CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 giugno 2018, n. 16043
Lavoro – Assenza dal lavoro per malattia – Superamento del periodo massimo di comporto retribuibile – Vigenza del CCNL
Svolgimento del processo
La società P.I. impugnava la sentenza del Tribunale di Chieti che la condannò a corrispondere alla F., assente dal lavoro per malattia dal 4.3.99, la somma di €.5.678,48 a titolo di pagamento delle retribuzioni maturate dal 1.1. al 27.4.04 (data di risoluzione del rapporto) e non corrisposte per ritenuto decorso del periodo massimo di comporto di malattia retribuibile previsto dal c.c.nl 11.7.03, avente efficacia dal 1.1.04.
Con sentenza depositata il 26.9.12, la Corte d’appello di L’Aquila respingeva il gravame, ritenendo applicabile nella specie il periodo di comporto di 24 mesi, previsto dal c.c.nl 2001, e non già quello di 18 mesi previsto dal c.c.nl 11.7.93 (con efficacia dal 1.1.04).
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società P.I., affidato ad unico motivo poi illustrato con memoria, cui resiste la F. con controricorso.
Motivi della decisione
La società ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 40, comma 2, del c.c.nl 11.1.01 e 40, comma 2, del c.c.nl 11.7.03, nonché dell’art. 1362 c.c. in relazione all’interpretazione dell’accordo sindacale del 23.9.03.
Lamenta che, anche in base a tale ultimo accordo, riprodotto in ricorso, sino al 31.12.03 ha trovato applicazione l’art. 40 del c.c.nl 2001, mentre dal 1.1.04 ha trovato legittimamente applicazione l’art. 40 del c.c.nl 11.7.03 che ridusse il comporto di malattia da 24 a 18 mesi (più precisamente di comporto retribuito, prevedendo un ulteriore periodo di conservazione del posto non retribuito).
Il ricorso è fondato.
Come già osservato da questa Corte (cfr. Cass. n. 12716/98) deve innanzitutto escludersi che, come afferma la sentenza impugnata, nella fattispecie possa parlarsi di un diritto quesito della lavoratrice al periodo di comporto previsto dal c.c.nl 2001, posto che “la norma di cui all’art. 11, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale, la quale prevede che i contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla loro pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione, è da ritenersi abrogata a seguito della soppressione dell’ordinamento corporativo, e non può applicarsi quindi ai contratti collettivi di lavoro post-corporativi di diritto comune, con la conseguenza che per questi ultimi non opera il principio del diritto quesito, invocabile in caso di successione di leggi, e che la disciplina intertemporale è affidata – alla stregua delle norme civilistiche che regolano la successione nel tempo dei contratti – alla libera determinazione delle parti contraenti” (Cass. 26 ottobre 1987 n. 7898, 9 settembre 1988 n. 5131, 24 gennaio 1992 n. 762, 4 giugno 1992 n. 6809, 10 giugno 1992 n. 7116), nella specie ad abundantiam chiarita dall’accordo 23.9.03.
Costituisce inoltre principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte che, in armonia con i principi regolanti l’efficacia degli atti di autonomia privata, nel caso in cui ad una disciplina collettiva ne succeda un’altra di analoga natura, si realizza l’immediata sostituzione delle nuove clausole a quelle precedenti, ancorché la nuova disciplina sia meno favorevole ai lavoratori: il divieto di deroga “in peius” posto dall’art.2077 codice civile riguarda infatti esclusivamente il contratto individuale in relazione a quello collettivo” (Cass. 2 marzo 1988 n. 228, 25 febbraio 1988 n. 2021). Tale principio deve essere coordinato con l’altro, altrettanto consolidato, secondo il quale “le disposizioni del contratto collettivo non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, dando luogo a diritti quesiti, sottratti al potere dispositivo dei sindacati, ma, invece, operano dall’esterno sui singoli rapporti di lavoro come fonte individuale, sicché, nell’ipotesi di successione tra contratti collettivi, le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole per il lavoratore (Cass. 12 luglio 1986 n. 4517, 26 ottobre o 1995 n. 1119; cfr. anche Cass. 14 novembre 1995 n. 11805).
Deve, tra l’altro, chiarirsi che di diritti acquisiti dei lavoratori può parlarsi solo con riferimento a quei diritti che siano già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore, ad esempio quale corrispettivo di una prestazione già resa, e non con riferimento alla tutela di semplici pretese alla stabilità nel tempo di normative collettive più favorevoli ovvero di aspettative sorte sulla base di tali regolamentazioni previgenti, cfr. Cass. n. 12716/98.
Non poteva dunque sussistere, in capo alla F., un diritto quesito in ordine all’applicazione del precedente contratto, non essendosi nella vigenza dello stesso esaurita la fattispecie procedimentale afferente il periodo complessivo di assenza consentita dal servizio (Cass. n. 12716/98, Cass. 4 giugno 1992 n. 6809).
Ne consegue la necessità dell’applicazione integrale della disciplina contrattuale vigente all’atto del recesso (Cass. n. 12716/98; cfr. altresì Cass. 8 aprile 1976 n. 1233), computando evidentemente anche i giorni di assenza verificatisi sotto la vigenza del precedente c.c.nl (Cass. n. 14633/06).
Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi, con decisione nel merito direttamente da parte di questa Corte, non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, con il rigetto dell’originaria domanda.
Le alterne fasi del processo consigliano la compensazione delle spese inerenti la fase di merito e la condanna della F. al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla F. in primo grado. Compensa tra le parti le spese inerenti il giudizio di merito e condanna la F. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi, € 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.
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