CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 luglio 2019, n. 19025
Licenziamento – Inidoneità fisica alle mansioni di meccanico montatore – Impossibilità di assegnazione di mansioni compatibili equivalenti o, anche inferiori – Accertamento
Fatto
Con sentenza 2 novembre 2017, la Corte d’appello di Bologna rigettava il reclamo proposto da R. G. avverso la sentenza di primo grado, di pari reiezione della sua opposizione all’ordinanza dello stesso Tribunale di impugnazione del licenziamento intimatole con lettera del 14 febbraio 2014 da M.B.M. s.r.l. per inidoneità fisica alle mansioni di meccanico montatore.
In esito a scrutinio delle risultanze istruttorie, la Corte territoriale escludeva la sussistenza di alcuna violazione datoriale delle prescrizioni stabilite dal d.lg. 626/1994 e dal d.lg. 81/2008 in tema di movimentazione dei carichi (nel reparto di montaggio delle biciclette, cui la lavoratrice era sempre stata addetta come operaia) ed in ogni caso del nesso causale con la situazione di accertata inidoneità alle mansioni, posta alla base del licenziamento intimato: nell’irrilevanza dell’accertamento operato al riguardo dall’Inail, su presupposti diversi e in misura piuttosto modesta (pari al 6% di invalidità), con la conseguenza della superfluità dell’esibizione documentale e della natura esplorativa della C.t.u. medico-legale richieste.
L’accertata consistenza delle mansioni di operaia costantemente svolte dalla lavoratrice (per il carattere accessorio e marginale rispetto a quelle di “coordinatore della produzione” in quanto pur sempre collegate allo svolgimento di attività manuale) comportava poi l’esclusione del demansionamento.
Infine, la Corte felsinea riteneva pure legittimo il licenziamento per la verificata impossibilità di assegnazione a R. G. di mansioni compatibili equivalenti o, anche inferiori, in difetto di altre soluzioni nell’organigramma e per le esigenze della società datrice; né individuava, tanto meno, alcun motivo illecito determinante o condotte in frode alla legge.
Con atto notificato il 29 dicembre 2017, la lavoratrice ricorreva per cassazione con nove motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resisteva la società con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 2087 c.c., 47 ss. d.lg. 626/94, 15, 18, 19, 30, 36, 37, 71, 73 167 ss. e all. 33 d.lg. 81/2008 in connessione con artt. 40, 41 c.p., 2697 c.c., per erronea esclusione del valore probatorio della certificazione Inail in ordine all’esistenza del nesso causale tra l’attività svolta dalla lavoratrice e la malattia professionale contratta, nonché delle risultanze dell’istruttoria orale, con riguardo in particolare alla gravosità dell’impegno fisico richiestole (per la movimentazione manuale di pesanti pacchi senza l’ausilio di strumenti meccanici, come invece prescritto dalle disposizioni normative denunciate), incompatibile con le sue certificate condizioni di salute, ai fini della responsabilità datoriale per inadempimento all’obbligo di sicurezza.
2. Con il secondo, ella deduce violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. ed omesso esame di risultanze istruttorie decisive, per una corretta ricostruzione del fatto costituito dalla movimentazione manuale dei carichi in difformità dalle prescrizioni normative, senza ausilio di mezzi meccanici ed in assenza nel DVR (documento di valutazione dei rischi) di misure atte a prevenirne il rischio, con una conseguente non corretta sussunzione in riferimento al nesso di causalità e alla responsabilità datoriale, senza neppure accedere alle fondate richieste di C.t.u. per i relativi accertamenti o di esibizione di documentazione dall’Inail ai sensi dell’art. 213 c.p.c., con eventuale ricorso ai poteri officiosi previsti dall’art. 421 c.p.c.
3. Con il terzo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 111 Cost., con motivazione eccessivamente generica o perplessa e contraddittoria, in ordine al negato valore probatorio della certificazione Inail senza il supporto scientifico che solo la C.t.u. richiesta avrebbe potuto fornire.
4. Con il quarto, ella deduce violazione dell’art. 3 I. 604/1966 in connessione con gli artt. 1463, 1464 c.c., 1 e 4 I. 68/1999, per illegittimità del licenziamento dipendente da sopravvenuta inidoneità fisica della lavoratrice dovuta a responsabilità datoriale per inadempimento all’obbligo di sicurezza prescritto dall’art. 2087 c.c..
5. Con il quinto, la ricorrente deduce violazione dell’art. 3 I. 604/1966 in connessione con gli artt. 1463, 1464 c.c., 1, 4 e 10 I. 68/1999, per difetto di giustificazione del licenziamento dipendente da inadempimento datoriale.
6. Con il sesto, ella deduce violazione dell’art. 3 I. 604/1966 in connessione con gli artt. 1463, 1464 c.c., 1, 4, 10 I. 68/1999, 41, 42 d.lg. 81/2008, 5 I. 300/1970, per difetto di giustificazione del licenziamento in assenza di idonea visita medica e in violazione dell’obbligo datoriale di adozione di ragionevoli misure organizzative per consentire la prestazione del lavoratore disabile, oltre che del principio di uguaglianza per discriminazione tra lavoratori obbligatoriamente assunti come disabili e lavoratori che lo siano divenuti in corso di rapporto.
7. Con il settimo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 3 I. 604/1966 in connessione con gli artt. 4 I. 68/1999, 42 d.lg. 81/2008, 1175, 1375 c.c., 1, 2, 3 d.lg. 216/2003 e Direttiva 2000/78 CE, per illegittimità del licenziamento in assenza o non correttezza di esperimento del repechage, per mancata adozione di accomodamenti ragionevoli nell’organizzazione del lavoro per consentire la prestazione della lavoratrice, anche a tempo parziale.
8. Con l’ottavo, ella deduce violazione dell’art. 3 I. 604/1966 in connessione con gli artt. 2103 c.c., 1 tit. II, sez. IV CCNL metalmeccanici industria, 42 d.lg. 81/2008, per erronea ricostruzione delle mansioni effettivamente spettanti alla lavoratrice (di “responsabile per la catena di montaggio ” o di “coordinatrice della produzione” e non di operaia addetta al “montaggio”), in assenza di un accertamento di inidoneità con il conseguente difetto di giustificazione del licenziamento.
9. Con il nono, la ricorrente deduce violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. ed omesso esame di risultanze istruttorie decisive, per una corretta ricostruzione delle mansioni di “coordinatore della produzione” attribuite alla lavoratrice, pure in assenza di un accertamento di inidoneità.
10. In via di premessa, osserva la Corte come la lavoratrice abbia proposto domande riguardanti l’invalidità del licenziamento sotto molteplici profili di illegittimità e di inefficacia (petita) e per plurimi titoli giustificativi (causae petendi), nell’articolata formulazione delle conclusioni del ricorso introduttivo (trascritte in nota sub 10 a pgg. 8, 9 e 10 dell’odierno ricorso), anche previo accertamento della responsabilità datoriale per violazione dell’art. 2087 c.c. e della disciplina antinfortunistica (così in via subordinata sub 5, nella nota citata). E sempre richiedendo la condanna reintegratoria e risarcitoria della società datrice, in conseguenza dell’illegittimità del licenziamento intimatole il 14 febbraio 2014, mai proponendo alcuna domanda risarcitoria per la violazione dell’art. 2087 c.c., direttamente ed esclusivamente dipendente da inadempimento datoriale agli obblighi protettivi.
La preliminare constatazione operata rende ragione della concentrazione dell’esame sulla fattispecie di (il)legittimità del licenziamento per sopravvenuta impossibilità della prestazione, a causa di inidoneità della lavoratrice, esclusivamente devoluta, a prescindere sostanzialmente dal suddetto inadempimento, in quanto privo di autonoma rilevanza per la verificata carenza di domanda che l’abbia ad oggetto, ma piuttosto strumentalmente implicato nell’accertamento di tale illegittimità.
11. Ebbene, tanto chiarito, occorre allora avviare l’esame dal quarto (violazione degli artt. 3 l. 604/1966, 1463, 1464 c.c., 1 e 4 l. 68/1999, per illegittimità del licenziamento dipendente da sopravvenuta inidoneità fisica della lavoratrice dovuta a responsabilità datoriale) e dal quinto motivo (violazione dell’art. 3 l. 604/1966, in connessione con gli artt. 1463, 1464 c.c., 1, 4 e 10 l. 68/1999, per difetto di giustificazione del licenziamento dipendente da inadempimento datoriale), congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione.
11.1. Essi sono innanzi tutto ammissibili.
11.2. E lo sono perché non intesi ad una diversa ricostruzione del fatto accertato in funzione di una sua rivisitazione nel merito, indeferibile in sede di legittimità; ma piuttosto censurano le norme di legge denunciate di violazione in virtù di una corretta deduzione di erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione), che postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo e indiscusso e cui è pertanto estranea ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (Cass. 13 marzo 2018, n. 6035).
11.3. Ma essi sono anche fondati.
11.4. La fattispecie oggetto di scrutinio, conseguente alla devoluzione operata dalla denuncia di violazione delle norme suindicate, è di (il)legittimità del licenziamento per sopravvenuta inidoneità della lavoratrice allo svolgimento delle mansioni di meccanico montatore (così al primo capoverso di pg. 20 della sentenza).
In proposito è principio consolidato che, in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo di recesso datoriale dal contratto di lavoro subordinato (a norma degli artt. 1 e 3 I. 604/1966, 1463 e 1464 c.c.) non sia ravvisabile per effetto della sola ineseguibilità dell’attività attualmente svolta dal prestatore di lavoro, perché può essere esclusa dalla possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività, che sia riconducibile (alla stregua di un’interpretazione del contratto secondo buona fede) alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103 cod. civ.) o, se ciò sia impossibile, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore (Cass. s.u. 7 agosto 1998, n. 7755; Cass. 6 novembre 2002, n. 15593; Cass. 18 aprile 2011, n. 8832). E l’esistenza di una tale posizione costituisce onere di allegazione e prova del datore di lavoro (Cass. 3 agosto 2018, n. 20497).
11.5. Sicché, pur senza ricorrere agli adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro (purché comportanti un onere finanziario proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche dell’impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro dei colleghi dell’invalido) ai fini della legittimità del recesso, in applicazione dell’art. 3, comma 3bis d.lg. 216/2003, di recepimento dell’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5 (Cass. 20 marzo 2018, n. 6898; Cass. 26 ottobre 2018, n. 27243), in quanto riguardanti ipotesi, quale il licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore derivante da una condizione di handicap, eccedente la situazione fisica di R. G., occorre tuttavia una rigorosa verifica della sua diversa utilizzabilità nell’impresa.
Ed essa deve riguardare tutte le prestazioni equivalenti, o eventualmente anche inferiori, esistenti in essa. Ora, la Corte territoriale, pure richiamando i suenunciati principio di diritto (dall’ultimo capoverso di pg. 20 all’ultimo di pg. 21 della sentenza), li ha in realtà disattesi nell’accertamento in fatto concretamente operato, avendolo limitato soltanto alle mansioni effettivamente svolte dalla lavoratrice, ma non anche ad altre attività, oggetto di esemplificazione solo parziale, siccome “mansioni mai svolte in concreto dalla reclamante nel corso del suo non breve rapporto di lavoro” (così all’ultimo capoverso di pg. 24 della sentenza).
112. Dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento dei motivi congiuntamente esaminati, con assorbimento di tutti gli altri e la cassazione della sentenza, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
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