CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 gennaio 2022, n. 1676
Tributi – Accertamento – Società e ditta individuale, entrambe riferibili al socio unico – Esercizio della medesima attività commerciale – Condivisione di un unico capannone – Totale commistione della merce e sovrapposizione della contabilità – Accertamento analitico-induttivo di maggiori redditi
Fatti di causa
1. Alla K. S.r.l., società unipersonale con socio unico nella persone di L. M., esercente l’attività di commercio al minuto di mobili antichizzati e di “arte povera”, vennero notificati due avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle entrate riprendeva a tassazione, ai fini Irpeg, Iva e Irap, per gli anni di imposta 2001 2002, ricavi non dichiarati. Altrettanti avvisi di accertamento di analogo contenuto, che rettificavano l’imponibile Irpef, Irap e Iva, per il 2002 e per il 2003, furono notificati a L. M., nella qualità di imprenditore individuale, esercente la stessa attività dell’ente collettivo di cui era socio unico.
2. I contribuenti impugnarono gli avvisi a ciascuno dei essi rispettivamente destinati e la Commissione tributaria provinciale di Foggia, riuniti i ricorsi, li rigettò con sentenza n. 127/04/2009.
3. La Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Puglia (sezione staccata di Foggia), in parziale accoglimento dei gravami dei contribuenti, ha annullato gli atti impositivi, salvo poi irrogare d’ufficio alla società una sanzione per l’omessa dichiarazione, per l’anno 2002, ed una sanzione per omessa tempestiva fiscalizzazione del misuratore fiscale. Quest’ultima sanzione è stata applicata anche al signor M., quale imprenditore individuale.
4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, sulla base di cinque motivi; i contribuenti hanno resistito con controricorso, nel quale hanno svolto ricorso incidentale, affidato a un motivo.
5. In pendenza del giudizio di cassazione, si è costituita in giudizio M. M., nella qualità di erede di L. M., ha depositato l’istanza di definizione agevolata delle controversie tributarie, ai sensi dell’art. 6, comma 10, del d.l. n. 119 del 2018, ed ha chiesto la sospensione del processo. Nella camera di consiglio del 19 ottobre 2018, la Corte, in diversa composizione, ha sospeso il giudizio, con rinvio della causa a nuovo ruolo.
Ragioni della decisione
a. Con riferimento agli avvisi di accertamento n. RF8010201385 (per il 2002) e n. RF8010201386 (per il 2003) emanati nei confronti dell’imprenditore L. M., in conformità della richiesta della difesa dell’erede del contribuente, va dichiarata l’estinzione del giudizio per effetto delle correlate domande di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti (ex artt. 6, 7, del d.l. n. 119/2018), prodotte in giudizio da M. M., con i Mod. F24 attestanti il pagamento in unica soluzione delle somme dovute. Entro il 31/12/2020 nessuna delle parti ha presentato l’istanza di trattazione di cui al comma 13, dell’art. 6, del citato d.l. n. 119 del 2018, né risulta intervenuto diniego della definizione, poi impugnato; pertanto, ai sensi di tale comma 13, dell’articolo 6, esclusivamente in relazione al rapporto processuale tra l’Agenzia e l’imprenditore individuale L. M., il processo va dichiarato estinto; alla stregua di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 13 (che disciplina l’analoga ipotesi in cui il processo è dichiarato estinto con decreto del Presidente), le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.
b. Con riferimento al ricorso incidentale dell’erede di L. M., la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (negli stessi termini, Cass. 08/07/2021, n. 19419; nonché: Cass. 12/10/2018, n. 25485, in tema di definizione agevolata ex art. 11, d.l. n. 50 del 2017, conv. con mod. dalla legge n. 96 del 2017; Cass. 10/10/2019, n. 25529, in tema di definizione agevolata ex art. 6, d.l. n. 193 del 2016, conv. con mod. dalla legge n. 225 del 2016).
1. Il primo motivo del ricorso principale [«1. Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3»], poggia sulla premessa (evincibile dalla narrativa del medesimo atto) secondo cui la verifica fiscale con accesso in loco aveva messo in luce che K. S.r.l. e la ditta individuale “M. L.” erano ubicate nello stesso stabilimento, con totale confusione dei beni aziendali; che i due distinti soggetti non avevano tenuto regolarmente la contabilità del magazzino, rendendo impossibile agli accertatori determinare le rimanenze finali e le giacenze iniziali; che L. M. aveva finanziato con apporti personali la società di cui era socio unico e la propria ditta individuale, pur non disponendo di alcun reddito dichiarato, sicché gli stessi finanziamenti (volti ad evitare un c/cassa negativo) dovevano considerarsi connessi alla cessione di merce in evasione totale di imposta; che la società non aveva presentato la dichiarazione, per l’anno d’imposta 2002, e, inoltre, sia K. S.r.l. sia la ditta individuale “M. L.” avevano omesso di installare il registratore di cassa previsto dal d.m. 23/03/1983 per le attività di commercio al minuto; che, in base alle incongruenze riscontrate e agli elementi sintomatici dell’inattendibilità della contabilità della società e dell’imprenditore individuale, l’ufficio finanziario aveva accertato in modo analitico induttivo maggiori redditi imponibili in capo ad entrambi i contribuenti. Svolta tale premessa, con il motivo di ricorso l’ufficio ascrive alla C.T.R. l’erronea valutazione degli atti di causa, per avere ritenuto che il fisco avesse disposto un secondo accesso, conclusosi con la redazione del p.v.c. del 09/11/2006, da cui sarebbe risultato che tutte le merci acquistate dalla società e (ri)vendute alla ditta individuale, dal 2001 in poi, erano state reperite nel capannone. L’Agenzia rimarca che detto p.v.c. non ha alcuna relazione con quello, risalente al mese di marzo del 2006, che ha portato all’emanazione degli avvisi di accertamento oggetto del presente giudizio, perché riguardava una diversa verifica fiscale, per altra annualità (il 2005), mentre i periodi di imposta in questione (testualmente a pag. 7 del ricorso) “si riferiscono agli anni 2001 e 2002”. Conclusivamente, l’Agenzia censura la motivazione generica della sentenza impugnata, che non consente di comprendere la ragione per la quale la Commissione regionale ha disconosciuto la rilevanza degli elementi sintomatici della contestata evasione di imposta.
2. Con il secondo motivo [«Violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3»], l’Agenzia addebita alla C.T.R. la non corretta applicazione del principio di non contestazione in quanto, in realtà, l’ufficio aveva contestato espressamente la ricostruzione dei fatti di causa operata dal signor M. e le confuse spiegazioni che egli aveva dato circa le sue disponibilità finanziarie e i passaggi di denaro dalla società alla ditta individuale e viceversa.
3. Con il terzo motivo [«Violazione degli artt. 14 e 15 dpr 600/1973 in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere violato le disposizioni di cui alla rubrica del motivo, in materia di regolare tenuta del libro inventari o delle distinte inventariali, in quanto dagli atti risultava che sia la società sia la ditta individuale avevano omesso di presentare la distinta delle merci in magazzino, in una situazione di promiscuità fisica della merce, detenuta in uno stesso capannone da due diversi soggetti giuridici. Una simile omissione, nella prospettiva dell’ufficio, integra una violazione sostanziale, trascurata dal giudice di appello, posto che le rimanenze finali e le esistente iniziali rappresentano rispettivamente componenti positivi e negativi di reddito.
4. Con il quarto e con il quinto motivo [«4) Violazione dell’art. 39, commi 1 e 2, del dpr 600/1973 e 5) violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha colto che l’accertamento analitico induttivo è senz’altro legittimo quando (come è accaduto nel caso di specie) l’esposizione dei ricavi sia talmente ridotta rispetto ai costi da indurre a ritenere antieconomica la gestione, e in presenza di scritture contabili totalmente inattendibili a causa della mancanza di indicazione dei criteri di valutazione delle rimanenze finali/giacenze iniziali.
5. Con l’unico motivo di ricorso incidentale [«Abnormità del provvedimento – Violazione art. 7 d.lgs. 546/1992 e 112 c.p.c. – Violazione artt. 16-17 d.lgs. 472/1997 e art. 1, comma 1°, d.lgs. 471/1997 e art. 6, 3° comma, d.lgs. 471/1997 – in relazione all’art. 111 Costituzione e 360, n. 3-4 c.p.c.»], la contribuente censura il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata che ha applicato delle sanzioni alla società (per omessa presentazione della dichiarazione per il 2002, e per non avere tempestivamente fiscalizzato il misuratore fiscale) e alla ditta individuale (per omessa tempestiva fiscalizzazione del misuratore fiscale) che non erano state irrogate dall’ente impositore.
6. Il primo motivo del ricorso principale è fondato, il che comporta l’assorbimento del terzo, del quarto e del quinto motivo. Dal testo della sentenza si evince chiaramente che il giudice d’appello non spiega perché abbia ritenuto rilevante (si può supporre in termini meramente presuntivi) il p.v.c. del 09/11/2006, del tutto inconferente rispetto al p.v.c. del 23/03/2006 — che, invece, sorregge gli atti impositivi oggetto di questo giudizio — nel quale l’ufficio rileva che la società e la ditta individuale, entrambe riferibili in maniera esclusiva a L. M., esercitavano attività commerciale condividendo un unico capannone, con totale commistione della merce e con sovrapposizione della contabilità (che era tenuta in maniera irregolare e frammentaria), tanto da indurre i verificatori a concludere che il signor M. avesse spostato solo “virtualmente” la merce da un soggetto giuridico all’altro al solo fine di “sottrarre materiale imponibile all’Erario”. Nel solco della costante giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. 24/05/2018, n. 12967) reputa il Collegio che tale macroscopica carenza nella trama argomentativa della decisione della C.T.R. integri il vizio di insufficiente motivazione, secondo il parametro del “vecchio” art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (e non del “n. 3”, erroneamente menzionato nel titolo del motivo di ricorso).
7. Il secondo motivo è fondato.
La C.T.R. afferma che l’ufficio finanziario non ha contestato che tutte le merci acquistate dalla società e poi vendute alla ditta individuale, dal 2001 in poi, furono rinvenute nel capannone in sede di verifica.
Tale affermazione è smentita dall’univoca linea difensiva dell’Agenzia che, come risulta dall’autosufficiente motivo di ricorso, nelle deduzioni rese nel giudizio di merito, ha sempre sostenuto che, in assenza di distinte inventariali, non era stato possibile per gli accertatori “tracciare” le merci giacenti nel capannone, nel quale operavano sia la società che la ditta individuale, anche al fine di riscontrarne l’effettiva presenza nei locali aziendali.
8. Il motivo di ricorso incidentale è fondato.
La sentenza impugnata è affetta da ultrapetizione in quanto la C.T.R., senza averne il potere, ha applicato ex officio sanzioni non irrogate dall’ufficio finanziario.
9. In definitiva, accolti il primo e il secondo motivo del ricorso principale ed assorbiti gli altri, accolto il ricorso incidentale, la sentenza è cassata con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara estinto il processo in relazione al ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di L. M. e al ricorso incidentale di quest’ultimo; accoglie il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di K. S.r.l., società unipersonale in liquidazione, nei termini di cui in motivazione; accoglie il ricorso incidentale di K. S.r.l., cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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