CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 ottobre 2018, n. 25661
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Sentenza di appello – Motivazione per relationem – Difetto di autosufficienza – Nullità della sentenza. – IVA – Operazioni cd. cambio merce – Operazioni permutative – Momento impositivo – Obbligo di fatturazione
Fatti di causa
Pacifico tra le parti è che all’epoca dei fatti S., cui è subentrata R. Pubblicità, era, in virtù di una convenzione, la concessionaria esclusiva della pubblicità radiofonica e televisiva della R., la quale ne deteneva l’intero capitale sociale. In particolare, la convenzione prevedeva la facoltà di S. di procedere alla vendita di spazi pubblicitari ricevendone come corrispettivi cc.dd. cambi merce.
L’Agenzia delle entrate ha qualificato come permutative queste operazioni, sicché ha ritenuto che la S. avrebbe dovuto fatturare ai clienti committenti la pubblicità le prestazioni pubblicitarie eseguite per l’intero importo e che i clienti committenti avrebbero dovuto fatturare alla S. le operazioni di cambio merce.
L’Agenzia, in relazione a tali operazioni contestò ai fini iva per l’anno 2006 l’omessa fatturazione di operazioni imponibili e l’omessa regolarizzazione di acquisti.
A tanto l’Ufficio aggiunse il rilievo concernente l’illegittimità della detrazione dell’iva concernente le fatture passive ricevute dalla R. per le prestazioni pubblicitarie eseguite tramite R. International (ora R. Italia), che l’Agenzia ritenne indebitamente assoggettate a imposta, pur in mancanza del requisito della territorialità.
Infine l’Agenzia recuperò l’iva che aveva assunto indebitamente detratta, perché concernenti acquisti di beni, ossia di generi alimentari, per i quali l’art. 19-bis 1 del d.P.R. n. 633/72 prevedeva limiti alla detrazione.
La società impugnò il relativo atto di contestazione delle sanzioni conseguenti, ottenendone il parziale annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, con riferimento alla detrazione dell’iva riguardante le prestazioni pubblicitarie irradiate da R. International in territorio extra UE.
Quella regionale ha accolto l’appello della società con riferimento al trattamento impositivo delle operazioni di cd. cambio merce.
In particolare, il giudice d’appello ha considerato che:
– le operazioni di cambio merce vanno considerate come permute a effetti obbligatori, sicché il momento impositivo necessita dell’individuazione da parte di S. dei beni o dei servizi che ne sono oggetto;
– in relazione agli acquisti degli autoveicoli va assunta una nozione qualitativa e non quantitativa dell’attività d’impresa;
– l’identità dei rapporti S./R./R. International, qualificabili come mandato senza rappresentanza, comporta la detraibilità dell’iva, poiché l’Agenzia non ha mosso alcun rilievo in ordine alla speculare fatturazione delle operazioni da parte di R.;
– quanto alla detrazione dell’iva concernente gli acquisti di beni alimentari e alle sanzioni, va condivisa la decisione di primo grado.
Contro questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, che illustra con memoria, cui l’Agenzia replica con controricorso e ricorso incidentale, anch’esso articolato in due motivi, cui la società reagisce con controricorso.
Ragioni della decisione.
1. – Fondati sono i due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente, perché afferenti a questioni simili, con i quali la contribuente si duole della nullità della sentenza impugnata in relazione rispettivamente all’affermata indetraibilità dell’iva concernente gli acquisti di generi alimentari e alladebenzadelle sanzioni.
L’art. 118 disp. att. c.p.c. prescrive la concisione della redazione della sentenza. La motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché, però, resti autosufficiente, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica.
1.1. – La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass., ord. 8 gennaio 2015, n. 107).
In definitiva, è legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, purché il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto (tra varie, Cass. 7 maggio 2012, n. 7347 e 10 ottobre 2015, n. 20648).
1.2. – Nel caso in esame, di contro, il giudice d’appello neanche riporta le argomentazioni di quello di primo grado, limitandosi a rimarcarne la <<corretta e adeguata motivazione>> in relazione all’«acquisto di generi alimentari che “nulla hanno a che vedere con l’attività propria di S.” e in punto sanzione>>. Né ha illustrato le ragioni poste al riguardo a fondamento dell’appello.
Il ricorso va in conseguenza accolto.
2. – Il ricorso incidentale affronta poi il tema concernente il trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da S., il quale si articola in due sottotemi.
Il primo riguarda nel caso in esame due operazioni:
- – quelle intercorse tra S. e i suoi clienti committenti le prestazioni;
- – quelle di c.d. cambio merce rese a S. dai clienti,
che sono oggetto del primo motivo del ricorso incidentale, col quale l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 6, 4° comma, e 21 del d.P.R. n. 633/72, nonché dell’art. 2697 c.c.
2.1. – La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che alla relazione tra Sipra e i suoi clienti si adatti l’ampio modello delle operazioni permutative regolate ai fini dell’iva dall’art. 11 del d.P.R. n. 633/72; si tratta, tuttavia, secondo il giudice d’appello, di permute a effetti obbligatori, sicché il momento impositivo coincide pur sempre con quello di esecuzione della seconda prestazione che funge da corrispettivo.
Ciò perché soltanto la scelta della merce consentirebbe alla prestatrice S. di divenirne proprietaria e quindi di poterla a propria volta cedere a terzi.
In definitiva, in base al ragionamento della Commissione, il momento impositivo ai fini iva delle due operazioni sarebbe il medesimo, ossia la scelta da parte di S. oppure il pagamento del corrispettivo da parte dei clienti.
2.2. – Secondo l’Agenzia, di contro, l’emissione di fattura per una delle due prestazioni che compongono la complessiva operazione permutativa innesca l’obbligo di fatturazione anche dell’altra, senza che occorra verificare il momento in cui ciascuna sia stata eseguita.
3. – Le operazioni tra S. e i clienti costituiscono un’unica complessa: e ciò <<alla luce della reciprocità delle prestazioni tra le … società e della duplice qualità di ciascuna parte nell’ambito del loro rapporto giuridico, in quanto fornitore, da un lato, e beneficiario, dall’altro>>, sicché <<le due operazioni devono essere distinte>> (Cortegiust. 13 giugno 2018, causa C- 421/17,Polfarmex Spófka Akcyjna w Kutnie).
3.1. – In questo contesto, corretto è l’inquadramento dell’operazione S./clienti committenti in seno a quelle permutative regolate dall’art. 11 del d.P.R. n. 633/72.
Questa norma, che reca la rubrica “operazioni permutative e dazioni in pagamento”, stabilisce che <<le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni e prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono state effettuate>>.
3.2. – Le operazioni permutative rilevanti ai fini dell’iva hanno quindi oggetto più ampio rispetto a quello del contratto di permuta disciplinato dall’art. 1552 c.c., in quanto, oltre che agli scambi di cosa con cosa e di diritto con diritto, si estendono agli scambi di beni e servizi e di servizi con altri servizi (Cass. 23 dicembre 2000, n. 16173 e ord. 30 novembre 2017, n. 28723).
E, nel caso in esame, la ricostruzione dei fatti offerta in sentenza, che non è oggetto di contestazione fra le parti, evidenzia che le prestazioni pubblicitarie, ossia i servizi prestati da S., sono stati fronteggiati dall’impegno dei committenti clienti a fornire beni e servizi.
3.3. – Il fatto che all’esecuzione di una prestazione di servizi corrisponda l’impegno a eseguire una cessione di beni oppure a eseguire una prestazione di servizi non è d’ostacolo alla configurazione dell’operazione permutativa: è il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi o dalla futura cessione di beni una determinata opera da realizzare, coincidente col bene futuro, a essere assunto come termine di scambio con la prestazione di servizi già eseguita, corrispondente al bene presente (in termini, con riguardo alla permuta, Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479 e 25 ottobre 2013, n. 24172).
A norma dell’art. 11 del d.P.R. n. 633/72, allora, le due operazioni che compongono la complessiva operazione permutativa vanno tassate separatamente.
3.4. – Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, allora, le prestazioni di servizi eseguite da S. sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione, e non già, come vorrebbe il giudice d’appello, soltanto al momento dell’individuazione di beni e servizi oggetto dei cc.dd. cambi merce.
Le sezioni unite di questa Corte hanno difatti fatto chiarezza (con sentenza 21 aprile 2016, n. 8059; conf., tra varie, ord. 7 dicembre 2017, n. 29371) su concetti centrali dell’iva, distinguendo tra fatto generatore dell’imposta, da cui scaturisce l’obbligazione tributaria, esigibilità, ossia attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa da parte dell’erario e pagamento. Il fatto generatore di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacché esso in realtà s’identifica col materiale espletamento dell’operazione. È quindi questo a determinare l’insorgenza del presupposto impositivo e, quindi, la rilevanza fiscale dell’attività ai fini dell’iva. Se ne legge conferma nella giurisprudenza unionale: <<conformemente all’articolo 63 di tale direttiva, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diviene esigibile, nel momento in cui viene effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi>> (Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, KollroG e Wirti, punto 38).
3.5. – Rispetto al materiale espletamento dell’operazione, sia essa cessione di beni oppure prestazione di servizi, il rilascio della fattura o l’incasso del corrispettivo sono presupposti di esigibilità, il verificarsi dei quali al più può determinare l’anticipazione del momento impositivo, qualora gli Stati membri nell’esercizio della loro discrezionalità l’abbiano previsto, giammai la sua posticipazione.
Questa ricostruzione trova conferma nell’art. 26 del d.P.R. n. 633/72, il quale prevede che l’omessa riscossione del corrispettivo non comporta la caducazione dell’obbligazione tributaria, della quale il presupposto impositivo si sia già verificato e rinviene copertura costituzionale negli artt. 3 e 53 Cost., in particolare nell’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, in dipendenza di eventi correlati a scelte (quelle concernenti la fatturazione o il pagamento del corrispettivo) casuali e soggettive.
4. – Nel contempo, tuttavia, l’esecuzione della prestazione pubblicitaria, oltre a determinarne l’imponibilità e l’esigibilità, funge altresì da adempimento del corrispettivo previsto per la futura cessione o la futura prestazione di servizi che i clienti committenti si sono impegnati a eseguire.
Ai fini della valutazione di rilevanza di un tale anticipato adempimento giova considerare che l’art. 10, 2° comma, n. 2 della sesta direttiva (corrispondente all’art. 65 della direttiva n. 2006/112, nonché, nell’ordinamento interno, all’art. 6, 4° comma, del d.P.R. n. 633 del 1972), si discosta dall’ordine cronologico consueto, là dove prevede che, nel caso di versamento di un acconto, l’iva diventa esigibile senza che la cessione o la prestazione siano state ancora eseguite. Affinché in tal caso l’imposta possa diventare esigibile, occorre, peraltro, che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già noti alle parti e, in particolare, che, nel momento del versamento dell’acconto, i beni o i servizi siano specificamente individuati (Corte giust. in causa C- 419/02, punto 48; 31 maggio 2018, in causa C-660/16, cit.).
Sicché anche la circostanza che la data futura di esecuzione della cessione o della prestazione non sia nota con precisione al momento del versamento dell’acconto o del corrispettivo non consente di concludere che gli elementi rilevanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, non sono noti. Inoltre, l’assenza di tale precisione non è tale, di per sé, da rimettere in discussione la certezza della cessione o della prestazione (Corte giust. in causa C-660/16, punto 45).
Ciò in quanto, ha chiarito questa Corte, nel caso di anticipato pagamento (come in quello di anticipata fatturazione dell’acquisto), il contenuto economico dell’operazione si considera già -in tutto o in parte- realizzato, dando vita al presupposto fiscalmente sufficiente per la sua imponibilità, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27141 e 22 maggio 2015, n. 10606).
4.1. – In definitiva, come rilevava la Commissione a motivazione della proposta della sesta direttiva, <<quando vengono incassati acconti anteriormente al fatto generatore, il loro incasso rende esigibile l’imposta, poiché i contraenti dimostrano in tal modo di voler trarre anticipatamente tutte le conseguenze finanziarie legate alla realizzazione del fatto generatore>>.
E questa disciplina, benché non riferita espressamente alla permuta, va comunque anche a essa applicata in virtù del principio di parità di trattamento che presidia il sistema dell’iva, poiché le operazioni di permuta, in cui il corrispettivo è per definizione in natura, e le operazioni per le quali il corrispettivo è in danaro sono, dal punto di vista economico e commerciale, due situazioni identiche (Corte giust. 19 dicembre 2012, causa C-549/11, Orfey Bulgaria EOOD, punti 35-36 e 26 settembre 2013, causa C-283/12, Serebryannay vek EOOD, punto 39).
4.2. – Qualora al momento del pagamento anticipato non siano compiutamente individuati i beni o i servizi, le relative operazioni non saranno immediatamente imponibili, ma lo diverranno non appena le cessioni o le prestazioni saranno eseguite.
4.3. – Sono quindi erronee le statuizioni della sentenza impugnata, in virtù delle quali la Commissione tributaria regionale ha escluso in radice l’esigibilità e della prestazione eseguita da S. e di quelle comunque eseguite dalle clienti committenti.
Ne deriva l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale proposto dall’Agenzia; occorre, in particolare, verificare se, come sostiene l’Agenzia, sia possibile evincere dalla rilevazione dei saldi positivi o negativi delle reciproche fatturazioni, l’individuazione dei beni o dei servizi oggetto dei cc.dd. cambi merce in epoca anticipata rispetto alle rispettive cessioni e prestazioni.
5. – Il secondo tema pertinente al trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte daSipraconcerne il loro carattere di extraterritorialità, quanto a quelle diffuse tramite R. INTERNATIONAL fuori dal territorio dell’allora Comunità europea, che il giudice d’appello ha escluso, facendo leva sull’identità delle prestazioni oggetto dei rapporti Sipra/R./R. international e sull’esecuzione di esse fuori dal territorio dell’Unione.
Il tema è oggetto del secondo motivo del ricorso incidentale, col quale l’Agenzia lamenta la violazione degli artt. 3 e 7 del d.P.R. n. 633/72, facendo leva sul fatto che Sipra, per conto della controllante R., vendesse spazi pubblicitari sul canale R. International le cui trasmissioni nell’anno in questione non erano diffuse in Europa.
5.1. – Pacifico è in fatto che le prestazioni siano state eseguite in Italia, anche se destinate all’estero.
5.2. – Va premesso che la nozione di prestazione pubblicitaria implica quella di pubblicità, che, in base alla definizione che ne ha fornito la Corte di giustizia (in particolare con sentenza 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione c. Francia), comporta necessariamente la diffusione di un messaggio destinato a informare il consumatore dell’esistenza e delle qualità di un prodotto o di un servizio, allo scopo di incrementarne le vendite; e tale diffusione in genere avviene mediante parole, scritti o immagini via stampa, radio o televisione (punto 36).
La circostanza, pacifica in fatto, che la trasmissione del messaggio sia avvenuta col mezzo televisivo gestito dalla R. conduce all’applicabilità alla catena di rapporti R./S. e S./clienti committenti la pubblicità delle regole stabilite dalla giurisprudenza unionale (Corte giust. 19 febbraio 2009, causa n. 1/2008, Soc. Athesia Druck, resa su pregiudiziale proposta da questa Corte).
5.3. – La Corte di giustizia ha chiarito che, per un verso, l’art. 9, n. 2, lett. e), secondo trattino, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso si applica non soltanto alle prestazioni pubblicitarie fornite direttamente e fatturate dal prestatore di servizi a un committente di pubblicità soggetto passivo, ma anche a prestazioni fornite indirettamente al committente di pubblicità e fatturate a un terzo che le fattura a sua volta al committente (punto 23 della sentenza, in cui si richiama giurisprudenza conforme).
Per conseguenza, il carattere indiretto delle prestazioni, dovuto al fatto che esse sono state fornite o fatturate da un primo prestatore, ossia nel nostro caso dalla R., a un destinatario intermedio, ossia nell’ipotesi in questione alla S., a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari (prestazioni che, secondo il giudice d’appello, si è visto, corrispondono a quelle poi rese ai terzi), prima di essere fatturate da quest’ultima al committente di pubblicità, non osta all’applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva.
Sicché, soltanto se il destinatario intermedio della prestazione sia stabilito fuori del territorio dell’Unione, il luogo della prestazione va anch’esso fissato fuori, ossia dove ha sede detto destinatario, senza che assuma rilevanza il fatto che questo non sia il committente finale di pubblicità.
5.4. – A tanto la Corte ha aggiunto, per altro verso, che, in deroga alla regola generale stabilita dall’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva, il successivo art. 9, n. 3, lett. b) consente a uno Stato membro di considerare il luogo di prestazione dei servizi situato al di fuori della Comunità a norma di detto articolo come se fosse situato all’interno del paese quando l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego hanno luogo all’interno del paese.
Facoltà che nel caso in esame è stata esercitata dallo Stato italiano, il quale con l’art. 7, 4° comma, lett. d), nel testo vigente ratione temporis, ha stabilito che <<le prestazioni pubblicitarie…, di radiodiffusione e di televisione, le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici…, nonché le prestazioni di intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle… si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità economica europea>>.
5.4.1. – Ebbene, la Corte di giustizia ha chiarito <<che, per paese all’interno del quale hanno luogo l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego. in base all’art. 9, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, s’intende, in materia di prestazioni pubblicitarie, il paese dal quale vengono diffusi i messaggi pubblicitarie>> (punto 29 della sentenza in causa Soc. AthesiaDruck). E, giustappunto con riguardo alla diffusione in Italia, ha soggiunto che <<indipendentemente dalla circostanza che i destinatari di tali prestazioni possano essere distribuiti in tutto il mondo, è certo che i media italiani sono diffusi soprattutto in Italia. Pertanto, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego di messaggi pubblicitari devono essere considerati, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, effettuati in Italia>> (punti 30 e 31 della medesima sentenza).
5.5. – Corretta è dunque nel dispositivo la sentenza impugnata, benché se ne debba correggere la motivazione, calibrata esclusivamente sulla natura di mandato senza rappresentanza della convenzione tra R. e Sipra.
La censura va quindi respinta.
6. – In definitiva, in accoglimento del ricorso principale, nonché del primo motivo di quello incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai profili accolti, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:
“In tema di iva, il momento impositivo della prestazione pubblicitaria remunerata col diritto al c.d. cambio merce, ossia alla futura cessione di beni o alla futura prestazione di servizi da parte del committente la pubblicità, che s’inquadra nel novero delle operazioni permutative, coincide con l’effettuazione della prestazione, la quale, costituendo a sua volta il corrispettivo anticipato del c.d. cambio merce, determina al contempo l’imponibilità anche di questa prestazione, purché ne sia già noto l’oggetto alle parti”.
“In tema di iva, la prestazione pubblicitaria eseguita mediante diffusione del messaggio pubblicitario per il tramite di mezzo radiotelevisivo ubicato in Italia a un’impresa, anch’essa ubicata in Italia, a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari, prima di essere fatturata da quest’ultima al committente di pubblicità, è munita del requisito della territorialità, benché sia indirizzata e giunga a utenti ubicati fuori dal territorio dell’Unione europea”.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale, nonché il primo motivo di quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.
Rigetta nel resto il ricorso incidentale.
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