CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 dicembre 2019, n. 33648
Tributi – Reddito d’impresa – Determinazione – Anno di inizio attività del vettore – Costi del personale – Ripartizione in più esercizi – Illegittimità – Violazione dei criteri di imputazione e del principio di competenza economica
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 98/34/15, depositata il 14.01.2015 dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, con la quale, a conferma della sentenza del giudice di primo grado, era accolto il ricorso introduttivo della W.J. s.p.a. (successivamente in concordato preventivo per cui si costituiva anche la Liquidazione dei beni ceduti dalla predetta società in concordato), avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2004. Con l’atto impositivo era stato recuperato a tassazione un imponibile di € 970.000,00, corrispondente ad indebite deduzioni ai fini Ires ed Irap. In particolare in sede di verifica, e secondo le valutazioni della Amministrazione finanziaria, si era rilevato che le quote di costo dedotte nell’anno d’imposta 2004 afferivano a spese per personale dipendente sostenute nel 2003, ed era emerso che tali costi concernevano attività con ricavi conseguiti nello stesso anno ed insuscettibili di produrre utilità economica nei successivi esercizi.
La società aveva contestato la prospettazione della Agenzia, affermando invece che quelle spese erano state sostenute lo stesso anno di inizio dell’attività del vettore aereo, sopportando non solo i costi per gli impianti, ma anche quelli iniziali di volo con ridotto numero di passeggeri, finalizzati a diffondere presso il pubblico la nuova compagnia. In tale quadro, ritenendo corretta la distribuzione dei costi in tre esercizi, e conforme ai criteri fissati dall’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c., aveva adito la Commissione Tributaria Provinciale di Catania, che con sentenza n. 310/07/2009 aveva accolto la prospettazione difensiva della contribuente.
Nel successivo grado di appello la Commissione Tributaria Regionale siciliana, con la sentenza ora impugnata, aveva rigettato l’appello.
L’Agenzia delle Entrate censura la decisione con due motivi:
con il primo per nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 36 co. 2 n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 co. 4 c.p.c., per motivazione apparente;
con il secondo, formulato in subordine al primo, per violazione degli artt. 2423, 2423 bis, 2425 c.c., e degli artt. 108 e 109 del d.lgs. n. 917 del 1992 (ndr: 1986) , in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente qualificato come spese relative a più esercizi i costi sostenuti a titolo di retribuzione, oneri previdenziali e similari, in violazione dei criteri di imputazione e del principio di competenza economica delle suddette voci di costo.
Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza con rinvio al giudice del merito.
Si è costituita la contribuente, contestando gli avversi motivi, di cui ha chiesto il rigetto.
All’udienza del 15 maggio 2019, dopo la discussione, il Pg e le parti hanno concluso e la causa è stata riservata per la decisione.
Ragioni della decisione
Il primo motivo è infondato.
L’Agenzia si duole della apparenza della motivazione, con conseguente nullità della sentenza.
Questa Corte ha affermato che la sentenza è nulla per mancanza del requisito di cui all’art. 132 co. 1, n. 4 c.p.c., sotto il profilo sia formale che sostanziale, quando la motivazione si limiti a dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati, senza neppure riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, né indicare la ragione giuridica o fattuale che il giudice abbia ritenuto di condividere. In particolare, la mera adesione acritica all’atto d’impugnazione, senza indicazione né della tesi in esso sostenuta, né delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità processuale in quanto corredata da motivazione solo apparente (Cass., sent. n. 7402/2017; Cass., sent. n. 20648/2015).
Sussiste peraltro l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento.
Nel caso di specie il giudice d’appello, dopo aver affermato che il presupposto fondamentale dell’iscrizione di costi aventi utilità pluriennale ai sensi dell’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c. risiede nella futura utilità che l’impresa si attende da detti costi, prosegue evidenziando che «alla stregua di tale principio di redazione dei bilanci societari appare ragionevole ritenere che negli oneri sostenuti per l’avviamento sul mercato di una nuova compagnia aerea devono essere compresi non solo i costi di acquisizione delle attrezzature e degli slot, ma anche i costi sostenuti per i voli iniziali sulle tratte consentite alla nuova compagnia aerea, in quanto finalizzati a rendere nota ai potenziali passeggeri l’effettività e l’operatività concreta della compagnia stessa.
Appare intuitivo che tali costi (quelli sostenuti a titolo di retribuzione del personale) devono essere compresi nell’attività promozionale e, come tali, aventi utilità pluriennale.». La motivazione, a prescindere dalla sua condivisibilità, è certamente sintetica ma contiene l’argomentazione logica ed un sufficiente riferimento ai principi giuridici che la supportano. Deve pertanto escludersi la sua apparenza. È invece fondato il secondo motivo, con il quale l’Ufficio si duole della violazione dei principi contabili di imputazione dei costi, per essere state qualificate come spese relative a più esercizi quelle sostenute a titolo di retribuzione, oneri previdenziali e similari.
Il giudice regionale, invocando l’art. 2426 co. 1 n. 5, regolante i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale, ha ritenuto che in essi dovessero essere compresi, quanto al caso di specie, tutti i “i costi sostenuti per i voli iniziali sulle tratte consentite alla nuova compagnia aerea, in quanto finalizzati a rendere nota ai potenziali passeggeri l’effettività e l’operatività concreta della compagnia stessa”, e dunque anche quelli sopportati a titolo di retribuzione del personale.
Sennonché, già dalla piana lettura della norma la possibilità di iscrizione nell’attivo i costi di impianto e ampliamento – tecnicamente e letteralmente distinti dalle le spese del personale -, e il loro successivo ammortamento, è subordinata al consenso del collegio sindacale. La stessa durata dell’ammortamento non è superiore al quinquennio. Ciò pertanto implica una rigorosa procedura tesa alla predeterminazione dei criteri di iscrizione a bilancio, che nel caso specifico – e si ripete per costi relativi a qualcosa di ben diverso da quelli di impianto e ampliamento o da quelli di sviluppo con utilità pluriennale – manca del tutto. Sul piano fiscale peraltro le prescrizioni civilistiche sono tenute in conto ancor più rigorosamente. Si è in particolare affermato che i costi di natura straordinaria per la loro utilità pluriennale, ai sensi dell’art. 2426, co. 1 n. 5), c.c., possono – previo consenso del collegio sindacale ove esistente – essere iscritti nell’attivo, anziché essere imputati in conto economico come componenti negativi del reddito di esercizio in cui sono sostenuti, ove la società ritenga, in base ad una scelta fondata su criteri di discrezionalità tecnica, di capitalizzarli in vista di un successivo ammortamento pluriennale invece di far gravare i costi interamente sull’esercizio in cui sono stati sostenuti; tale valutazione, ai fini della graduazione del beneficio, deve tenere conto che l’iscrizione di queste spese all’attivo dello stato patrimoniale è consentita, oltre che dall’utilità pluriennale, di cui siano causa immediata e diretta, anche dalla circostanza che esse non abbiano avuto, come contropartita, l’incremento di valore di specifici beni o diritti anch’essi iscritti all’attivo (Cass., 24939/2013). È in ogni caso necessario, riprendendo le regole civilistiche della norma citata, che ove l’imprenditore ritenga, in base ad una scelta fondata su canoni di discrezionalità tecnica, di capitalizzare le spese in vista di un successivo ammortamento pluriennale, siano indicati specifici criteri, commisurati alla durata dell’utilità del bene, al fine di stabilire la quota di costo gravante su ciascun esercizio (Cass., n. 6288/2018). E ancora, relativamente alla determinazione del reddito d’impresa, si è affermato che non vi è piena discrezionalità del contribuente, in sede di dichiarazione, in ordine alla deducibilità delle quote di ammortamento del costo dei beni strumentali, che deve avvenire in base alle inderogabili regole civilistiche di redazione del bilancio, operanti, in difetto di disposizioni specifiche di segno contrario, anche ai fini delle determinazioni fiscali, per cui, stante l’art. 2426, co. 1, n. 2 c.c., non sono legittimi i criteri di determinazione che siano variabili in relazione a diverse annualità, in assenza di adeguata giustificazione nella nota integrativa di bilancio, dovendo le quote di ammortamento essere rapportate, in modo tendenzialmente uniforme, alla durata normale di utilizzazione dei beni strumentali (Cass., n. 22016/2014; 20680/2015).
Ebbene, ancorchè applicabili le regole riprese dall’art. 2426 c.c. per costi di impianto e ampliamento o per quelli di sviluppo con utilità pluriennale, mancano nel caso di specie tutti i presupposti prescritti dalla disciplina civilistica e da quella fiscale, come evidenziato ripetutamente dalla citata giurisprudenza.
Ma nel caso di specie l’erronea imputazione all’anno 2004 delle spese sostenute dalla società per retribuzioni e oneri similari, anziché all’anno 2003 – in cui le stesse furono pacificamente sostenute -, trova ulteriore conferma sia nella mancanza di ogni riscontro sulla loro utilità pluriennale, sia nella circostanza che trattasi di spese classificabili tra quelle per prestazioni di lavoro, regolate dall’art. 95 TUIR e, se collocabili tra gli altri componenti negativi, regolate dall’art. 109 co. 4 TUIR, concorrendo alla formazione del reddito nell’esercizio di competenza.
La sentenza del giudice regionale in conclusione non ha tenuto conto dei principi ora esposti, sicchè deve accogliersi il secondo motivo di ricorso.
La decisione impugnata va pertanto cassata e il giudizio va rinviato alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, la quale, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, provvederà alla decisione della causa tenendo conto dei principi esposti in motivazione.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo, rigettato il primo. Cassa la sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese.
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