CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 aprile 2019, n. 11048
Imposte indirette – IVA – Importazione merci – Dichiarazione doganale – Riclassificazione merci dichiarate
Fatti di causa
G.E. s.p.a. impugnò l’avviso di rettifica notificato dall’Agenzia delle Dogane, in relazione alla maggiore aliquota IVA applicata su talune merci importate dall’estero, che erano state riclassificate dall’amministrazione quali album fotografici, anziché prodotti editoriali come indicato dall’importatrice nella dichiarazione doganale.
Accolta l’impugnazione in primo grado, l’Agenzia delle Dogane propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, che lo respinse, con sentenza depositata il 19 settembre 2012, assumendo che le merci importate erano state dichiarate dall’importatrice correttamente quali prodotti editoriali.
Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – già Agenzia delle Dogane – ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso G.E. s.p.a.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli lamenta violazione dell’allegato I del Regolamento CEE del Consiglio n. 2658/1987, poiché erroneamente il giudice di merito ha ritenuto che il prodotto importato dalla controricorrente dovesse essere classificato come libro con finalità didattiche, anziché quale mero album fotografico, secondo la classificazione doganale vigente.
2. Con il secondo motivo assume violazione dell’art. 74 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, avendo la commissione tributaria regionale invocato una circolare ministeriale (la n. 26 del 19 marzo 1985) relativa alle aliquote agevolate in tema di IVA e non alla classificazione doganale, il cui contenuto, comunque, non suffraga la tesi che la merce importata fosse un prodotto editoriale.
2.1. I due motivi del ricorso, palesemente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi inammissibili.
E invero, censurando la violazione di plurime violazioni di legge, in realtà la ricorrente intende sottoporre a questa Corte una nuova valutazione dell’apprezzamento fatto dal giudice di merito, in ordine alla circostanza che la pubblicazione denominata “Il libro del bebe” e importata dalla controricorrente in Italia, fosse da classificare – secondo la nomenclatura combinata approvata con il Regolamento CEE n. 2658/1987 del Consiglio – come libro educativo anziché quale album fotografico.
È vero, invece, che la commissione tributaria regionale, senza violare alcuna fra le disposizioni surrichiamate, ha semplicemente affermato, con un giudizio in fatto qui incensurabile, che i prodotti importati dalla odierna controricorrente, fossero radicalmente diversi da meri album fotografici, perché riconducibili nell’ambito di un prodotto editoriale, avendo chiare finalità educative nei confronti dei bambini di età inferiore ai 4 o 5 anni.
Quanto alla circolare emessa dal Ministero delle Finanze n. 26 del 19 marzo 1985 (esattamente richiamata dalla circolare ministeriale n. 63 del 7 agosto 1990, cui allude la commissione tributaria regionale), il riferimento nella sentenza impugnata al suo contenuto appare pertinente, per la decisiva considerazione che in essa si fornisce una mera descrizione – ma di fonte ministeriale – di taluni prodotti, i quali fiscalmente possono considerarsi a tutti gli effetti un libro, id est «tutti i lavori dell’arte libraria di qualsiasi dimensione, pure se solo illustrati o di carattere informativo, purché stampati», compresi «i libri di immagini e quelli per bambini in genere»; e siffatta descrizione, all’evidenza, può essere utilizzata dal giudice, anche in ambiti tributari diversi rispetto ai quali è stata introdotta, per rafforzare il suo giudizio in fatto su quale merce sia da considerare un prodotto editoriale piuttosto che un album fotografico.
3. Le spese seguono la soccombenza. Essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l’obbligo di versare dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 17789).
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge.
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