltre l’orario contrattualmente previsto per l’uso della sala operatoria e senza avvisare il superiore, ad uno “scoordinato zelo” e per fronteggiare una situazione particolare (“vibrate e intemperanti proteste da parte del paziente circa la prefigurata posticipazione della sua cura chirurgica alla quale il malato era stato preparato sin dalla sera precedente”).
18. Da qui è stato, in sostanza, escluso il carattere di colpevolezza nella condotta del medico.
19. La conclusione è conforme all’orientamento di legittimità che esclude rilevanza disciplinare al fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, con conseguente applicazione della tutela reintegratone (Cass. 20.9.2016 n. 18418; Cass. 10.5.2018 n. 11322) e non appare incoerente rispetto agli standards esistenti nella realtà sociale, ai fini della concretizzazione del concetto di giusta causa di licenziamento, perché comunque la condotta era diretta a garantire la salute degli utenti e l’affidabilità della struttura erogatrice del relativo servizio.
20. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso principale deve essere rigettato; conseguentemente resta assorbita la trattazione del ricorso incidentale proposto in via condizionata.
21. Al rigetto del ricorso principale la condanna alle spese del presente giudizio, secondo il criterio della soccombenza.
22. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo limitatamente al ricorrente principale; il controricorrente, il cui ricorso incidentale sia dichiarato assorbito, non può essere condannato al pagamento del doppio del contributo unificato, trattandosi di sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ex art. 13 comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 (cfr. Cass. 25.7.2017 n. 18348; Cass. 19.7.2018 n. 19188).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di D. Antonio, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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