CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 settembre 2019, n. 23059
Tributi – TARSU – Superficie destinata a produzione di rifiuti speciali – Mancata indicazione nella denuncia orginaria – Variazione successiva – Inapplicabilità per gli anni precedenti la denuncia di variazione
Fatti di causa
1. – La società MS s.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento relativo alla TARSU 2009, assumendo che la tassa è eccessiva, avendo il Comune di Caserta considerato anche la parte di superficie dell’immobile adibita a lavorazione prodotti ortofrutticoli che sono rifiuti speciali autosmaltiti.
2. – Il ricorso è stato respinto dal giudice di primo grado; la società ha presentato appello e la CTR della Campania, con sentenza depositata il 20.4.2015, ha confermato la decisione impugnata, osservando che il Comune ha determinato la TARSU 2009 sulla base della dichiarazione dello stesso contribuente, ove la superficie asseritamente destinata a produzione di rifiuti speciali non era indicata. Tale denuncia era stata sì rettificata, ma soltanto con denuncia di variazione del 2012, insuscettibile di valere per le annualità precedenti. Inoltre la CTR osserva che la società non aveva fornito prova specifica e certa dell’errore, nella iniziale dichiarazione, in ordine alla natura dei rifiuti prodotti nell’area in questione ed all’auto-smaltimento.
3. – La società propone ricorso per cassazione affidandosi a cinque motivi. L’agente di riscossione si costituisce con controricorso.
Ragioni della decisione
4. – Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. La CTR sarebbe incorsa nel vizio di ultra-petizione perché la questione in discussione sarebbe la natura dei rifiuti prodotti in una certa area e non la correttezza della dichiarazione presentata dal contribuente. Il motivo è infondato. Il giudice di secondo grado non ha accertato la “correttezza della dichiarazione” ma ha considerato il contenuto di questa dichiarazione, in uno ad altri elementi, al fine di verificare se la contribuente avesse dato adeguata prova della produzione di rifiuti speciali e del loro auto-smaltimento; concludendo in senso negativo, con un giudizio di fatto in questa sede insindacabile. La CTR rileva infatti che la società non ha fornito prova dell’effettività dell’errore da essa stessa compiuto, non tanto (comunque non solo) sulla destinazione dell’area, quanto sul complesso di tutti gli altri presupposti della richiesta esenzione, il che rientrava esattamente nell’oggetto del giudizio.
5. – Con il secondo motivo si deduce un error in procedendo, e cioè la nullità della sentenza perché la CTR avrebbe commesso un errore nel ritenere che la denuncia presa in esame dal Comune al fine di commisurare la TARSU fosse una denuncia di variazione, e che si trattava di un atto in cui si dichiarava un errore. Il contribuente deduce che si trattava di una denuncia di occupazione dei locali, e che in realtà l’atto con il quale venne accertato l’errore è la successiva denuncia del 2013 che individua l’area adibita a deposito di ortofrutta.
Il motivo è infondato. In primo luogo si rileva che non si tratta di error in procedendo. Attraverso il motivo di cui al n. 4 dell’art. 360, co. 1°, c.p.c. possono essere fatte valere le violazioni delle leggi processuali che indicano i requisiti di contenuto-forma della sentenza o regolano il processo, quando l’inosservanza della forma non consente all’atto il raggiungimento dello scopo e non anche gli errori nella valutazione della prova. Invece in questo caso vengono proposte inammissibili censure in fatto e comunque ininfluenti, ove si consideri quanto esposto al punto che precede; e cioè che tutti i documenti presentati dalla parte sono stati valutati al fine di verificare se essa aveva dato adeguata prova dell’auto-smaltimento, concludendosi in senso negativo. Il ricorrente quindi neppure coglie compiutamente la ratio decidendi della CTR.
6. – Con il terzo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per error in procedendo, perché avrebbe errato la CTR a ritenere che la contribuente dovesse chiedere l’esenzione e provarne i presupposti perché il fatto stesso che l’area fosse adibita a deposito ortofrutta farebbe venire meno il potere impositivo.
Anche questo motivo è infondato. Valgono le stesse considerazioni sopra esposte sul fatto che non si tratta di error in procedendo. Inoltre è consolidato il principio che l’esenzione per le aree ove si producono rifiuti speciali è subordinata all’adeguata delimitazione di tali spazi nonché alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; e che il relativo onere della prova incombe al contribuente (Cass. n. 11351/2012; Cass. n. 9214/2018; Cass. 13997/2016). Ha stabilito Cass. n. ord. 21250/17 che: “Spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il qual spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. I 1993) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale” (v. anche Cass. 4 aprile 2012, n. 5377/2012; Cass. n. 7647/2018). Nella fattispecie la CTR, dopo avere esaminato i documenti prodotti, ha concluso nel senso che fossero non probanti ai fini dell’esenzione.
7. – Con il quarto motivo si lamenta ancora l’error in procedendo sotto il profilo della violazione dell’art. 115 c.p.c. (principio di disponibilità della prova). Ciò in quanto, secondo la ricorrente, il giudice avrebbe dovuto dare per accertato che mq 3.230 dell’immobile erano destinati a deposito ortofrutta, che in quei locali si producevano rifiuti speciali non assimilati e che la società si rivolgeva ad operatori specializzati per lo smaltimento. Evidenzia che la documentazione da essa prodotta non è stata contestata. Si tratta di un inammissibile motivo in fatto, sollecitandosi in questa sede la revisione della valutazione operata dalla CTR che, come sopra si è detto, ha esaminato i documenti prodotti ritenendoli non probanti ai fini della invocata esenzione.
8. – Con il quinto motivo si lamenta l’intervenuto accertamento passato in giudicato dei fatti posti a fondamento della domanda, in quanto con diversa e separata sentenza è stato accolto il ricorso in appello della società relativo ad altra annualità TARSU (2011). Sarebbe quindi provato, secondo la società ricorrente, che nell’area di mq 3230 si producono rifiuti speciali non assimilati. Il motivo è infondato. Si osserva in primo luogo che la sentenza n. 2994/17/15 del 23 gennaio/30 marzo 2015 della CTR della Campania, che mediante scansione è stata inglobata nel ricorso, non attesta il passaggio in giudicato, come peraltro eccepisce il controricorrente. Inoltre, l’accertamento che la parte ha provveduto all’auto-smaltimento dei rifiuti è limitato all’anno di imposta di cui si discute in quel processo e non si estende automaticamente anche ad altre annualità. E’ infatti principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’efficacia del giudicato esterno è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie suscettibili di variazione annuale (Cass. n. 21824/2018; Cass. n. 17760/2018) Lo smaltimento autonomo dei rifiuti è appunto uno di quei fatti che di anno in anno possono variare, e che per ciascun anno di imposta deve essere adeguatamente documentato.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100,00 oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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