CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 ottobre 2018, n. 26232
Rapporto di lavoro – Accertamento del livello superiore richiesto – Autonomia operativa e decisionale – Prova
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 8105/2013, depositata il 4 marzo 2014, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava dovute, dalla datrice di lavoro V. S.r.l. a R.M., insieme con altre voci, le differenze retributive connesse all’accertato superiore livello E del C.C.N.L. di settore e alla indennità di cassa.
2. In particolare, la Corte di appello rilevava che era stata presente, nelle mansioni svolte dall’appellante (direttore commerciale e responsabile vendite) l’autonomia operativa e decisionale delineata, quale tratto distintivo, nella declaratoria contrattuale del livello superiore richiesto, unitamente alla particolare competenza professionale e alla notevole esperienza, secondo quanto era dato desumere dalla prova testimoniale e dalle stesse dichiarazioni del legale rappresentante della società, dalle quali risultava anche che l’appellante aveva curato gli incassi relativi alle forniture alle aziende clienti.
3. Quanto all’indennità di cassa, la Corte osservava, in primo luogo, come la domanda di pagamento delle relative differenze retributive risultasse proposta con il ricorso di primo grado, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, e come tale indennità spettasse al lavoratore perché dipendente dall’esercizio di una mansione che era incontestabilmente emerso egli svolgesse.
4. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con unico motivo, cui ha resistito il lavoratore con controricorso, assistito da memoria.
5. Risulta depositata, su foglio separato, procura del controricorrente all’avv. G.D.C., in aggiunta al mandato già conferito all’avv. M.R..
Ragioni della decisione
1. Deve preliminarmente rilevarsi la nullità della procura conferita dal controricorrente all’av. G.D.C., posto che il presente giudizio è stato instaurato con ricorso depositato avanti al Tribunale di Napoli in data 17/9/2007 e, pertanto, in epoca anteriore all’entrata in vigore della modifica dell’art. 83, comma 3°, cod. proc. civ. introdotta con I. n. 69/2009.
2. Con unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di varie norme del Codice civile (artt. 1322 e segg.; 2096 e segg.; 2967 e segg.; 2727 e 2729 e segg.) e del Codice di rito (artt. 99, 100, 112, 115 e 116), nonché omesso esame di un punto decisivo della controversia e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.: in sostanza, si duole la società della accertata sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato almeno dalla fine del 1995 e, quindi, con una decorrenza ben anteriore alla formale assunzione del Mingozzi, avvenuta in data 1/6/1999, sebbene tale conclusione non potesse considerarsi sostenuta da alcun convincente elemento di prova; si duole, inoltre, che la Corte avesse riconosciuto lo svolgimento effettivo di mansioni superiori e l’esistenza dei presupposti per l’attribuzione della indennità di cassa, nonostante il difetto di prova in ordine ad entrambe le domande.
3. Si deve, in primo luogo, rilevare che la Corte di appello ha escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in relazione al periodo dal dicembre 1994 al maggio 1999 (cfr. sentenza, p. 10, ultimo capoverso, e p. 11), ed ha comunque osservato che – considerato l’oggetto delle richieste avanzate in causa dal lavoratore e cioè, anche in relazione al periodo precedente la formale assunzione, differenze retributive spettanti a vario titolo – gli elementi di prova acquisiti al giudizio non fossero sufficienti a dimostrare che, fin dal 1994 e per tutto il periodo indicato, il ricorrente avesse svolto proprio quelle determinate mansioni, in relazione alle quali aveva rivendicato il livello superiore, nonché a dimostrare i fatti costitutivi delle ulteriori richieste (compenso per lavoro straordinario e indennità di cassa: cfr. p. 6).
4. Ne consegue che il motivo, nella parte concernente il (supposto) riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato in epoca anteriore alla formale assunzione (cfr. ricorso pp. 11-28), risulta inammissibile per carenza di interesse, formulando censure non riferibili alla decisione impugnata, la quale non contiene alcuna statuizione di accertamento e di condanna con riferimento al periodo in questione e rispetto alla quale, pertanto, non vi è soccombenza della società.
5. Il motivo proposto risulta inammissibile anche nel resto, in quanto, abbandonando completamente il terreno del controllo motivazionale, pur (solo) enunciato in rubrica e, in ogni caso, senza adesione al modello legale del nuovo vizio di cui all’art. 360 n. 5, quale risultante a seguito della novella del 2012, si volge a sollecitare una rilettura e una nuova valutazione del materiale di prova, difforme da quella della sentenza impugnata, e cioè un accertamento che è palesemente estraneo ai compiti assegnati dall’ordinamento alla Corte di legittimità ed è, invece, prerogativa del giudice di merito.
6. Spetta, infatti, in via esclusiva a quest’ultimo – come più volte affermato – il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando , così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (cfr., fra le molte, Cass. n. 25608/2013).
7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
9. Di esse va disposta la distrazione ex art. 93 cod. proc. civ. in favore del procuratore del controricorrente, avv. M.R., come da sua dichiarazione e richiesta.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, somma di cui dispone la distrazione in favore del procuratore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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