CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 dicembre 2019, n. 33142
Omissioni contributive – Trattamento economico di malattia – Contributi per maternità
Fatti di causa
1 L’I.N.P.S. (anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A.) propone ricorso, con un motivo, avverso la sentenza n. 644/2013, pubblicata il 28 maggio 2013, della Corte d’appello di Torino che ha rigettato l’appello proposto dall’ente previdenziale nei confronti della s.p.a. D. – avente causa dall’Enel s.p.a.-, contro la sentenza di primo grado che, nel giudizio di opposizione alla cartella avente ad oggetto il pagamento di somme derivanti da omissioni contributive antecedenti al primo gennaio 2009, aveva dichiarato l’insussistenza delle pretese contributive azionate dall’Inps in ragione dell’applicabilità dell’art. 20 d.l. n. 112 del 2008, conv. in l. n. 133 del 2008 con riferimento, non solo all’esonero della contribuzione per malattia, trattandosi di datore di lavoro che ha corrisposto il relativo trattamento con esonero dell’Inps dal relativo obbligo, ma anche – in via analogica – con riferimento all’esonero dalla contribuzione di maternità non previsto testualmente.
2. La Corte territoriale ha ritenuto, con riferimento all’obbligo contributivo della società opponente, derivante dal processo di trasformazione e privatizzazione dell’E.N.E.L. S.p.A., che l’art. 6 della l. n. 138 del 1943, che esonera l’I.N.P.S. dal pagamento dell’indennità di malattia quando il datore di lavoro è tenuto, in base a contratto collettivo, a corrispondere la retribuzione durante la malattia del dipendente, fosse applicabile anche all’indennità di maternità, con la conseguente insussistenza dell’obbligo di versamento della relativa contribuzione all’I.N.P.S.
3. D. s.p.a. resiste con controricorso illustrato da memoria.
4. Equitalia Nord s.p.a. è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
5. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS denuncia plurime violazioni di legge (artt. 20, d.l. n. 112/2008, conv. con L. n. 133 del 2008, artt. 22, c. 2 e 79 d.lgs. n. 151 del 2001 e 6 L. n. 138 del 1943, art.1, c. 1 d.P.R. n. 145 del 1965), per avere la Corte di merito ritenuto che la prima delle disposizioni citate, che nell’interpretare autenticamente l’art. 6 cit. ha previsto che «i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo», si applicasse anche ai trattamenti e ai contributi per maternità, con la conseguenza che, avendo il successivo comma 2, lett. a), dell’art. 20 cit. previsto l’obbligo per «le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto» di versare «la contribuzione per maternità» soltanto «a decorrere dal primo gennaio 2009», nessuna contribuzione a tale titolo poteva l’ INPS richiedere per il periodo precedente.
6. Il ricorso è fondato.
7. Questa Corte, in più occasioni, ha già avuto modo di chiarire che le società che, come l’odierna controricorrente, derivano la loro genesi dal processo di trasformazione dell’ENEL, sono obbligate al pagamento della contribuzione per maternità anche per il periodo anteriore al primo gennaio 2009, nonostante il versamento diretto del trattamento dovuto alle lavoratrici madri, non essendo estensibile a tali contributi l’esonero previsto dall’art. 20, l. n. 112 del 2008, conv. con L. n. 133 del 2008, con riferimento ai contributi per malattia, in favore dei datori di lavoro che abbiano corrisposto direttamente ai lavoratori la relativa indennità (cfr., fra le più recenti, Cass. 15 ottobre 2018, n. 25712 e i precedenti ivi richiamati).
8. A supporto di tale conclusione si è sottolineato che l’obbligo, per tali società, di corrispondere ai propri dipendenti il trattamento di maternità discende dai contratti collettivi, e non già dall’art. 1 d.P.R. n. 145 del 1965, che deve ritenersi disposizione ormai priva di efficacia diretta, in quanto legata necessariamente all’esistenza dell’ente pubblico economico denominato Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, già venuto meno a seguito della sua trasformazione in società per azioni, per effetto del d.l. n. 333 del 1992, e poi ulteriormente scomposto in più società a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico realizzata dalla legge delega n. 128 del 1999 e dal successivo d.lgs. n. 79 del 1999, resa necessaria dal rispetto degli obblighi derivanti dalla direttiva 96/92/CE.
9. Va, quindi, richiamato il principio che informa la materia degli obblighi contributivi relativi alle società partecipate da enti pubblici che questa Corte di cassazione ha più volte recentemente affermato e che si compendia nell’affermazione secondo cui nessuna deroga all’ordinaria obbligatorietà del versamento dei contributi previdenziali può discendere dalla origine di tali soggetti, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione pur maggioritaria, ma non totalitaria, da parte dell’ente pubblico (cfr., in tal senso Cass. n. 8591/2017 in tema di contributi per cassa integrazione guadagni.
10. Va, altresì, ribadito- sulla scorta di Cass. S.U. n. 10232 del 2003 e di Corte cost. n. 47 del 2008 – che il fondamento della previdenza sociale sta nel principio di solidarietà e che il concetto di sinallagma, inteso quale equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del sistema previdenziale, accompagnandosi all’apporto contributivo delle categorie interessate il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della solidarietà generale, con la conseguenza che, non esistendo tra prestazioni e contributi un nesso di reciproca giustificazione causale e ben potendo, dunque, persistere l’obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni, il rinvio ai criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria per le malattie, contenuto nell’art. 15, l. n. 1204 del 1971, in tema di corresponsione dell’indennità di maternità, non consente di per sé di estendere ai contributi per la maternità l’esonero dall’obbligo contributivo previsto per i datori di lavoro tenuti a versare l’indennità di malattia.
11. Va rilevato che dalle statuizioni di Cass. S.U. n. 10232 del 2003, così come quelle di Corte cost. n. 47 del 2008, è dato ricavare un principio di carattere generate relativo alla natura sostanzialmente impositiva della contribuzione previdenziale pubblica ed all’assenza di logiche di stretta correlazione tra obbligo contributivo e prestazione alla stessa sottese.
12. Per altro verso, l’individuazione delle previsioni contrattuali collettive quali fonti esclusive dell’obbligo di corresponsione dell’indennità di maternità da parte della società intimata assolve al compito di giustificare la persistenza di tale obbligazione a seguito del venir meno dell’efficacia precettiva del disposto dell’art. 1 d.P.R. n. 145 del 1965 trattandosi di obbligazione di fonte collettiva, e non più legale, il suo adempimento non può logicamente essere invocato dall’odierna parte intimata al fine di garantirsi l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali relativi all’indennità di maternità.
14. Non può sorgere dubbio di legittimità costituzionale, peraltro, sul presupposto di una disparità di trattamento tra le società derivate dalla trasformazione dall’ente pubblico e quelle generatesi dello scorporo delle prime posto che l’art. 1, d.P.R. n. 145 del 1965 ha continuato a trovare applicazione anche quanto alle società derivanti dalla cosiddetta prima privatizzazione, dai momento che la sua efficacia precettiva deve ritenersi venuta meno a seguito della trasformazione dell’ENEL in società per azioni.
15. Di conseguenza non può in alcun modo trarsi dall’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del 2008 cit., alcun indizio sintomatico della volontà del legislatore di assoggettare le società derivanti dal processo di trasformazione dell’ENEL al pagamento dei contributi per maternità solo a far data dal primo gennaio 2009, come invece ritenuto dalla sentenza impugnata.
16. Tale obbligo, infatti, doveva ritenersi immanente al sistema in ragione dei rilievi di ordine sistematico dianzi enunciati, restando naturalmente salva la facoltà del legislatore di renderlo manifesto attraverso un’apposita disposizione di legge a carattere meramente ricognitivo (cfr. in tal senso, tra le tante, Corte cost. nn. 230 del 2016, 346 del 2010, 401 del 2007).
18. Neppure possono desumersi argomenti contrari dall’art. 3, comma 2, l. n. 218 del 1990, che, oltre i diritti quesiti, ha fatto salvi «gli effetti di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica dell’ente di appartenenza», giacché tale disposizione, originariamente introdotta per i dipendenti degli enti creditizi e successivamente estesa anche ai dipendenti dell’ENEL in virtù del d.l. n. 198 del 1993, conv. con I.n. 292 del 1993, si riferisce espressamente, ed esclusivamente, alle situazioni giuridiche dei dipendenti degli enti pubblici oggetto di trasformazione in soggetti di diritto privato e non può in alcun modo costituire la base normativa per attribuire situazioni di vantaggio in favore dei loro datori di lavoro.
19. Il ricorso, in conclusione, va accolto e la sentenza impugnata va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendo nel merito, va quindi affermato l’obbligo del pagamento dei contributi per maternità indicati nella cartella opposta.
20. La complessità e problematicità delle questioni trattate impone la compensazione integrale delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara dovuti i contributi per maternità di cui alla cartella opposta; dichiara interamente compensate le spese dell’intero processo.
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