CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 marzo 2018, n. 6504
Tributi – Agevolazioni fiscali – Contratto di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria – Applicazione imposta sostitutiva in luogo delle imposte ipotecarie – Condizioni – Durata minima del finanziamento – Clausola di recedibilità ad nutum della banca – Revoca benefici
Fatti rilevanti e ragioni della decisione
1. L’Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 100 del 21 ottobre 2011 con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione notificato a V. Banca Holding Scpa, ed al soggetto finanziato, in conseguenza della revoca dei benefici dalla banca usufruiti, ex artt. 15 e 17 D.P.R. 601/73, in relazione ad un contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria, regolato su conto corrente acceso con contratto di pochi giorni antecedente.
Lamenta l’amministrazione finanziaria, in particolare, che in sede di merito sia stato riconosciuto alla banca il diritto all’agevolazione in questione (mediante pagamento di imposta sostitutiva in luogo delle ordinarie imposte ipotecarie) nonostante che l’operazione, unitariamente considerata, fosse connotata dalla facoltà di recesso ad nutum della banca (come da clausola relativa al contratto di conto corrente, richiamato nel rogito notarile di finanziamento ipotecario); sicché la stessa non presentava durata minima del finanziamento di 18 mesi, come richiesto dall’ultimo comma dell’articolo 15 cit. per i benefici fiscali sulle operazioni di credito a medio e lungo termine.
Resiste con controricorso V. Banca spa (già V. Banca Holding scpa); la quale ripropone – nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso avversario – la questione, già dedotta in appello e lì ritenuta assorbita, della nullità dell’avviso di liquidazione in oggetto per carenza di motivazione (violazione degli articoli 6 e 7 legge 212/00 e dell’articolo 3 L. 241/90).
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dal soggetto finanziato, anch’esso intimato.
2.1 Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce – ex art. 360, 1 co. n. 3 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 15 co. 3 d.P.R. 601/73 cit. e 7 co. 1 d.l. 7/07, conv. in L. 40/07.
Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente basato il proprio convincimento di irrilevanza, nella specie, del diritto di recesso ad nutum della banca erogatrice (perché concretante mera “clausola di stile”) su una disposizione (art. 7 cit.) che concerneva esclusivamente il diverso aspetto del recesso anticipato del “soggetto finanziato”.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta violazione o falsa applicazione dell’articolo 15 d.P.R. 601/73 cit.; per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che, ai fini fiscali, rilevava la previsione pattizia (nella specie sussistente, con riguardo al collegato contratto di conto corrente richiamato dall’apertura di credito ipotecaria) di recedibilità ad nutum della banca; nulla rilevando che, di fatto, il rapporto fosse proseguito oltre il termine minimo di 18 mesi dalla stipula.
2.2 Si tratta di motivi suscettibili di considerazione congiunta, in quanto entrambi basati – nella prospettiva della violazione dell’art. 15 cit. – sull’erronea ricostruzione del regolamento negoziale da parte della commissione tributaria, con conseguente indebito riconoscimento dell’agevolazione di legge.
Tali motivi – che non si ritengono affetti dai profili di inammissibilità dedotti dalla banca nel controricorso, in quanto sufficientemente specifici ed autosufficienti ex art. 366 n.6) cpc – sono fondati nei termini che seguono.
Va premesso che la CTR (sent. pagg. 9-10) ha esplicitato i passaggi fondamentali del proprio convincimento, osservando che: – la facoltà di recesso ad nutum riconosciuta alla banca costituiva mera “clausola di stile”, essendo “all’evidenza” correlata ad ipotesi di inadempimento contrattuale del debitore; – il limite temporale di cui all’articolo 15 d.P.R. 601/73 non era escluso dalla facoltà di recedibilità ad nutum dal contratto di finanziamento, posto che quest’ultima era riconosciuta ex lege dal c.d. “decreto Bersani”; – in ogni caso, la revoca dalla agevolazione era qui preclusa dalla circostanza che il rapporto si fosse comunque protratto ben oltre il termine minimo di cui all’articolo 15 cit., il che attestava ulteriormente l’interesse delle parti a tenere fermo il vincolo per tutto il periodo indicato in contratto.
Questo argomentare non può ritenersi dirimente nel senso voluto dal giudice di merito.
Tali non sono, in particolare, i richiamati passaggi motivazionali con i quali la commissione tributaria regionale ha definito “di stile” la clausola in esame.
Argomentando tale convincimento, da un lato, sull’affermazione – apodittica, e contrastante con la rilevata incidenza della clausola su un rapporto di finanziamento ipotecario che richiamava la regolamentazione del conto corrente – secondo cui tale clausola sarebbe “all’evidenza’”correlata alla sola ipotesi di inadempimento contrattuale del debitore; e, dall’altro, sul richiamo ad una disciplina di legge (“decreto Bersani”) nella specie ininfluente, perché concernente la diversa ipotesi di recesso anticipato (che la legge ha successivamente voluto non oneroso: art. 7 d.l. 7/07, conv. in l. 40/07) “del mutuatario” e non, come nella specie, dell’istituto erogante.
Ed analogamente va detto per quanto concerne l’asserita ostatività al disconoscimento dell’agevolazione costituita dalla circostanza che il rapporto di finanziamento in esame ebbe comunque a protrarsi per più di 18 mesi; circostanza fattuale, questa, che deve ritenersi normativamente irrilevante ai fini di un’imposizione che concerne “l’atto” (come ab initio voluto e configurato dalle parti), e non il “rapporto” contrattuale nel suo svolgimento.
Si rileva che analoga fattispecie è stata – tra le parti – già decisa da questa corte di legittimità con la sentenza n. 7254/16; alle cui considerazioni si rimanda, ed alla quale (stante la sostanziale identità delle questioni giuridiche devolute) si intende dare qui seguito.
Nel richiamare le considerazioni sottese a quella decisione si ritiene, in particolare, di applicare anche alla presente fattispecie il principio di diritto colà enunciato (desunto da un pregresso e consolidato orientamento di legittimità).
Secondo cui, in base alla lettera ed alla ratio dell’art. 15 cit., “ciò che assume rilievo determinante è l’assunzione di un vincolo negoziale per un arco di tempo minimo stabilito dalla legge, indipendentemente dalle vicende successive del rapporto”; in maniera tale “che la previsione, nel contratto di finanziamento, di una clausola in base alla quale l’azienda di credito ha la facoltà di recedere unilateralmente e senza preavviso anche prima della scadenza dei 18 mesi, priva dall’origine il credito della sua natura temporale (medio-lunga) richiesta dalla norma di agevolazione tributaria, degradando la durata del rapporto ad elemento variabile in funzione dell’interesse dell’azienda di credito” (Cass. 28879/08, con richiamo a Cass. 1585/94, 4792/02, 11165/05, 14046/06; nello stesso senso, più di recente, Cass. 12928/13 e 2188/15).
Dovendosi poi ribadire nella fattispecie in esame (resa anch’essa peculiare dall’articolazione contrattuale tra conto corrente bancario da un lato, ed apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria, dall’altro) che l’effetto ostativo all’agevolazione, così individuato, deve operare anche nell’ipotesi in cui la clausola di recesso ad nutum – a favore della banca – sia contenuta in un contratto di conto corrente che – in esito all’applicazione del criterio interpretativo di valutazione complessiva ed interdipendente del regolamento negoziale tra le parti (rilevante, per l’imposta di registro, anche ex art. 20 d.P.R. 131/86, nella formulazione vigente ratione temporis) – risulti collegato al contratto di finanziamento.
La sentenza impugnata non ha fatto applicazione di questo indirizzo, là dove ha affermato la spettanza dell’agevolazione sulla scorta di elementi – quelli su riportati – come detto inconferenti, ovvero senz’altro contrastanti con la corretta interpretazione dell’art.15 cit..; tralasciando, per contro, di vagliare la rilevanza, ai fini dell’ostatività all’agevolazione, del collegamento individuato tra i due contratti.
3. Venendo ora alla riproposizione in questa sede, da parte della banca, della questione concernente l’asserita carenza di motivazione dell’atto impositivo, si rileva come si tratti di questione che la commissione tributaria regionale – pronunciando sul merito dell’atto medesimo – ha implicitamente disatteso.
E tale decisione deve ritenersi corretta, dal momento che l’avviso di liquidazione – il cui tenore motivazionale essenziale è stato trascritto in ricorso – faceva inequivoco riferimento al fatto che i benefici fiscali concessi dovessero decadere “per mancanza della condizione oggettiva di cui all’articolo 15, terzo comma, d.P.R. 601/73”; con contestuale enunciazione del venir meno di tale condizione oggettiva con il mancato rispetto “del limite temporale previsto per la facoltà di recesso (18 mesi e 1 giorno)”.
Ora, in considerazione del fatto che tale avviso di liquidazione faceva riferimento alla specifica e ben individuata operazione di finanziamento ipotecario con regolazione in conto corrente intercorsa tra la banca stessa e la società-cliente, non può non riconoscersi come l’atto in oggetto contenesse tutti gli elementi essenziali alla identificazione della pretesa impositiva ex art. 7 legge 212/00. Così quanto, sia alla “ragione giuridica” individuata nella normativa citata; sia al “presupposto fattuale” individuato nella stipulazione di un finanziamento ipotecario suscettibile di venir meno prima del decorso di 18 mesi ed 1 giorno. Né poteva tralasciarsi di considerare che il livello motivazionale dell’avviso di liquidazione in questione andava riguardato alla luce della peculiarità di un caso nel quale la revoca dalla agevolazione fiscale discendeva, secondo la prospettazione dell’agenzia delle entrate, non dall’esercizio di poteri discrezionali od estimativi necessitanti di diversa e più approfondita illustrazione, bensì dal mero raffronto interpretativo tra la disciplina negoziale complessiva e quella risultante dal citato articolo 15 d.P.R. 601/73.
E nemmeno, da ultimo, poteva disconoscersi come la motivazione così offerta dall’avviso di liquidazione opposto non avesse in alcun modo impedito nè reso più difficile, da parte della banca, la completa comprensione delle ragioni impositive; così come l’effettivo e conseguenziale esercizio del proprio diritto di difesa.
4. In definitiva, il ricorso va accolto; con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla commissione tributaria regionale del Veneto la quale, in diversa composizione, riconsidererà la fattispecie alla luce dei su riportati principi di diritto. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione.
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