CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 luglio 2018, n. 18809
Appalto – Diritti dei lavoratori dipendenti da imprese appaltatrici nei confronti degli imprenditori appaltanti – Interposizione fittizia di manodopera dei soci lavoratori – Verbale ispettivo
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di l’Aquila, con sentenza n. 994 pubblicata il 10.10.2012, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l’opposizione proposta dalla S.a.s. I. C. “T.C.” alla cartella di pagamento notificata il 31.3.2003.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che il termine di decadenza di un anno dalla cessazione dell’appalto, introdotto dall’art. 4 della L. n. 1369 del 1960 per l’esercizio dei diritti dei lavoratori dipendenti da imprese appaltatrici nei confronti degli imprenditori appaltanti, avesse efficacia limitata ai diritti suscettibili di essere fatti valere direttamente dai lavoratori e non potesse estendersi ad un soggetto terzo, quale l’ente previdenziale.
3. Nel merito, ha ritenuto dimostrata, in base alle prove testimoniali raccolte, alla documentazione acquisita e alle dichiarazioni rese in sede ispettiva dal legale rappresentante della S.a.s. I. C. “T.C.”, l’interposizione fittizia di manodopera dei soci lavoratori della Cooperativa A.C. in favore della società committente.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la International Camping T.C. di R.M., affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso l’Inps.
5. Equitalia Pragma s.p.a. è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso International Camping T.C. di R.M. ha dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, L. n. 1369 del 1960, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
2. Ha richiamato la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 4663 del 1983; Cass. n. 5185 del 1983; Cass. n. 3216 del 1875) che, in epoca anteriore alla sentenza n. 996 del 2007, aveva ritenuto il termine di decadenza di cui al citato art. 4 applicabile anche ai diritti vantati dall’Istituto previdenziale nei confronti delle imprese appaltanti, invocando una rimessione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite.
3. Ha rilevato come l’art. 4 della L. 1369 del 1960 assoggettasse a decadenza “i diritti spettanti ai prestatori di lavoro ai sensi dell’articolo precedente” e come quest’ultimo, cioè l’art. 3, prevedesse la responsabilità solidale del committente anche con riferimento “all’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi di previdenza ed assistenza”, con conseguente erroneità di una interpretazione, quale quella adottata dalla Corte di merito, che consente agli enti previdenziali di trarre vantaggio dal regime di solidarietà senza sottostare al predetto termine decadenziale.
4. Il motivo di ricorso deve ritenersi infondato in quanto l’unico argomento speso dalla società, e che fa leva sulla lettera delle disposizioni in esame, appare già superato dalla condivisibile motivazione di cui alla sentenza di questa Corte n. 996 del 2007, seguita da altre pronunce conformi (cfr. Cass. n. 6532 del 2014; Cass. ord. n. 11861 del 2011), sicché è da escludere anche l’attualità di un contrasto interpretativo rilevante ai sensi dell’art. 374 c.p.c.
5. Una interpretazione incentrata sulla lettera del combinato disposto degli artt. 3 e 4 della L. n. 1369 del 1960 e sulla ratio sottesa al dato normativo mostra come il legislatore abbia voluto introdurre una obbligazione di carattere solidale al fine di garantire, ai dipendenti delle imprese appaltatrici, un trattamento minimo inderogabile retributivo ed un trattamento normativo non inferiore a quello dei dipendenti degli appaltanti, sempre che si sia in presenza di specifiche prestazioni da effettuarsi all’interno dell’azienda di questi ultimi, ed abbia altresì inteso estendere, sempre a garanzia dei suddetti dipendenti, la solidarietà tra committente ed appaltatore anche alle prestazioni scaturenti dalle leggi di previdenza ed assistenza.
6. D’altra parte, che nella scrutinata normativa siano contemplati unicamente i committenti e gli appaltatori si deduce con certezza dalle espressioni del legislatore che fa, per quanto riguarda i primi, ricorso alla parola “imprenditori” (“Gli imprenditori che appaltano” e “Gli imprenditori sono altresì tenuti …” rispettivamente ai commi 1 e 3, art. 3) e, per quanto riguarda la parte coobbligata con questi, alla parola “appaltatore” (cfr. ancora commi 1 e 3 del citato art. 3). Che la disciplina del termine decadenziale riguardi sempre ed unicamente il committente e l’appaltatore – e non qualsiasi altro soggetto estraneo alla conclusione del contratto lavorativo perché terzo rispetto ad esso – trova ulteriore e definitivo conforto nel testo dell’art. 4, il cui richiamo ai diritti spettanti ai prestatori di lavoro “ai sensi dell’articolo precedente” appare estremamente eloquente in tale senso. Tale conclusione trova, sotto altro versante, conferma nella piena autonomia del rapporto previdenziale facente capo all’Inps, (cfr. Cass. n. 9774 del 2002; Cass. n. 4141 del 2001; Cass. n. 6029 del 1984).
7. Le considerazioni svolte portano al rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente, in base al principio di soccombenza, alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Inps liquidate come in dispositivo. Nulla per le spese nei confronti della parte rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore dell’Inps, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
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