CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 febbraio 2020, n. 4072

Tributi – Imposta di registro – Compravendita immobili provvisti di rendita catastale provvisoria – Assenza dichiarazione del contribuente ex art 12, del D.L. n. 70 del 1988 – Atto di rettifica emesso dall’ufficio – Legittimità

Ritenuto in fatto

1. La ricorrente M.R. impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro per l’importo di €. 140.820,92 relativo all’atto di compravendita per Notaio A. Rep. 84979 Racc. 33811 registrato a Ischia il 5/12/2007 avente ad oggetto vari immobili siti nel Comune di Forio d’Ischia.

2. Con il ricorso la contribuente eccepiva, tra l’altro, l’illegittimità dell’atto per carenza di motivazione.

3. La CTR, con sentenza n. 344/46/13 depositata il 15.10.2013 confermava la pronuncia di primo grado e, per l’effetto, rigettava il ricorso.

4. Avverso tale sentenza la R. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

5. L’Agenzia dell’entrate ha depositato controricorso.

Considerato in diritto

1. La ricorrente – dopo aver premesso che la sentenza emessa dalla CTR di Napoli si era erroneamente pronunciata anche sull’eccezione di decadenza abbandonata in sede di gravame – censura, ex art. 360, comma primo, n. 3, 4, e 5, c.p.c., la suindicata sentenza per omessa pronuncia circa le eccepite plurime illegittimità dell’atto impugnato e, tra esse, anche per aver ritenuto, in violazione del principio di cui all’art. 112 c.pc., il suddetto atto adeguatamente motivato (in violazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990 e dell’art. 7 l. n. 212 del 2000 nonché degli artt. 5, 6 e 11 del d.lgs. n. 472 del 1997) in ordine alla diversa valutazione compiuta dall’Ufficio degli immobili oggetto di compravendita.

In particolare, la ricorrente rileva che la CTR aveva ritenuto legittimo l’atto di accertamento anche in ragione della mancata dichiarazione da parte del contribuente ex art. 12 del d.l. n. 70 del 1988 conv. in l. n. 154 del 1988; norma che la R. riteneva non applicabile nel caso di specie.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, 4. 5, c.p.c., l’illegittimità dell’atto di accertamento emesso in violazione dell’art. 52, del d.p.r. n. 131 del 1986 e dell’art. 1 della l. n. 266 del 2005, in quanto, a fronte della dichiarazione della contribuente circa l’esatto prezzo di acquisto dell’immobile (€. 1.540.000,00) e di volersi avvalere, ai fini dell’applicazione delle imposte, del valore degli immobili determinato ex art. 52 cit. (€. 630.000), era precluso all’Ufficio procedere alla rettifica nei termini sopra indicati.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ex art 360, primo comma, n. 3, 4, e 5, c.p.c., la violazione dell’art. 52 d.pr. n. 131 del 1986 e dell’art. 6 d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto, in assenza di ogni condotta omissiva, sarebbe illegittima l’applicazione nei suoi confronti delle sanzioni previste dall’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, ricorrendo nel caso di specie i presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità di cui al comma 2 della indicata disposizione.

4. Con il quarto motivo la R. lamenta la violazione, ex art 360, primo comma, n. 3, 4, 5, c.p.c., dell’art. 52 d.p.r. n. 131 del 1986 e dell’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997 e, in particolare, laddove non sia ritenuta operante l’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, la contribuente ritiene che nella fattispecie ricorrono le condizioni perché venga dichiarata la responsabilità del Notaio che ha redatto l’atto di compravendita da cui è scaturito l’avviso di accertamento.

5. I quattro motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.

L’art. 52 (Rettifica del valore degli immobili e delle aziende) del d.p.r. n. 131 del 1986 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), al comma 1, prevede che «L’ufficio, se ritiene che i beni o i diritti di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 51 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni», precisando i successivi commi 2 e 3 che «l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, degli elementi di cui all’articolo 51 in base ai quali è stato determinato, l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonché dell’imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso» e che «la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma».

Infine, il comma 4 introduce una deroga al potere di rettifica e, in particolare, prevede che «Non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a 100 volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, né i valori o corrispettivi della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli artt. 47 e 48».

Allo stesso modo l’art. 12 del d.l. n. 70 del 1988 conv. in l. n. 154 del 1988 sancisce un ulteriore ipotesi di applicazione dell’art. 52, comma 4, cit. disponendo che esso si applica «(…) anche ai trasferimenti di fabbricati o della nuda proprietà, nonché ai trasferimenti ed alle costituzioni di diritti reali di godimento sugli stessi, dichiarati ai sensi dell’articolo 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con D.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142 , ma non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita. Il contribuente è tenuto a dichiarare nell’atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo (…) la domanda non può essere inviata per posta e dell’avvenuta presentazione deve essere rilasciata ricevuta in duplice esemplare, che il contribuente è tenuto a produrre al competente ufficio del registro, entro sessanta giorni dalla data di formazione dell’atto pubblico, o di registrazione della scrittura privata, ovvero dalla data di pubblicazione o emanazione degli atti giudiziari, ovvero dalla data di presentazione della dichiarazione di successione».

Infine, l’art. 1, comma 497, l. n. 266 del 2005 ha, poi, previsto un ulteriore ipotesi di applicazione dell’art. 52, comma 4, cit., laddove dispone che «In deroga alla disciplina di cui all’articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l’applicazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d), ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito». Per effetto di tale ultima disposizione, in vigore dal 1 gennaio 2006, in presenza delle condizioni da essa previste, è possibile, quando si acquista un immobile che non beneficia delle agevolazioni fiscali previste per la prima casa, calcolare la base imponibile, e su questa l’entità dell’imposta di registro, sul valore catastale, generalmente inferiore al prezzo di vendita. La ratio della norma si ravvisa nella volontà di incentivare una maggiore trasparenza e, quindi, di evitare che, nell’atto di vendita, sia indicato un prezzo dell’immobile inferiore a quello realmente pagato al fine di versare minori imposte, dovendo chi intende adottare questo sistema farne esplicita richiesta al notaio, mentre nell’atto di vendita è necessario specificare anche l’intero valore dell’immobile. A fronte di ciò la norma richiama i limiti imposti all’Agenzia delle Entrate dall’art. 52, comma 4. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento questa Corte (Cass. n. 4055 del 2019) ha affermato che «In tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale, al fine di potersi avvalere del regime del cd. prezzo-valore per la determinazione della base imponibile anche con riferimento agli immobili privi di rendita o con rendita non definitivamente attribuita, ma solo proposta con la procedura DOCFA, di cui al d.m. 19 aprile 1994, n. 701, è necessario che le parti chiedano espressamente nell’atto l’applicazione dell’art. 12 del d.l. n. 70 del 1988, conv. in l. n. 154 del 1988, non potendo tale istanza ritenersi implicita nella diversa richiesta di applicazione dell’art. 1, comma 497, della l. n. 266 del 2005, che si riferisce alle sole cessioni di immobili ad uso abitativo iscritti in catasto con attribuzione definitiva di rendita».

La CTR – nel rilevare che gli immobili erano provvisti di rendita catastale provvisoria per «come risulta dalla disamina dell’atto di compravendita» e, dunque, in ragione di ciò non era precluso all’Ufficio procedere, in assenza di dichiarazione del contribuente ex art 12 del d.l. n. 70 del 1988 conv. in l. n. 154 del 1988, all’emissione dell’atto di rettifica – ha fatto corretta applicazione dei suindicati principi avendo, poi, rilevato che l’atto impositivo era adeguatamente motivato in quanto riportava la collocazione degli immobili, la loro commerciabilità e la comparazione con altri aventi caratteristiche omogenee evincendosi, poi, la correttezza del valore attribuito dall’Ufficio dalla congruità dello stesso rispetto alle quotazioni di mercato e dal valore, superiore al 20%, del prezzo pattuito rispetto a tale accertamento.

In ragione di quanto sopra il ricorso deve essere rigettato.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della resistente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi €. 7.000,00 oltre spese prenotate a debito e accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.