CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 dicembre 2020, n. 29006
Lavoro – Molteplici contratti di consulenza – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – Accertamento
Rilevato che
R.A., già collaborante con la R. s.p.a. in forza di numerosi contratti di lavoro autonomo per consulenze, succedutisi dal 12.9.05 all’8.1.13, conveniva in giudizio la società al fine di accertare che tra le parti si era instaurato un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con qualifica di impiegata di l° livello, chiedendo la condanna della stessa al pagamento delle relative differenze retributive e contribuzione all’Enpals.
Radicatosi il contraddittorio il Tribunale di Roma, con sentenza 15.4.13, rigettava il ricorso compensando per metà le spese di lite e ponendo a carico della ricorrente il residuo.
Avverso tale pronuncia proponeva appello la A.; resisteva la R. s.p.a.
Con sentenza depositata il 16.2.17, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, accertava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti a far data dal 12.9.05 con inquadramento della lavoratrice nel IV livello di cui al c.c.n.I. R., condannando quest’ultima al ripristino del rapporto ed al pagamento della somma di € 39.481,92 a titolo di differenza retributive sino al 31.8.12, oltre accessori, nonché al pagamento delle retribuzioni maturate dal 22.1.13 alla sentenza d’appello, detratto quanto percepito a tale ultimo titolo, con accessori di legge, oltre alla regolarizzazione contributiva ed al pagamento delle spese del doppio grado.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la R. s.p.a., affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste la lavoratrice con controricorso.
Considerato che
1 – Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine alle questioni della riqualificazione dei contratti (da autonomi, e non a termine, a subordinati) ed alla legittimità o meno dei termini apposti a tali contratti.
Il motivo è infondato, non sussistendo alcun vizio di omessa pronuncia da parte della sentenza impugnata, avendo essa implicitamente disatteso le doglianze attraverso l’articolato accertamento in fatto dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (cfr. in tal senso Cass. n. 24100/19), ritenuto dissimulato da molteplici contratti di consulenza nell’arco di sette anni, circostanza idonea a costituire adeguata risposta alla questione posta della legittimità o meno di tali contratti.
2 – Con secondo motivo la R. s.p.a. denuncia ancora la nullità della sentenza impugnata per non essersi pronunciata sull’eccezione, proposta sin dal primo grado e riproposta in appello, della risoluzione del rapporto per mutuo consenso alla scadenza dei singoli contratti.
Il motivo è inammissibile.
Come osservato da Cass. n. 5040/20, qualora la sentenza impugnata non affronti specificamente la questione della risoluzione tacita del rapporto per effetto del comportamento concludente delle parti, costituisce onere di parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, dimostrarne la avvenuta e rituale deduzione nei gradi di merito (Cass. n. 20694 del 2018, Cass. n. 1435 del 2013, Cass. n. 20518 del 2008, Cass. n. 22540 del 2006); la parte ricorrente si è sottratta a tale onere in quanto ha richiamato solo genericamente le conclusioni formulate in secondo grado (cfr. ricorso per cassazione, pag. 37, ove si dice solo che l’eccezione è stata puntualmente reiterata in grado di appello).
3 – Con terzo motivo la società denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 32, commi 5 e 6, della L. n. 183/10, ovvero dell’art. 28, comma 2, del d.lgs n. 81/15, lamentando che la Corte di merito avrebbe dovuto applicare nella specie il regime sanzionatorio previsto dall’art. 32 cit. non potendosi ritenere l’applicazione di tale regime limitato ai soli contratti a termine e non già anche ai contratti di lavoro autonomo contenenti una data iniziale e finale della prestazione.
Il motivo è infondato riguardando la disciplina invocata i contratti a termine e le altre tipologie contrattuali previste dai commi 3 e 4 dell’art. 32 L. n. 183/10, tra cui non rientrano i contratti di lavoro autonomo, non potendo neppure invocarsi la disciplina di cui alla lett. d) del citato comma 4.
Questa Corte, del resto, ha affermato l’applicabilità del regime sanzionatorio in questione solo all’ipotesi di contratto di lavoro autonomo a progetto ritenuto illegittimo (Cass. n. 24100/19, Cass. n. 28510/19)
Tale soluzione trova un riferimento nella lett. d) dell’art. 32 co. 4, soprattutto per quanto riguarda l’accertamento di un rapporto di lavoro a tempo in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto, mentre Cass. n. 20209/16 ritiene inapplicabile l’art. 32 restando ad esso estranea la fattispecie di un rapporto di lavoro autonomo accertato (ab origine, per fictio iuris) di lavoro subordinato e a tempo indeterminato, celato (come nel caso in esame) sotto lo schermo ripetuto di una molteplicità di successivi contratti di collaborazione autonoma.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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