CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 ottobre 2018, n. 26233
Contratto di formazione e lavoro – Inefficacia – Formazione teorica – Conversione in rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 203/2013, depositata il 18.1.2013, rigettava il ricorso proposto da C.L., inteso alla declaratoria d’invalidità e inefficacia del contratto di formazione e lavoro stipulato con la S. Sicilia s.p.a. per lo svolgimento dell’attività di ufficiale di riscossione, avente durata dal 23.4.2002 al 20.4.2004, alla conversione del rapporto di lavoro in rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato e, per l’effetto, alla condanna della resistente alla riammissione nel posto di lavoro dalla data formale di cessazione del rapporto medesimo, coincidente con la data finale, ovvero, in caso di inottemperanza, alla corresponsione, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni previste dal c.c.n.l. applicabile, 3A categoria, I livello retributivo, non percepite dalla data della formale scadenza del contratto di formazione sino alla sentenza, nonché alla condanna della S. Sicilia s.p.a. a versare all’INPS i conseguenti contributi previdenziali, esclusa ogni risoluzione consensuale del rapporto intercorso tra le parti.
2. il Tribunale rilevava, sotto il profilo della strumentalità del progetto formativo, che l’abilitazione era un requisito necessario, ma non sufficiente, per lo svolgimento delle mansioni, essendo, altresì, imprescindibile l’acquisizione delle specifiche competenze ed esperienze professionali mediante un concreto tirocinio teorico pratico in funzione del quale si giustificava l’addestramento formativo, secondo uno schema causale misto.
3. Osservava che il ricorrente possedeva soltanto il mero titolo abilitante e che la formazione mirava all’acquisizione di una qualifica, di ufficiale di riscossione, non posseduta prima dell’assunzione, che il ricorrente aveva partecipato a corsi di formazione sia teorica che pratica organizzati dalla S. per complessive 80 ore, come da progetto approvato dagli organi competenti, circostanza emergente dalle dichiarazioni sottoscritte dallo stesso C. – aventi valore confessorio, costituenti piena prova nei confronti del soggetto che le aveva rese e revocabili solo per errore di fatto e violenza – e che il predetto aveva seguito nei primissimi giorni del rapporto corsi aventi ad oggetto le procedure di notifica delle cartelle e degli avvisi di mora.
4. Secondo il giudice di merito, benchè le ulteriori attività formative fossero intervenute non immediatamente, ma nel corso del primo anno di rapporto, ciò non inficiava la validità ed efficacia della formazione somministrata, essendo modulabili i tempi delle due attività (lavorativa e formativa) anche in relazione alle complessive esigenze aziendali e che, per ciò che concerneva la dedotta mancanza di affiancamento, la stessa era stata smentita dai testi addotti dalla resistente, le cui dichiarazioni erano ritenute maggiormente attendibili di quelle rese dai testi di parte ricorrente.
5. Il progetto attribuiva maggiore rilevanza alla formazione teorica e la mancanza o insufficienza della parte pratica non era idonea ad integrare il grave inadempimento dell’obbligo formativo che giustificava la conversione del rapporto.
6. Infine, anche l’attività interna, asseritamente svolta ed estranea al contratto, era risultata strettamente connessa e propedeutica alle mansioni tipiche dell’ufficiale di riscossione, sotto altro profilo rilevandosi che la riorganizzazione dell’attività di tutti gli ufficiali di riscossione aveva comportato che anche al ricorrente venissero affidati compiti di cd. riscossione volontaria (non estranei alle finalità aziendali e rientranti nelle mansioni dell’ufficiale di riscossione) sulla base dei soli estratti di ruolo, che, tuttavia, non aveva inciso sulla svolgimento, sebbene in forma ridotta, dell’attività esecutiva e sulla stessa funzione formativa del contratto, dovendo peraltro considerarsi che l’inadempimento all’obbligo formativo non dipendeva da qualunque inosservanza degli obblighi contrattuali, ma solo da quelle violazioni che, nell’economia del rapporto, rivestissero un’obiettiva rilevanza e fossero ascrivibili alla condotta volontaria del datore di lavoro.
7. Di tale decisione – cui era seguita, ai sensi dell’art. 348 bis – ter c.p.c., ordinanza di inammissibilità del ricorso del lavoratore resa dalla Corte di appello di Palermo il 21.10.2013 – ha domandato la cassazione il C., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui ha resistito la Riscossione Sicilia s.p.a. (già S. Sicilia s.pa.), con controricorso. L’INPS ha depositato procura in calce al ricorso notificato.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che era stata privilegiata una formazione teorica anche qualitativamente superiore a quella dovuta, laddove, con riguardo alla formazione pratica, la resistente aveva riconosciuto di avere effettuato “un periodo di affiancamento” e che la sentenza aveva violato l’obbligo di decidere in relazione al contesto probatorio emerso anche dalla mancata contestazione, nella memoria difensiva di primo grado, del fatto costitutivo riferito alla natura teorica dei corsi formativi allegato nel ricorso di primo grado.
2. Con il secondo motivo, si lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 1321 e 1362 c.c. in riferimento all’art. 3 D.L. 726/84, conv. in I. 863/1984 e al programma formativo, nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostenendosi che il programma formativo prevedeva che la formazione pratica dovesse consistere in “Un’attività pratica di notifica ed esecuzione con l’ausilio di personale esperto che affiancherà gli ufficiali di riscossione neo assunti in ogni attività durante la prima fase di applicazione delle materie trattate nel programma formativo teorico” e che, pertanto, la descrizione suddetta prevedeva due distinte attività (una prima di notifiche eseguite con l’ausilio di personale esperto ed una seconda contemplante l’accompagnamento del neo assunto in ogni attività lavorativa durante la prima fase di applicazione delle materie trattate nel programma formativo teorico) e che la circostanza dedotta, relativa all’essersi limitata l’attività formativa al solo affiancannento del neo assunto da parte di altri colleghi più anziani, era stata implicitamente ammessa dalla controparte, che aveva dedotto di avere svolto quale unica attività formativa pratica l’affiancamento suddetto. Si sostiene che la formazione sulla modulistica era altrettanto necessaria e che la stessa costituiva parte integrante del programma.
3. Con il terzo motivo, ci si duole della violazione degli stessi artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 3 D.L. 726/84, conv. in legge 863/84, dell’art. 49 DPR 29.9.1973 n. 602, dell’art. 59 c.p.c., dell’art. 409 c.p.c. e dell’art. 61 DPR 602/1973, nonché della violazione del c.c.n.l. Quadri Direttivi e Personale delle Aree professionali (dalla 1.a alla 3.a) dipendenti dalle aziende concessionarie del servizio di riscossione dei tributi del 12.12.2001, sul rilievo che la società non aveva contestato quanto affermato dal ricorrente con riguardo alla inesistenza dell’attività esecutiva di riscossione coattiva dal gennaio 2003, per essere stata prevalente, se non unica, quella di tentato recupero del credito e per essere tale attività estranea a quella dell’ufficiale di riscossione come disciplinata dall’art. 49 DPR 602/1973 e dell’art. 59, oltre che dalla contrattazione collettiva di settore (semplice richiesta di pagamento volontario non equiparabile all’ingiunzione ex art. 492 c.p.c. ed attività diversa da quella propriamente esecutiva ed inferiore alla seconda), con ciò concretandosi un grave inadempimento che determinava la conversione del rapporto a tempo indeterminato.
4. La censura con la quale si adduce l’erroneità della decisione perché non sarebbe stato applicato correttamente il principio di non contestazione, che avrebbe dovuto indurre il giudice del gravame ad astenersi da ogni ulteriore controllo probatorio, deve essere disattesa e prima ancora ritenuta inammissibile, in forza del principio affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (cfr. Cass. 9.8.2016 n. 16655, Cass. 15.7.2015 n. 14784). Peraltro, la censura involge in parte valutazioni di merito (pur contenendo una denuncia di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.) e, sotto altro profilo, contravviene all’insegnamento di questa Corte secondo cui la non contestazione del fatto ad opera della parte che ne abbia l’onere è irreversibile, ma non impedisce al giudice di acquisire comunque la prova del fatto non contestato, sicchè solo in tale ultima ipotesi resta superata la questione sulla pregressa non contestazione di quei fatti che, se ravvisata, avrebbe comportato l’esclusione di essi dal “thema probandum” (cfr. Cass. 13.3.2012 n. 3951).
5. Quanto alla doglianza espressa nel secondo motivo, è sufficiente, per disattenderla, osservare che è principio reiteratamente affermato da questa Corte quello secondo cui “il ricorrente deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione – attualmente nei termini in cui è consentito dalla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. – sulla loro applicazione, indicando altresì nel ricorso, a pena d’inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ed il testo dell’atto oggetto di erronea interpretazione” (Cfr. Cass. 2.8.2016 n. 16057 e, fra le altre,: Cass. n. 6226/2014; Cass. n. 11343/2013).
6. Non risulta, poi, esplicitato in che modo in sede interpretativa il Tribunale si sia discostato dai criteri ermeneutici e, prima ancora, non è riportato in ricorso il contenuto del programma nella sua integrità, oltre a non precisarsi dove e come lo stesso sia stato prodotto in allegato agli atti dei gradi di merito, ai fini del suo reperimento, con ciò contravvenendosi ai principi di specificità e autosufficienza, che impongono di indicare nel ricorso il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali e assolvendo, così, il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (Cass. SU 11/4/2012, n. 5698; Cass. SU 3/11/2011, n. 22726);
7. Con riguardo al terzo motivo, oltre a non essere indicata la sede di deposito del testo integrale del c.c.n.l. di riferimento ai fini del relativo reperimento nei fascicoli di parte dei precedenti gradi di merito, è stato evidenziato dal giudice del merito che non vi era stata alcuna condotta del datore volontariamente diretta a disattendere l’obbligo formativo e comunque non è stata reputata decisiva l’ adibizione del C. anche ad attività di tentativo di recupero attraverso pagamento volontario, essendo emerso dalla espletata istruttoria e da altri elementi processualmente rilevanti il complessivo svolgimento di un concreto tirocinio teorico pratico.
8. La decisione è conforme ai principi da ultimo affermati da questa Corte che, in controversia analoga, ha valorizzato l’accertamento, in fatto, dell’esistenza di adeguata e corretta attività formativa in linea con il progetto formativo approvato ed osservato come il lieve discostamento della collocazione temporale dell’attività formativa fosse risultato di scarsa importanza nell’economia generale del progetto formativo e che solo un grave inadempimento dell’obbligo formativo – la cui valutazione è rimessa al giudice del merito – poteva comportare la trasformazione del rapporto in ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; nella stessa pronuncia con riguardo alla fattispecie scrutinata è stato rilevato che la denuncia si era sostanziata, al di là dell’evocazione di una violazione di legge, nella deduzione di erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ossia di un vizio in ordine all’apprezzamento di circostanze di fatto controverse (cfr. Cass. 31.1.2017 n. 2505, con richiamo a Cass. 1.8.2014 n. 17539, e, tra le altre, Cass. 19.2.2015 n. 3344 Cass. 26.1.2015 n. 1324 Cass. 6068/2014, Cass. 5.3.2013 n. 5402, Cass. 13.2.2012 n. 2015).
9. La valutazione ed i principi contenuti nel richiamato precedente sono validi anche in relazione alla fattispecie qui esaminata, osservandosi che, al di là dell’enfatizzata adibizione a compiti ritenuti estranei al programma, la Corte del merito, con valutazione in fatto nella presente sede non censurabile, ha rilevato, in relazione all’attività di “tentata riscossione”, non solo che la stessa non poteva considerarsi estranea a quella propria degli ufficiali di riscossione, ma soprattutto che non vi era stata prova della relativa prevalenza nella complessiva esperienza lavorativa del ricorrente in funzione della dedotta gravità dell’asserito inadempimento degli obblighi formativi.
10. Alla stregua di tali ragioni il ricorso va respinto.
11. Le spese del presente giudizio di legittimità cedono a carico del ricorrente e sono liquidate in dispositivo, in favore della società. Nulla va statuito nei confronti dell’INPS, che non ha svolto attività difensiva.
12. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%, in favore della società. Nulla nei confronti dell’INPS.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis, del citato D.P.R..
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