CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 ottobre 2020, n. 22489
Tributi – IVA – Accertamento – Fatture per operazioni ritenute soggettivemente inesistenti – Indizi presuntivi – Onere di prova contraria
Ritenuto in fatto
D.E. S.r.l. impugnava un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2002, con il quale veniva contestata l’indetraibilità dell’Iva relativa alle operazioni poste in essere con il fornitore S.C. s.r.l. nonché la omessa regolarizzazione degli acquisti intracomunitari effettuati dalla S.C. s.r.l. scaturente dalle risultanze istruttorie derivanti dalla verifica fiscale eseguita su quest’ultima società la quale altro non era che un soggetto interposto tra i fornitori intracomunitari e i reali acquirenti dei beni.
La contribuente impugnava l’avviso davanti la Commissione Tributaria Provinciale di Torino, la quale, con sentenza n.142/21/2010 respingeva il ricorso.
Proposto appello dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con sentenza n.10/28/12 depositata in data 29.2.2012 lo accoglieva sul presupposto dell’insussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti e della mancanza di prova che la società contribuente fosse parte della frode.
Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidando il suo mezzo a otto motivi.
D.E. s.r.l. resiste con controricorso nel quale ha chiesto applicarsi l’ius superveniens di cui al DL 16 del 2012, art. 8.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo l’Ufficio deduce omessa od insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. nella parte in cui la CTR aveva affermato che “dalla lettura dell’avviso non si rileva in modo compiuto la natura della violazione commessa”.
La censura è fondata.
La CTR ha ritenuto che l’avviso non fosse adeguatamente motivato affermando “effettivamente dalla lettura dell’avviso non si rileva in modo compiuto la natura della violazione commessa. La motivazione è discorsiva ed evidenzia le caratteristiche del soggetto interposto. Ciononostante si comprende genericamente il rilievo mosso al contribuente che necessita di svolgere la propria difesa su obiettivi ben precisi”.
Questa Corte ha affermato (Sez. 5, Sentenza n. 22003 del 17/10/2014) che “nel procedimento tributario, la motivazione dell’avviso di accertamento assolve ad una pluralità di funzioni atteso che garantisce il diritto di difesa del contribuente, delimitando l’ambito delle ragioni deducibili dall’ufficio nella successiva fase processuale contenziosa, consente una corretta dialettica processuale, presupponendo l’onere di enunciare i motivi di ricorso, a pena di inammissibilità, e la presenza di leggibili argomentazioni dell’atto amministrativo, contrapposte a quelle fondanti l’impugnazione, e, infine, assicura, in ossequio al principio costituzionale di buona amministrazione, un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, permettendo di comprendere la “ratio” della decisione adottata“.
Nella specie l’Agenzia ha riprodotto in ossequio al principio di autosufficienza l’avviso di accertamento, dal quale si evince con chiarezza che veniva contestata la indebita detrazione dell’Iva portata da 21 fatture (puntualmente indicate) emesse da S.C. S.r.l., ritenute inesistenti e, in conseguenza di ciò la omessa regolarizzazione di operazioni di acquisto intracomunitarie, da ascriversi direttamente alla D.E. s.r.l. tanto che la società contribuente, invitata ad esibire tutta la documentazione contabile relativa ai rapporti intercorsi con la Sistemi & Co. S.r.l., ha prodotto all’ufficio copia delle 21 fatture ricevute da quest’ultima e risposta al questionario mod. 55 a riprova della comprensione della violazione contestata.
La CTR con motivazione contraddittoria, ha da un lato affermato che non si comprendeva in modo compiuto la natura della violazione commessa, senza esplicitare cosa, nell’avviso, non fosse comprensibile e dall’altro ha affermato “ciononostante si comprende genericamente il rilievo mosso al contribuente” senza chiarire in cosa consistesse l’insufficienza motivatoria.
2. Con il secondo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 51, 54, 56 del DPR 633/72 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto sussistere il difetto di contraddittorio in quanto l’ufficio non aveva chiesto chiarimenti sulle risposte date dalla contribuente al questionario sebbene le avesse ritenute generiche ed evasive.
La censura è fondata nei limiti che si vanno a precisare.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. «a tavolino», il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi «armonizzati»: a) la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (cfr. Cass. n. 20036/2018); b) non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg (poi divenuto IRES) ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. «a tavolino» (cfr. Cass. n. 24823/2015); c) in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. «a tavolino», il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi armonizzati ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (cfr. Cass. n. 20036/2018).
Nella specie, poiché l’accertamento riguarda l’iva l’amministrazione era tenuta a rispettare il contraddittorio. La CTR non ha tuttavia accertato se il contribuente avesse assolto all’onere di allegazione a suo carico. A tanto provvederà il giudice di rinvio.
3. Con il terzo, quarto e quinto motivo l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 del DPR 633/72 e 2697 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in quanto la CTR aveva ritenuto che non vi fosse la prova della (soggettiva) inesistenza delle operazioni riferite alle 21 fatture emesse da S.C. s.r.l., mentre l’ufficio non era tenuto ad altro che a fornire elementi anche presuntivi della inesistenza delle operazioni e non era tenuto a dimostrate la partecipazione del contribuente utilizzatore alla frode Iva.
4. Con il settimo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del DPR 633/72 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c laddove la CTR ha affermato l’insussistenza di presunzioni gravi precisi e concordanti fondati sui dati contabili.
Le censure sono suscettibili di trattazione unitaria. Esse sono fondate.
Rappresenta principio ormai consolidato di questa Corte quello per cui, ove vengano contestate al contribuente operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente mentre, ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (cfr., da ultimo, Cass. 9588/2019; Cass., Sez. 5, 20.4.2018, n. 9851, Rv. 647837-01).
Il principio di neutralità che governa il sistema dell’iva richiede che l’imposta sia versata a chi ha eseguito operazioni imponibili, perché la compensi con l’imposta a sua volta corrisposta per l’acquisto di beni e servizi, di guisa che l’erario acquisisce, ad ogni passaggio del ciclo produttivo- distributivo, soltanto l’eventuale differenza tra l’imposta sulle operazioni attive e quella sugli acquisti, ossia l’importo maturato a debito dal soggetto passivo obbligato, nella periodica sommatoria di Iva a credito ed a debito (fra varie, vedi, in particolare, Cass. 14 dicembre 2012, n. 23074 e Cass. 13 marzo 2013, n. 6229).
Il versamento dell’Iva ad un soggetto che non sia la genuina controparte, aprendo la strada ad un indebito recupero dell’imposta, mina, con effetti dirompenti, il meccanismo di compensazione tra iva a valle ed iva a monte. Sul punto, la giurisprudenza comunitaria insiste sulla necessità, ai fini della configurabilità del diritto di detrazione, di un nesso diretto tra operazioni a valle ed operazioni a monte (tra le più recenti, Corte giust. 21 febbraio 2013, C-104/12, Wolfram Becker, punto 19; Corte giust. 6 settembre 2012, C-496/11, Portugal Telecom SGPS, punto 36); ed anche la giurisprudenza di questa Corte segnala che, in caso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, pur essendo i beni o il servizio effettivamente entrati nella disponibilità dell’impresa utilizzatrice, la falsa indicazione di uno dei soggetti del rapporto determina l’evasione del tributo relativo alla diversa operazione, effettivamente realizzata da altri soggetti.
Tali principi non risultano essere stati correttamente applicati dalla C.T.R. la quale pur ritenendo, sia pure con motivazione contraddittoria (di cui al successivo motivo), l’oggettiva fittizietà del fornitore ha affermato che non fosse stata fornita la prova che il contribuente fosse parte della frode, circostanza questa non richiesta e che l’accertamento non si basava sui dati contabili della contribuente, circostanza questa non determinante.
5. Con il sesto motivo la ricorrente deduce motivazione contraddittoria su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.pc. Lamenta che la CTR, con motivazione contraddittoria abbia da un lato riconosciuto che la società emittente era una società di comodo e dall’altro che le operazioni non fossero soggettivamente inesistenti.
La censura è fondata.
La CTR con una motivazione non sviluppata e contraddittoria ha affermato da un canto che sussistevano “gli elementi per considerare la Società S.C. s.r.l. una società di comodo, anche se non completamente conosciuti in questa sede” e dall’altro che non fosse dimostrato che le operazioni fossero soggettivamente inesistenti.
6. L’ottavo motivo con il quale la ricorrente deduce motivazione insufficiente su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. nella parte in cui la CTR non ha motivato sul perché non ha ritenuto legittima la ripresa a tassazione dell’Iva deve ritenersi assorbito.
Il ricorso deve essere, pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR del Piemonte che valuterà la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ius superveniens di cui al DL 16 del 21012, art. 8 e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i primi sette motivi di ricorso, assorbito l’ottavo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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