CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 luglio 2019, n. 18998
Tributi – ICI – Base imponibile – Atti attributivi o modificativi di rendita catastale – Efficacia dalla data di notificazione – Fabbricati non iscritti in catasto – Applicabilità per annualità di imposta anteriori (“sospese”), ancora suscettibili di accertamento, di liquidazione o di rimborso
Fatti di causa
La C.T.R. di NAPOLI con sentenza 1111/47/16 rigettava l’appello proposto dal Comune di Ischia avverso la sentenza della CTP di NAPOLI 18606/46/2015, emessa nei confronti di L.N. sas di M.F.. La ricorrente aveva proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo all’ICI per l’anno 2009, con riferimento ad un immobile sito nel Comune di Ischia alla via (…), eccependo la carenza di motivazione dell’atto e la mancata notifica della rendita catastale utilizzata per il calcolo ICI. Il ricorso era stato accolto dalla CTP di Napoli.
Con il proposto appello il Comune di Ischia aveva sostenuto che non era necessaria la notifica preventiva della rendita, pur trattandosi di una procedura DOCFA. Nel rigettare il gravame la CTR aveva, viceversa, affermato, anche alla luce del disposto della legge n. 212/2000, che la disposizione di cui all’art. 74 della legge n. 342/2000 stabiliva che, a decorrere dal 1.1.2001, gli atti di attribuzione o di modifica della rendita catastale avevano effetto per il contribuente soltanto dal giorno della loro notificazione. A differenza della precedente disciplina (art. 5 n. 4 d.lgs. 504/92) che faceva riferimento alla mera comunicazione della rendita, la nuova normativa, che imponeva la notificazione, non poteva essere interpretata in senso peggiorativo e meno garantistico di quella precedente. Nella specie era pacifico che la rendita posta alla base dell’avviso di accertamento impugnato era quella diversa modificata dall’Ufficio e per la quale non risultava la notifica alla contribuente.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso innanzi a questa Corte il Comune di Ischia eccependo:
1 – nullità – errata interpretazione di norme di legge – violazione e falsa applicazione degli artt. 74 legge 342/2000, 2, comma 1 lett. a) e 11 d.lgs. 504/1994 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c..
2 – nullità – errore del procedimento – violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 5 e 11 d.lgs n. 504/92 e 74 legge n. 340/2000 e art. 2 comma 41 legge n. 350/2003 e 19 comma 3 D.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c..
L’intimata L.N. sas di M.F. non si costituiva.
Ragioni della decisione
A sostegno del primo motivo di ricorso il ricorrente deduceva che l’art. 74 citato, nello stabilire che gli atti modificativi o attributivi della rendita catastale avevano efficacia dalla loro notifica, non aveva voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire del quale l’amministrazione comunale poteva richiedere la nuova rendita ed il contribuente poteva tutelare le sue ragioni contro di essa non potendosi confondere l’efficacia della modifica della rendita catastale (coincidente con la notificazione dell’atto) con la sua applicabilità che, invece, andava riferita all’epoca della variazione materiale che aveva portato alla modifica. Se dalla notificazione discendeva l’efficacia degli atti attributivi o modificativi delle rendite, ciò non comportava la inutilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, ai fini impositivi, anche per le annualità di imposte anteriori (“sospese”), ancora suscettibili di accertamento, di liquidazione o di rimborso. Di conseguenza la determinazione della base imponibile, tanto per i fabbricati non iscritti al catasto, quanto per quelli in relazione ai quali fossero intervenute variazioni permanenti andava sempre effettuata per le annualità pregresse, in base alla rendita catastale, a prescindere dall’epoca di notificazione o di definitiva attribuzione.
La censura è fondata. Come osservato in più occasioni dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 23600/2011), in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, nel prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica, ma non esclude la utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi, anche per annualità di imposta anteriori (“sospese”), ancora suscettibili di accertamento, di liquidazione o di rimborso. Ne consegue che la determinazione della base imponibile, tanto per i fabbricati non iscritti in catasto, quanto per quelli in relazione ai quali siano intervenute variazioni permanenti, va sempre effettuata, anche per le annualità pregresse, in base alla rendita catastale, a prescindere dall’epoca di notificazione o di definitiva attribuzione, (conforme a S.U. n. 3160 del 9.2.2011). Sul punto anche Cass. 7434/2014.
In ragione della corretta interpretazione della norma di cui al richiamato art. 74, l’Ufficio, definitivamente accertata la rendita come variata dall’Agenzia del Territorio (rispetto alla quale non erano state sollevate contestazioni e che non era stata evocata in giudizio) aveva correttamente applicatole rendite rivalutate (da detta Agenzia) non solo ai periodi successivi di imposta, ma anche a quelli ancora suscettibili di accertamento, ove lo stato dell’immobile che aveva determinato le rendite, fosse rimasto immutato. Il termine ai sensi dell’art. 11 d.lgs. 504/92 come novellato dall’art. 1 comma 173 lett. d) legge 27.12.2006 n. 296, era quello del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati, o avrebbero dovuto, essere effettuati. Pertanto considerando che la denuncia era intervenuta nel 2003 e che l’Agenzia del Territorio aveva fatto la sua variazione nel 2004 (divenuta definitiva per mancata contestazione), l’Ufficio poteva reatroagire per cinque anni l’omesso pagamento dell’imposta per la contribuente.
A sostegno del secondo motivo l’Ufficio rilevava che il tema dell’omessa notifica delle rendite catastali andava superato dalla effettiva legale conoscenza delle rendite medesime che la contribuente aveva avuto in data antecedente non solo all’atto di accertamento, ma anche al maturare del debito.
In proposito evidenziava come l’Ente impositore in data 15.10.2007 avesse notificato alla ricorrente avvisi di accertamento ICI per gli anni 2002 – 2003-2004 ed era pertanto perfettamente a conoscenza della nuova rendita da utilizzare per il pagamento dell’imposta per l’anno 2009. La CTR di Napoli con sentenze n. 60/32/12 e sentenze n. 296/31/12 e 9742/18/14 avevano accolto la tesi del Comune di Ischia.
Pertanto essendo il primo atto di accertamento intervenuto nell’anno 2007, a mente dell’art. 19 comma 3, d.lgs. 546/92, doveva ritenersi, con riguardo ad un primo profilo, che la notifica del primo atto di accertamento relativo a dette rendite integrasse la notifica di queste ultime ponendo il contribuente nella condizione di piena e legale conoscenza di tale evento; con riguardo ad un secondo profilo, ove si censurasse l’atto successivo per omessa notifica dell’atto presupposto, il richiamato art. 19 comma 3, d.lgs. 546/92 consentiva, di impugnare anche quest’ultimo in uno con l’atto successivo e la mancata impugnazione rendeva conseguentemente l’atto presupposto definitivo.
Nel caso in esame, avendo ricevuto la notifica degli atti di accertamento ICI con rendita modificata dall’anno 2007, la mancata impugnazione aveva dato valore di legale conoscenza di detta rendita per l’anno 2009 e l’eccezione di omessa notifica formulata nell’anno 2014 doveva ritenersi inammissibile.
Sul punto questa Corte (Cass. 25550/2014) ha precisato che in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la disciplina prevista dall’art. 74, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, per la quale la notifica dell’atto impositivo ai fini ICI vale anche come atto di notificazione della rendita attribuita, comporta l’obbligo di impugnazione autonoma dell’atto modificativo della rendita catastale nei 60 giorni dalla data della notifica, stante l’autonomia tra i giudizi di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale e dell’atto impositivo emanato dall’ente locale. Ne consegue che, in caso di omessa impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, quest’ultimo diviene definitivo, non potendosi estendere l’effetto sospensivo della richiesta di accertamento con adesione, di cui all’art. 12, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, all’autonomo giudizio di impugnazione dell’atto quale attributivo della rendita catastale.
Va infine evidenziato, come questa Corte, con riferimento ad altro procedimento tra le stesse parti, in cui ricorrente era la società N. S.a.s., relativo ad altre annualità (2003-2004), abbia avuto modo di confermare gli stessi principi qui affermati. (Cass. 4971/2018).
Le spese seguono la soccombenza relativamente al giudizio di legittimità, con compensazione delle spese del giudizio di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso. Condanna la società contribuente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.900,00, oltre spese generali ed accessori di legge. Dichiara compensate le spese del giudizio di merito.
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