CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 marzo 2022, n. 8295
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in cassazione – Intervenuto annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale – Cessazione della materia del contendere – Cassazione di precedente pronuncia di svafore al contribuente
Fatti di causa
1. Con avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate accertò, per l’anno 1995, nei confronti di G.C., cantante lirica, un reddito di lavoro autonomo di lire 479.916.000, non dichiarato, determinato sulla base dei compensi corrisposti alla contribuente da alcuni teatri.
In particolare, l’Ufficio finanziario rilevò che la C. era tenuta a dichiarare tali redditi perché residente in Italia, e non nel Principato di Monaco, e che la cancellazione dalla popolazione residente e l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituivano elementi determinanti per escludere il domicilio o la residenza in Italia, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.
2. Proposto ricorso avverso l’atto impositivo, l’adita Commissione tributaria provinciale di Napoli lo respinse.
Interposto appello, la sentenza venne confermata dalla C.T.R. con sentenza n. 61/24/05, con la quale i giudici di merito osservarono che la contribuente aveva sempre avuto nel territorio dello Stato la sede principale dei propri interessi di vita e professionali, anche se dal 1987 possedeva una residenza all’estero.
3. Tale decisione venne confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza del 25 febbraio 2010, n. 4564, che rigettò il ricorso della contribuente.
Avverso la sentenza d’appello la C., con distinto atto, propose ricorso per revocazione dinanzi alla C.T.R., deducendo il contrasto di detta pronuncia con altre, passate in giudicato, che avevano riconosciuto la residenza all’estero, nonché l’erronea valutazione delle ritenute effettuate dai teatri sostituti d’imposta sui compensi corrisposti.
4. La Commissione tributaria regionale dichiarò inammissibile il ricorso per revocazione.
Osservò, in particolare, che <<il punto relativo alla residenza effettiva o fittizia della sig.ra C.>> non poteva formare oggetto di esame, in quanto l’eccezione di giudicato esterno formatosi sulla medesima questione era stata proposta anche dinanzi alla Corte di Cassazione che non l’aveva presa in considerazione quando aveva rigettato i primi due motivi di ricorso proposti dalla contribuente, cosicché il ricorso per revocazione doveva ritenersi inammissibile. Quanto alla dedotta mancanza di danno erariale per essere state operate ritenute alla fonte da parte dei teatri, sottolineò che il giudice d’appello aveva tenuto ben presente le ritenute alla fonte effettuate da parte dei teatri e riconosciute dall’Amministrazione finanziaria, cosicché non poteva dirsi sussistente l’errore di fatto ex art. 395, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
5. Contro la suddetta decisione G.C. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.
6. La contribuente, in data 8 ottobre 2015, ha depositato, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comunicazione del 19 maggio 2015, protocollata al n. 70377/2015, con la quale l’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Napoli, ha affermato che la sig.ra G.C. aveva effettiva residenza a Montecarlo – Principato di Monaco
– e che pertanto la pretesa azionata dall’Agenzia non era fondata.
Fissata per la discussione l’udienza pubblica del 26 settembre 2019, questa Sezione, all’esito della camera di consiglio, dato atto che la contribuente, con nota del 7 ottobre 2016, aveva chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere per avere l’ufficio annullato in autotutela gli accertamenti emessi a suo carico, mentre l’Avvocatura generale dello Stato aveva chiesto il rinvio della causa a nuovo ruolo, ha accolto l’istanza di quest’ultima, al fine di accertare se fosse effettivamente intervenuta revoca in autotutela dell’atto impositivo impugnato.
Con memoria del 30 novembre 2019 l’Agenzia delle entrate ha confermato di avere provveduto all’annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento oggetto di impugnazione, come da allegata nota della Direzione Provinciale di Napoli del 18 novembre 2019.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso in riferimento al Ministero dell’Economia e delle Finanze posto che, come questa Corte ha in più occasioni precisato, in tema di contenzioso tributario, a seguito del trasferimento alle agenzie fiscali, da parte dell’art. 57, comma 1, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, di tutti i <<rapporti giuridici>>, i <<poteri>> e le <<competenze>> facenti capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire dal 1 gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza dell’art. 1 del d.m. 28 dicembre 2000), unico soggetto passivamente legittimato è l’Agenzia delle Entrate e la controversia non può instaurarsi nei confronti del Ministero (Cass., sez. 5, 12/11/2010, n. 22992; Cass., sez. 5, 28/01/2015, n. 1550; Cass., sez. 5, 23/01/2020, n. 1462).
2. Con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 395, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. perché, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R., l’eccezione di giudicato non era stata formulata con il precedente ricorso per cassazione (ma solo, irritualmente, con memoria difensiva), né era stata esaminata dalla Corte di Cassazione, con la conseguenza che il giudice della revocazione avrebbe dovuto pronunciarsi sul punto.
3. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente censura la sentenza gravata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) nella parte in cui la C.T.R. non ha ravvisato un errore di fatto.
4. Non ricorrono i presupposti per l’esame nel merito dei motivi di ricorso formulati dalla contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate.
4.1. Come sopra esposto, nelle more del giudizio, l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Napoli, con provvedimento in autotutela dell’Ufficio legale del 19 maggio 2015, prot. n. 70377/2015, ha affermato che, in ragione della copiosa documentazione prodotta dalla contribuente e delle ragioni dalla stessa addotte per contrastare l’assunto dell’Ufficio, doveva ritenersi che G.C. avesse effettiva residenza a Montecarlo – Principato di Monaco – e che, pertanto, la pretesa fiscale azionata non fosse fondata.
4.2. Ciò constatato, va ribadito che «In tema di processo tributario, la causa di estinzione del giudizio, prevista dall’art. 46 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, prevale anche su eventuali cause di inammissibilità del ricorso per cassazione e va dichiarata con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perché inidonee a regolare il rapporto fra le parti» (Cass., sez. 5, 23/09/2011, n. 19533; Cass., sez. 6-5, 18/04/2017, n. 9753).
5. In applicazione di tale principio, relativamente al ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio per cessazione della materia del contendere.
Stante l’esito della controversia, le spese processuali possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Dichiara, relativamente al ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, cessata la materia del contendere e cassa la sentenza impugnata.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.