CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 ottobre 2022, n. 30640
Licenziamento – Sovrafatturazione delle ore di lavoro – Indebita modifica dei software della datrice di lavoro – Installazione a società in concorrenza – Proporzionalità della sanzione espulsiva
Fatti di causa
1. M.N. propose ricorso avverso il licenziamento intimatogli dalla T. s.r.l. in data 12/16.4.2013 per giusta causa deducendone l’illegittimità e chiedendo anche la condanna della convenuta società al pagamento delle retribuzioni dei mesi di marzo e aprile 2013 oltre che del TFR, mai erogati perché compensati in relazione ad un presunto danno da risarcire da T. s.r.l. a O.S.L. s.r.l.
2. Il Tribunale di Modena, in esito all’istruttoria, accoglieva in parte il ricorso e confermata la legittimità del licenziamento condannava la società a corrispondere al N. le retribuzioni non erogate ed il TFR non corrisposto.
3. La Corte di appello di Bologna, investita del gravame in via principale da parte del N. e di quello incidentale della società li rigettava entrambi.
3.1. Il giudice di appello, per quanto ancora interessa, riteneva il recesso tempestivo ed assistito da giusta causa stante l’idoneità della condotta contestata ed accertata a ledere il vincolo fiduciario.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso M.N. affidato a sei motivi. La T. s.r.l. in liquidazione ha resistito con tempestivo controricorso. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso ed entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso è denunciato, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
5.1. Sostiene il ricorrente che, a fronte della condotta contestatagli – di aver indebitamente modificato dei software di O.S.L. s.r.I., in ore da dedicare ad altri clienti, per poi proporre l’acquisto e l’installazione dei software indebitamente realizzati a società in concorrenza con la stessa O.S.L. e senza averne ottenuto l’autorizzazione – il giudice avrebbe dovuto verificare il dato causale e sostanziale, vale a dire la sussistenza o meno dell’attività di copia/modifica di software OSL da parte del N.; il dato temporale, inteso come corrispondenza del periodo di riferimento (ottobre 2012).
5.2. Sostiene infatti che se si fossero esaminati tali fatti si sarebbe accertato in primo luogo che nessuna attività di modifica dei software OSL si era mai verificata. Inoltre, che, comunque, in disparte la liceità o meno di tale attività, la creazione e la modifica dei software si era esaurita nel mese settembre 2012.
5.3. Sostiene che tale fatto decisivo, antecedente logico della contestazione, se preso in esame, avrebbe condotto la Corte a ritenere non veridici i fatti contestati relativamente al periodo in osservazione.
6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato, ancora una volta in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., l’omesso esame dell’ulteriore fatto ugualmente decisivo:
la sussistenza delle lamentele sollevate dalle società indicate nella contestazione di addebito (V., S., F-T.E.-TLM) relativamente alle maggiori ore fatturate, così come specificate nella lettera di contestazione di addebito.
6.1. Deduce il ricorrente che al contrario le lamentele erano insussistenti e le ore specificate nella contestazione di addebito erano smentite dalla documentazione depositata ( doc. 52 e 53) sicché la Corte sarebbe pervenuta a ritenere infondato l’addebito contestato anche in termini di gravità dello stesso.
7. Entrambe le censure sono inammissibili.
7.1. Come è noto, in base all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012) non può essere proposto ricorso per cassazione invocando l’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) nel caso in cui con la sentenza di appello sia stata confermata la decisione di primo grado.
7.2. Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha precisato che nell’ipotesi di “doppia conforme” la censura, ove proposta, per poter superare il vaglio di ammissibilità deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. per tutte Cass. 22/12/2016 n. 26774).
7.3. Si è poi chiarito che è ravvisabile la c.d. “doppia conforme” non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa. Non vi osta il fatto che il giudice di appello ha aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. 09/03/2022 n. 7724).
7.4. Trattandosi di un requisito ammissibilità della censura la specificazione deve essere contenuta nel motivo di ricorso e non può costituire oggetto di chiarimento in sede di memoria illustrativa ove, come nella specie è avvenuto, il ricorrente integri le sue argomentazioni esplicitando per la prima volta le ragioni per le quali le censure sarebbero ammissibili. La memoria ex art. 378 cod. proc. civ. o ex art. 380 bis.1 c.p.c. non può integrare i motivi del ricorso per cassazione, poiché assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente – cioè in maniera completa, compiuta e definitiva – enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (cfr. Cass. 18/12/2014 n. 26670 e 25/02/2015 n. 3780).
8. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c. e si deduce che la Corte di appello avrebbe omesso di considerare che tra le parti (la O.S.L. s.r.l. e la T. s.r.l.) era intervenuta la sentenza del Tribunale di Bologna n. 2108 del 2018, passata in giudicato, con la quale era stato accertato che non vi era stata l’indebita utilizzazione per conto di T. di codici sorgenti dei software di OSL “Raccoltadati” e “SinotticoHD” per creare e commercializzare software copia di questi.
8.1. Sostiene, pertanto, che in assenza di prova della originalità creativa dei software O.S.L. oltre che di una concreta situazione di concorrenza tra la O.S.L. s.r.l. e la T. s.r.l. (di cui la prima era socio unico) non sarebbe dimostrato l’addebito di aver presentato, proposto e installato a clienti O.S.L. s.r.l. software indebitamente realizzati senza la sua autorizzazione ed in concorrenza con questa nei mesi di novembre e dicembre 2012.
8.2. In mancanza di prova di un attività in concorrenza tra le due società, ad avviso del ricorrente, verrebbe meno il presupposto per ritenere che siano state indebitamente dirottate richieste di intervento e fatture di T.V. & C.I. s.r.l. (poi P.V. & C.I. s.r.I.) per attività di personalizzazione di software assegnata alla T. s.r.I., società in outsourcing da O.S.L. s.r.I..
8.3. Deduce che non vi sarebbe la prova della indebita detenzione su server di una copia del data base aziendale O.S.L. con tutti i dati dell’azienda, prelevata all’atto del trasferimento da O.S.L. a T.. Sottolinea poi che comunque il Tribunale di Bologna, con la sentenza passata in giudicato, aveva accertato che con riferimento ai programmi “Raccoltadati” e “Sinottico HD” non sarebbe stata illustrata e spiegata in cosa e come si manifesterebbe l’originalità creativa dei programmi stessi rispetto a soluzioni già in precedenza adottate. Conseguentemente non vi sarebbe stato alcun indebito utilizzo da parte del N. per conto di T. di codici sorgenti di software O.S.L. essendone stata accertata la carenza di originalità creativa.
8.4. Quanto all’avvenuto svolgimento, nelle ore dedicate a clienti della società, di attività indebite di modifica dei software O.S.L. per poi proporne l’installazione alla società T.V. & C. s.r.l. senza autorizzazione O.S.L. e in concorrenza con questa il Tribunale di Bologna ha accertato che non era possibile configurare un rapporto di concorrenza tra O.S.L. e T. anche in ragione del rapporto di collegamento partecipazione tra le stesse e che comunque non essendo stata addebitata alcuna responsabilità da O.S.L. a quest’ultima.
8.5. In conclusione sulla base tutti questi elementi accertati con autorità di giudicato resterebbe escluso l’antecedente logico fattuale della contestazione di addebito che sarebbe perciò venuto meno nella sua materialità.
9. Il motivo non può essere accolto atteso che la prospettata violazione dell’art. 2909 c.c. non è ravvisabile in un caso, come quello in esame, in cui il giudicato si è formato su pretese avanzate da un soggetto diverso rispetto a quello oggi convenuto in giudizio.
La sentenza del Tribunale di Bologna n. 2108 del 10 luglio 2018 ha ad oggetto le pretese avanzate dalla O.S.L. s.r.l., che pur nella sua qualità di socio unico della T. S.r.l., ha agito nei confronti del N. sulla base di altri presupposti di legge e di un diverso rapporto giuridico in atto tra le parti. Non si tratta di giudizio tra le stesse parti e riferito al medesimo rapporto giuridico al quale si estende l’accertamento e la soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza (cfr. Cass. 15/05/2018 n. 11754).
9.1. Qualora due giudizi facciano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due si sia concluso con sentenza definitiva, il principio, secondo il quale l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., ai soggetti posti in condizione di intervenire nel processo (cfr. Cass. 18/02/2015 n. 3197 e anche 08/02/2006 n. 2786).
10. Il quarto motivo di ricorso investe il capo della decisione che ha ritenuto tempestiva la contestazione di addebito e denuncia la violazione dell’art. 7 della legge n.300 del 1970. Sostiene il ricorrente che per quanto riguarda la maggiore fatturazione di ore per indebita modifica dei software si tratta di fatti risalenti al mese di ottobre del 2012 che furono contestati a gennaio del 2013. Conseguentemente il licenziamento intimato ad aprile 2013 sarebbe intempestivo e sintomatico di una rinuncia datoriale a perseguire disciplinarmente la condotta tenuto conto anche della struttura societaria estremamente semplice.
11. La censura è inammissibile poiché, per quanto risulta dalla lettura della sentenza, la questione della intempestiva irrogazione della sanzione non risulta essere stata prima sollevata davanti al giudice.
11.1. Come emerge dalla lettura della sentenza la denuncia di intempestività riguardava, piuttosto, la contestazione dell’addebito rispetto al compiersi dei fatti contestati. Si tratta, all’evidenza, di accertamento fattuale diverso rispetto a quello oggetto del presente motivo di ricorso che attiene, piuttosto, al tempo intercorso tra l’accertamento disciplinare dei fatti e l’irrogazione della sanzione espulsiva.
11.2. Al fine di superare il vaglio di ammissibilità la censura avrebbe dovuto, e non lo ha fatto, riportare in che termini ed in quale sede la specifica questione era stata sollevata in primo grado e poi specificatamente coltivata in appello.
12. Del pari è inammissibile il quinto motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 e degli artt. 2104, 2106 e 2119 c.c. e si sostiene che la gravità dell’inadempimento sarebbe stata esclusa se si fosse tenuto conto dell’assenza in capo al dipendente di un intento fraudolento stante la mancanza di attività illecite di creazione e/o modificazione di software di proprietà di O.S.L. e l’assenza di un pregiudizio per il datore di lavoro.
12.1. Osserva il Collegio che quand’anche si voglia tralasciare l’infondatezza di tali affermazioni tenuto conto che l’addebito scrutinato dal Giudice del lavoro riguarda condotte di sovrafatturazione delle ore di lavoro, addebitate al cliente della datrice di lavoro, in ogni caso con il motivo si sollecita questa Corte ad un nuovo esame dei fatti e ad una rivalutazione del merito della controversia, riguardante la gravità dell’addebito e l’adeguatezza della sanzione espulsiva, per effetto di una ritenuta non completa considerazione di tutti i profili oggettivi e soggettivi della condotta (quali l’assenza di un intento fraudolento e di un pregiudizio economico per la datrice di lavoro) che non è consentita in questa sede se non nei limiti oggi consentiti della denuncia del vizio di motivazione neppure specificatamente denunciato.
13. Quanto al sesto motivo di ricorso – che ha ad oggetto la violazione del principio di immodificabilità dei motivi di licenziamento per non essere stato esaminato l’intero quadro accusatorio (in particolare l’ indebita attività di modifica dei software) con la conseguenza che il fatto addebitato ne sarebbe risultato differente – si osserva che quando il licenziamento disciplinare sia stato intimato per una pluralità di distinti ed autonomi comportamenti e solo alcuni di questi risultino dimostrati, il giudice deve verificare, come in concreto ha fatto, che si sia realizzato quel nucleo minimo di condotte che siano idonee a giustificare la sanzione espulsiva, operando una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed i comportamenti dimostrati (arg. ex Cass. 03/12/2019 n. 31529). Il più ridotto accertamento fattuale non integra una modificazione dei fatti posti a fondamento dell’irrogazione della sanzione se le condotte accertate, come nel caso, siano state già tutte previamente contestate.
14. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22047 depositata il 12 luglio 2022 - Con un ricorso per cassazione, per omesso esame di fatto decisivo, avverso la sentenza della corte di appello che conferma la decisione di primo grado, ai sensi dell'art. 348-ter, il…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 9513 depositata il 6 aprile 2023 - Ricorre l'ipotesi di c.d. "doppia conforme", ai sensi dell'art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art.…
- Corte di Cassazione sentenza n. 27 depositata il 3 gennaio 2020 - Per evitare l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 348 ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste…
- Corte di Cassazione sentenza n. 17492 depositata il 31 maggio 2022 - Nell'ipotesi di «doppia conforme» prevista dal quinto comma dell'art. 348 ter cod. proc. civ., applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 2671 depositata il 29 gennaio 2024 - In presenza della c.d. “doppia conforme” (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d.…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 13383 depositata il 16 maggio 2023 - Il motivo è inammissibile nei casi della cd. "doppia conforme", prevista dall'art. 348 ter, comma 5, cod. proc. civ., sicché il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…