CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 marzo 2018, n. 6603
Comunicazione tardiva di assunzione di lavoratori subordinati – Pagamento dei contributi – Riduzione sanzioni civili
Fatti di causa
1. Con sentenza depositata il 24.8.2012 la Corte di appello di Milano, in riforma della pronuncia del Tribunale di Monza, ha parzialmente accolto la domanda della società Z.P. s.a.s. di G.Z. & C. di riduzione delle sanzioni civili comminate, ex art. 36 bis, comma 7, lett. a), d.l. n 223 del 2006 (convertito dalla legge n. 248 del 2006), dall’INPS per tardiva comunicazione (pari a sei giorni) dell’instaurazione di otto rapporti di lavoro subordinato.
2. La Corte distrettuale ha confermato la natura di sanzioni civili (e non amministrative) degli importi richiesti dall’ente previdenziale (euro 3.000,00 per ciascun lavoratore) per comunicazione tardiva di assunzione di lavoratori subordinati ed avendo verificato il pagamento dei contributi dovuti entro il termine fissato dal verbale ispettivo notificato al datore di lavoro, ha provveduto ad applicare la riduzione delle sanzioni così come previsto dall’art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 124 del 2004.
3. Per la cassazione della sentenza impugnata l’INPS propone ricorso fondato su un motivo. La società oppone difese con controricorso proponendo ricorso incidentale.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo l’INPS denunzia violazione degli artt. 3, comma 3, del decreto legge n. 12 del 2002 convertito dalla legge n. 73 del 2002 e 13, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del 2004 nonché vizio di motivazione (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente applicato a sanzioni civili una disposizione dettata per le sanzioni amministrative.
2. Con ricorso incidentale la società denunzia violazione degli artt. 3, comma 3, del decreto legge n. 12 del 2002 convertito in legge n. 73 del 2002 come modificato dall’art. 36bis del decreto legge n. 223 del 2006 convertito dalla legge n. 248 del 2006 nonché vizio di motivazione (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale erroneamente ritenuto applicabili le sanzioni civili anche a fronte di mero ritardo, e non di evasione, del versamento dei contributi. L’INPS ha erroneamente applicato le sanzioni civili previste dall’art. 3, comma 3 del decreto legge n. 12 del 2002 nonostante non ricorresse l’ipotesi, ivi disciplinata, di “lavoro sommerso” in quanto la società – al momento dell’accertamento ispettivo, ossia il 29.10.2007 – aveva effettuato le dovute comunicazioni e versamenti agli enti previdenziali e la mancata copertura contributiva del periodo iniziale dei lavoratori (periodo dall’1 al 5.11.2006) non integra gli estremi del lavoro sommerso.
3. Preliminarmente, va rilevato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 254 del 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 36-bis, comma 7, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge del 23 aprile 2002, n. 73, nella parte in cui stabiliva che: «L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata». Il giudice delle leggi ha rilevato che l’art. 36- bis, comma 7, lettera a), del d.l. n. 223 del 2006 (che ha modificato l’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002) ha fortemente inciso sul meccanismo di commisurazione delle sanzioni civili rendendo più rigorosa la disciplina sanzionatoria del lavoro non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria così come disciplinata dall’art. 116 della legge 23.12.2000, n. 388 e prevedendo una soglia minima di 3.000 euro per ogni lavoratore (disciplina successivamente modificata, con la legge n. 183 del 2010, non applicabile ratione temporis a questa fattispecie, che ha previsto unicamente un aumento del 50 per cento delle sanzioni determinate sulla scorta del criterio stabilito dall’art. 116, comma 8, della legge n. 388 del 2000). Ancorando l’importo minimo della sanzione civile unicamente al numero di «lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria», la disposizione ha, però, reso la sanzione del tutto sproporzionata rispetto alla gravità dell’inadempimento del datore di lavoro e incoerente con la sua funzione risarcitoria, considerato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, l’obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi ha natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo una conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, che è posta allo scopo di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato all’istituto assicuratore (ex multis, Cass. civ., sez. lav., 19 giugno 2009, n. 14475; Cass. civ., sez. lav., 1 agosto 2008, n. 24358; Cass. Civ., sez. lav., 19 giugno 2000, n. 8323). Irragionevolezza della sanzione che appare evidente proprio nei casi in cui l’inadempimento contributivo concerne brevi periodi.
4. Il ricorso principale è fondato.
L’art. 13 della legge n. 124 del 2004 applicata dalla Corte distrettuale per la riduzione delle sanzioni civili determinate dall’INPS ha ad oggetto esclusivamente le sanzioni amministrative, come è reso evidente dal tenore testuale della disposizione normativa che dispone: “1. In caso di constatata inosservanza delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze comunque sanabili, fissando il relativo termine. 2. In caso di ottemperanza alla diffida, il datore di lavoro è ammesso al pagamento dell’importo delle sanzioni nella misura pari al minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa. Il pagamento dell’importo delle sanzioni amministrative estingue il procedimento sanzionatorio.” [omissis]
La Corte distrettuale ha erroneamente interpretato la disposizione normativa applicando alle sanzioni civili un sistema di determinazione riservato alle sanzioni amministrative.
5. Il ricorso incidentale è fondato.
Alla luce della pronuncia del giudice delle leggi e ritenuti inammissibili la parte degli argomenti esposti nel motivo e tendenti a rivalutare, nel merito, il comportamento inadempiente del datore di lavoro, dovrà valutarsi se la sanzione civile applicata dall’INPS per il ritardo (di pochi giorni) nel versamento dei contributi dovuti sia irragionevolmente eccessiva e vada calcolata secondo i criteri dettati dall’art. 116 della legge n. 388 del 2000.
6. I ricorsi, principale e incidentali, vanno pertanto accolti, la sentenza impugnata va cassata e, richiedendosi nuovi accertamenti di merito in ordine alla determinazione delle sanzioni civili da applicare per il ritardo (di 6 giorni) nel versamento dei contributi relativi a 8 lavoratori dipendenti con i criteri dettati dall’art. 116 della legge n. 388 del 2000, la causa va rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per i profili concernenti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.
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