CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 aprile 2019, n. 10655
Tributi locali – ICI – Immobili demaniali e patrimoniali dello Stato – Soggetto passivo – Società di cartolarizzazione
Fatti di causa
La V. P. s.r.l. in data 21.12.2008 notificava sia al Ministero dell’Economia e delle Finanze sia all’Agenzia del Demanio tre avvisi di accertamento a titolo di maggiore imposta ICI per gli anni 2003, 2004 e 2005 in relazione ad immobili demaniali e patrimoniali dello Stato.
L’Agenzia del Demanio presentava tre distinti ricorsi alla CTP di Lucca eccependo in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva nonché la carenza di motivazione degli atti impositivi. Nel merito deduceva che un fabbricato era inagibile, contestava il valore in comune commercio attribuito ad altro fabbricato, chiedeva l’applicazione dell’aliquota ridotta in relazione agli immobili destinati ad alloggi di edilizia residenziale e la disapplicazione delle sanzioni.
La CTP di Lucca, previa riunione dei ricorsi, con sentenza del 10.6.2011, li accoglieva limitatamente agli immobili demaniali oggetto di concessione respingendoli per il resto. Medio tempore veniva altresì notificato l’avviso di ingiunzione relativo ai predetti atti impositivi che veniva del pari impugnato dall’Agenzia del Demanio con successivo parziale accoglimento da parte della CTP adita.
Proposto appello avverso entrambe le pronunce, la CTR della Toscana con sentenza in data 4.11.2013, previa riunione delle impugnazioni, rigettava il ricorso confermando la sentenza di primo grado.
Avverso detta pronuncia la Agenzia del Demanio proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi cui resisteva con controricorso V. P. s.r.l.
L’Agenzia del Demanio depositava altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso rubricato ” Art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e 6 L. 410/01, in relazione agli artt. 113-115 c.p.c. e 118 att. c.p.c.” parte ricorrente assumeva che erroneamente la decisione
impugnata aveva ritenuto la legittimazione passiva dell’Agenzia del Demanio non esistendo una norma generale che introduca la figura del “gestore” fra i soggetti passivi ICI accanto a quelli indicati dall’art. 3 d.lgs. n. 504 del 1992.
2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato ” Art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione di principi di diritto, in relazione agli artt. 113, 115 c.p.c.e 118 att. c.p.c.” parte ricorrente assumeva che con riguardo agli immobili ERP in data 30.3.2004 gli stessi erano stati ceduti all’ATER (ex IACP) e non era dato comprendere nella decisione impugnata quale fosse la documentazione ritenuta mancante.
3. Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente deduceva che la CTR non aveva valutato la inagibilità di uno degli immobili.
4. Con il quarto motivo di ricorso rubricato ” Art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art.7 lett. i), d.lgs. n. 504 del 1992 in relazione agli artt. 113-115 c.p.c. e 118 att. c.p.c. Immobili assegnati alla Guardia di Finanza” parte ricorrente assumeva che erroneamente la decisione impugnata aveva escluso che agli immobili utilizzati dalla Guardia di Finanza fosse applicabile la esenzione di cui all’art. 7 lett. i) d.lgs. n. 504 del 1992, spettando invece l’esenzione prevista dall’art. 7 lett. a).
5. Con il quinto motivo di ricorso rubricato ” Art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 7 lett. i) d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione agli artt. 113-115 c.p.c. e 118 att. c.p.c. Immobile di Piazza Mazzini” parte ricorrente assumeva che erroneamente la decisione impugnata si era limitata a confermare la stima indicata nell’atto di accertamento ed il metodo di devalutazione lineare utilizzato dalla società.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La sentenza impugnata statuisce invero, che “..per la soggettività passiva del ricorrente bisogna fare riferimento all’art. 2, comma 6 della I. n. 410/2001 il quale dispone che in merito ai beni del patrimonio immobiliare pubblico i soggetti passivi sono i gestori di tali immobili..”, concludendo con l’affermazione che “Non c’è dubbio che l’Agenzia del Demanio è ai sensi dell’art. 65 d.lgs. n. 300 del 1999 il soggetto gestore che cura l’amministrazione degli immobili demaniali e patrimoniali dello Stato”.
Pertanto, nell’iter motivatorio del giudice di appello, la soggettività passiva ICI viene collegata ad una norma specifica che riguarda la privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso la creazione delle c.d. “società di cartolarizzazione”, e segnatamente alla figura del gestore che nel caso del patrimonio immobiliare pubblico viene altresì inteso come il soggetto titolare dei rapporti giuridici.
Ciò premesso, a prescindere dalla considerazione che una norma riferita ad una fattispecie peculiare, quale quella riguardante la privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, non è suscettibile di interpretazione estensiva, va sottolineato che, in tema di ICI, le società di cartolarizzazione, che sono mere società veicolo incaricate degli adempimenti necessari alla proficua vendita degli immobili, non sono ritenute soggette all’imposta, che continua a gravare sull’ente proprietario e gestore, come si desume dal combinato disposto degli artt. 2, commi 2 e 6, e 3, comma 1, del d.l. n. 351 del 2001 (conv., con modif., dalla I. n. 410 del 2001), e del d.m. 3 novembre 2001, n. 18765 (Cass., Sez. 5, n. 25152/2016).
Né può comunque ritenersi, a prescindere dalla motivazione adottata dal giudice di appello, la soggettività passiva dell’Agenzia del Demanio in quanto “gestore” del patrimonio pubblico immobiliare non potendo ricomprendersi tale figura tra i soggetti passivi dell’ICI elencati nell’art. 3 del D. Igs n. 504 del 30 dicembre 1992, modificato dall’art. 58 del Dlgs 15 dicembre 1997, n. 446 e dall’art. 18, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
L’attuale versione della norma dispone che i soggetti passivi dell’ICI sono: il proprietario di immobili, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi, il locatario finanziario e i concessionari di aree demaniali, a prescindere dalla residenza dei soggetti o dalla sede legale o amministrativa dell’esercizio dell’attività.
L’Agenzia del Demanio, va qualificata come un ente pubblico economico che opera nell’ambito della Pubblica Amministrazione e che, per raggiungere i propri obiettivi, fa ricorso a modalità organizzative e strumenti operativi di tipo privatistico perseguendo il soddisfacimento dell’interesse pubblico secondo criteri di economicità e di creazione di valore economico e sociale nella gestione del patrimonio immobiliare dello Stato.
Da tale potere gestorio non può tuttavia discendere la soggettività passiva dell’Agenzia, sia che la si affermi genericamente sia che la si colleghi all’art. 6, comma 2, della I. n. 410/2001, dovendosi viceversa ritenere che tale soggettività si radichi in capo ai soggetti proprietari dei singoli immobili, tenuto conto, tuttavia, delle peculiarità che contraddistinguono l’uso dei beni di proprietà pubblica.
Ed invero, con riguardo agli immobili in concessione, superando la precedente normativa e interpretazione giurisprudenziale, secondo cui il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su un area demaniale poteva in astratto dare luogo sia ad un diritto di natura reale, riconducibile alla proprietà superficiaria, sia ad un diritto di natura personale, l’art. 18 della I. n. 388 del 2000, modificando l’art. 3, comma 2, del d.lgs n. 504 del 1992 ha esteso la soggettività passiva dell’imposta ai concessionari di aree demaniali precedentemente non soggetti all’imposta.
Da ultimo si è anche affermato che in tema di ICI, nel caso di beni demaniali in concessione a consorzi di bonifica, vertendosi in un’ipotesi di possesso qualificato dal titolo esercitato da soggetti obbligati all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche ex art. 54 del r.d. n. 215 del 1933, la legittimazione tributaria passiva appartiene, avendo riguardo alla soggettività ai fini impositivi attribuita dall’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1992, al concessionario e non all’Agenzia del demanio (Cass., Sez. 5, n. 4186/2019).
Con riguardo, invece, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, invece, va considerato che la concessione all’ATER di aree espropriate dai comuni per la realizzazione di detti programmi, ai sensi dell’art. 10 della I. n. 167 del 1962, come sostituito dall’art. 35 della I. n. 865 del 1971, attribuisce al concessionario il diritto di superficie sulle aree, ovvero le facoltà proprie di tale diritto, con la conseguenza che quest’ultimo, una volta realizzati gli immobili, in applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1992, diviene soggetto passivo dell’imposta, non occorrendo, a tal fine, un ulteriore atto costitutivo del diritto di superficie, in quanto l’incontro delle volontà dei due soggetti rileva su un diverso piano (vedi Cass., Sez. V, n. 21222/2017). Inoltre dalla lettura combinata degli artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 504 del 1992 si evince che soggetto passivo dell’imposta può essere soltanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile, cosicché l’assegnatario mediante contratto preliminare ad effetti anticipati di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, essendo soltanto detentore qualificato dell’immobile, non è soggetto passivo dell’ICI (Cass., Sez. 2, n. 10987/13).
Venendo al caso dedotto in giudizio, gli immobili oggetto del recupero impositivo appartengono a categorie differenti: vi sarebbero, invero, tre immobili demaniali oggetto di concessione, un fabbricato inagibile e inabitabile, immobili destinati ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, un immobile denominato “Immobile di Piazza Mazzini” nonché altri immobili assegnati alla Guardia di Finanza.
Alla luce dei principi fin qui delineati, al fine di individuare il legittimato passivo ai fini ICI, occorre, pertanto, verificare la titolarità dei singoli beni oggetto dell’accertamento, se siano stati oggetto di concessione o di assegnazione o se invece siano rimasti nella disponibilità dell’ente proprietario e con quale utilizzazione.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
In primis va rilevato che né nella rubrica, né nel motivo vengono indicati i principi di diritto asseritamente violati. Inoltre lo stesso si sostanzia nella richiesta di una nuova valutazione degli elementi in fatto valutati dal giudice d’appello come tale inammissibile in sede di legittimità.
Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso che si risolve in una nuova valutazione degli elementi di fatto.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
Ed invero, la censura svolta appare inconferente in quanto la CTR ha valutato la possibilità per gli immobili assegnati alla Guardia di Finanza di beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’art. 7 lett. a) del d.lgs. n. 504 del 1992 escludendola per mancanza dei relativi presupposti.
Il quinto motivo di ricorso è inammissibile.
Ed invero la censura mira a sollecitare una nuova valutazione degli elementi di fatto oggetto del giudizio da parte della CTR, inammissibile in sede di legittimità.
In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Toscana in diversa composizione affinché riesamini la controversia alla luce di quanto indicato in relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Al giudice del rinvio va altresì demandata la regolamentazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, dichiarati i restanti motivi inammissibili, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese del giudizio.
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