CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 giugno 2019, n. 16420
Rapporto di lavoro – Attività di insegnamento su posti di sostegno senza essere in possesso del titolo di specializzazione – Provvedimento di ricostruzione della carriera
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Cagliari, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso, ha respinto le domande proposte da M. M. la quale, nel convenire in giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, aveva chiesto che fosse dichiarato illegittimo il provvedimento di ricostruzione della carriera adottato nei suoi confronti e nel cui ambito non le erano stati riconosciuti i periodi di servizio pre-ruolo svolti con due contratti a tempo determinato tra il 1998 e il 1999, oltre alla condanna del Ministero al pagamento delle relative differenze retributive maturate.
2. La Corte territoriale ha premesso che l’appellata aveva svolto l’attività di insegnamento su posti di sostegno senza essere in possesso del titolo di specializzazione, avendo conseguito solo quello di studio richiesto per l’ammissione alla classe di concorso. Ha ricostruito il quadro normativo, richiamando l’art. 3 del d.l. n. 370/1970, l’art. 485 del d.lgs. n. 297/1994 e l’art. 7 della legge n. 124/1999 ed ha ritenuto che, solo a partire dall’entrata in vigore di quest’ultima disposizione, il legislatore aveva valorizzato ai fini della ricostruzione della carriera il titolo di studio, prescindendo da quello di specializzazione. La norma, peraltro, aveva innovato il sistema previgente ed alla stessa non poteva essere riconosciuta natura interpretativa né retroattiva con la conseguenza che il riconoscimento poteva valere solo per gli anni di servizio prestati dopo l’entrata in vigore della disposizione.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M. M. sulla base di due motivi, illustrato da memoria, al quale ha opposto difese il MIUR con tempestivo controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso con il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 24 e 11 Cost., nonché degli artt. 99, 101, 183, 359 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché violazione del principio del contraddittorio e del sollecito e leale svolgimento del processo, per avere la Corte distrettuale posto a base della propria decisione norme (in specie gli artt. 319 e 325 d.p.r. 297/1994) la cui applicazione non era stata postulata in primo e secondo grado da alcuna delle parti.
Il secondo motivo denuncia invece, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 3 d.l. n. 370/1970, conv. in L. 576/1970, nonché degli artt. 316, 319, 325, 455 e 485 del d. Igs. n. 297/1994, sostenendo che l’unico requisito richiesto per il riconoscimento del servizio di pre-ruolo fosse il possesso del titolo di studio, al quale non può essere equiparata la specializzazione e sottolineando come una diversa interpretazione comporterebbe dubbi di legittimità costituzionale della disciplina, in quanto discriminatoria nei riguardi di personale che, pur chiamato a svolgere funzioni di docenza sulla base del titolo di studio, risulterebbe trattato diversamente, pur dopo l’immissione in ruolo, rispetto agli altri insegnanti. Afferma inoltre che sarebbe priva di rilevanza la distinzione tra utilizzazione ed assegnazione quale presupposto per escludere il riconoscimento del servizio pre ruolo prestato su posizioni di sostegno rispetto, in quanto l’art. 485, co. 6 cit. si limita a fare riferimento a servizi prestati, senza richiedere alcun ulteriore e diverso requisito.
2. Il secondo motivo del ricorso è fondato e l’accoglimento di esso comporta l’assorbimento del primo motivo.
Il diritto all’integrazione scolastica dell’alunno con disabilità, che trova il suo fondamento costituzionale negli artt. 2, 3, 30, 34 e 38, comma 3, della Carta fondamentale (Corte Cost. n. 215/1987), ha ispirato gli interventi legislativi con i quali, a partire dagli anni ’70, è stato superato il principio della necessaria separazione dagli altri degli alunni affetti da handicap, principio che stava alla base dell’istituzione di scuole speciali e di classi differenziali (R.d. n. 577/1928; L. 1859/1962; L. 444/1968).
Il legislatore ordinario ha progressivamente «aperto» le classi cosiddette comuni alla frequenza da parte dei disabili (d.l. n. 5/1971; l. n. 517/1977) ed il diritto ha trovato definitiva consacrazione nella legge n. 104/1992, che ha individuato nell’attività di sostegno svolta da insegnanti specializzati lo strumento principale per la realizzazione dell’integrazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 6, della richiamata legge n. 104/1992 i docenti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi nelle quali operano e partecipano alla programmazione educativa e didattica in tutte le sedi collegiali nelle quali l’attività si svolge, sicché è stato sottolineato dalla dottrina che gli stessi costituiscono una risorsa per l’intera comunità didattica e non costituiscono «una protesi» dell’alunno disabile, in quanto l’integrazione scolastica si realizza anche sul piano della funzione docente.
2.1. I medesimi principi che ispirano la normativa in tema di disabilità sono stati posti alla base della disciplina dettata dal T.U. n. 297/1994 che, all’art. 127, ha ribadito che i docenti di sostegno: fanno parte integrante dell’organico di circolo; assumono la contitolarità delle classi in cui operano; programmano ed attuano progetti educativi personalizzati per gli alunni disabili ma partecipano anche a tutte le attività di competenza dei consigli di classe, di interclasse e dei collegi dei docenti. Il comma 2 dell’art. 127 prevede che, dopo un periodo minimo ai assegnazione al ruolo dei docenti di sostegno, gli insegnanti possono chiedere il trasferimento nei ruoli comuni ed il comma 4 stabilisce che «l’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita, nei modi previsti dall’articolo 455, unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati».
Il diritto di precedenza riconosciuto, nell’assegnazione a posti di sostegno, agli insegnanti in possesso del titolo di specializzazione è ribadito dall’art. 319, comma 5, che, quanto alla natura ed alla disciplina del titolo stesso, richiama l’art. 325 del T.U., a norma del quale « Il personale direttivo e docente preposto alle scuole per non vedenti e per sordomuti, alle scuole con particolari finalità ed alle sezioni e classi delle scuole comuni che accolgono alunni portatori di handicap deve essere fornito – fino all’applicazione dell’articolo 9 della legge 19 novembre 1990 n. 341 – di apposito titolo di specializzazione da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale presso scuole o istituti riconosciuti dal Ministero della pubblica istruzione. I programmi del predetto corso sono approvati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione. 2. Al predetto corso sono ammessi coloro che siano in possesso dei requisiti prescritti per l’accesso ai posti di ruolo a cui si riferisce la specializzazione.
3. Sono validi altresì quali titoli di specializzazione i titoli conseguiti in base a norme vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975 n. 970, anche se il loro conseguimento abbia avuto luogo dopo tale data, purché a seguito di corsi indetti prima della data medesima.».
Alle modalità di assegnazione del personale docente ai posti di sostegno è dedicato anche l’art. 481 del T.U., secondo cui va data priorità agli insegnanti in possesso del titolo di specializzazione e, fra questi, a quelli di ruolo rispetto a quelli non di ruolo, di modo che l’utilizzazione di personale privo del titolo è possibile, ma solo a condizione che i posti disponibili non possano essere tutti coperti dai docenti specializzati.
2.2. Il quadro normativo sopra richiamato, che delinea le peculiarità proprie dell’attività di sostegno nell’ambito della funzione docente, va tenuto presente nella soluzione della questione qui controversa, che verte sulla riconoscibilità del servizio non di ruolo prestato su posti di sostegno da insegnante privo del titolo di specializzazione in anni scolastici antecedenti all’entrata in vigore della legge n. 124/1999.
Il legislatore del T.U. del 1994, nel disciplinare il riconoscimento del servizio agli effetti della carriera, ha sostanzialmente riprodotto la disposizione già dettata dall’art. 3 della legge n. 370/1970, ed ha previsto, all’art. 485, che i servizi non di ruolo sono riconosciuti, nei limiti previsti dallo stesso decreto, « purché prestati senza demerito e con il possesso, ove richiesto, del titolo di studio prescritto o comunque riconosciuto valido per effetto di apposito provvedimento legislativo».
Il d.lgs. n. 297/1994 non contiene, quanto alla ricostruzione della carriera, alcuna normativa specifica per gli insegnanti di sostegno, normativa che, invece, è stata dettata dall’art. 7, comma 2, della legge n. 124/1999 secondo cui «il servizio di insegnamento su posti di sostegno, prestato dai docenti non di ruolo o con rapporto di lavoro a tempo determinato in possesso del titolo di studio richiesto per l’ammissione agli esami di concorso a cattedra per l’insegnamento di una delle discipline previste dal rispettivo ordine e grado di scuola, è valido anche ai fini del riconoscimento del servizio di cui all’art. 485 del testo unico». Il comma 1 della stessa disposizione disciplina le modalità di partecipazione degli insegnanti in possesso del titolo di specializzazione di cui al d.P.R. n. 970/1975 alla sessione riservata di esami prevista dall’art. 2 della legge ed aggiunge, poi, che «nelle operazioni di nomina in ruolo sui posti di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado è data la priorità al personale in possesso del titolo di specializzazione conseguito ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 970 del 1975».
2.3. Nell’interpretare le norme che vengono specificamente qui in rilievo la giurisprudenza amministrativa ha espresso orientamenti difformi. Da un lato si è sottolineato che l’art. 485 del d.lgs n. 297/1994 condiziona il riconoscimento del servizio non di ruolo al possesso del sol’ «titolo di studio», ossia del «diploma di scuola secondaria o di laurea che esprime la complessiva preparazione culturale richiesta dalla legge per accedere ad una determinata classe docenza» (C.d.S. I parere 11.2.2009 n. 3056/05). Si è fatto leva: sul tenore letterale della disposizione; sulla natura della specializzazione, che costituisce un titolo di precedenza e non un requisito imprescindibile per la prestazione dell’attività di sostegno; sul rilievo che il titolo di specializzazione non abilita all’accesso ad alcuna classe di insegnamento, ma si correla alle particolari esigenze di forme di attività didattiche polivalenti (C.d.S. n. 4140/2009; n. 5398/2008; n. 5032/2008; n. 4306/2007; n. 2344/2006; n. 5459/2005). Si è, quindi, evidenziato che l’art.7, comma 2, della legge n. 124/1999 non ha natura innovativa, avendo il legislatore recepito, con valenza chiarificatrice, un’interpretazione che già era emersa nella giurisprudenza amministrativa, optando per la tesi più rispettosa del tenore letterale dell’art. 485 (TAR Brescia n. 536/2012).
2.4. Altro orientamento, invece, ha ritenuto che, seppure in via generale il titolo di studio, nella dizione utilizzata dall’art. 3 della legge n. 370/1970 e dall’art. 485 del d.lgs. n. 297/1994, debba essere individuato in quello richiamato dalle disposizioni vigenti per l’abilitazione all’insegnamento, tuttavia per gli insegnanti di sostegno il requisito minimo richiesto dal legislatore ai fini del riconoscimento del servizio deve intendersi comprensivo della specializzazione, perché solo quest’ultima attesta la presenza di quella specifica preparazione culturale richiesta per l’attività da prestare nell’interesse degli alunni portatori di handicap (C.d.S. n. 13585/2014; n. 5243/2007; n. 3828/2006; n. 1840/2004; n. 937/2003; n. 3779/2000). Sulla base di detta premessa le pronunce richiamate hanno riconosciuto naturo innovativa alla disposizione dettata dall’art. 7, comma 2, della legge n. 124/1999, della quale, valorizzando anche il parere reso dall’adunanza n. 14 del 20.4.2004 del Consiglio di Stato, Commissione speciale pubblico impiego, hanno limitato l’applicazione ai servizi non di ruolo prestati, in assenza del titolo di specializzazione, negli anni successivi all’entrata in vigore della nuova normativa.
3. Questa Corte ritiene non condivisibili gli argomenti posti a fondamento della tesi più restrittiva, perché gli stessi, oltre a mortificare il tenore letterale della disposizione normativa, prescindono dalla valutazione complessiva della disciplina dettata per l’insegnamento in posti di sostegno, i cui aspetti salienti sono stati evidenziati al punto 2.1.
3.1. Il legislatore del T.U. ha ben chiara la distinzione fra titolo di studio e titolo di specializzazione, distinzione sulla quale è fondata la disciplina dettata dagli artt. 402 e 403 in relazione ai requisiti necessari per essere ammessi ai concorsi banditi per l’assegnazione di cattedre di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado. In particolare mentre l’art. 402 richiede il possesso del solo titolo di studio, l’art. 403 stabilisce che «Per i concorsi a cattedre u a posti di insegnamento nelle scuole aventi particolari finalità, in aggiunta ai titoli di studio di cui all’articolo 402 è richiesto il titolo di specializzazione».
L’art. 485, quindi, nella parte in cui richiede, ai fini del riconoscimento del servizio non di ruolo, il possesso del solo titolo di studio, esprime una precisa scelta del legislatore di considerare unicamente quest’ultimo condizione imprescindibile ai fini della ricostruzione della carriera, scelta che per quanto attiene all’insegnamento di sostegno risulta in linea con l’intero impianto della normativa. Quest’ultima, si è detto, nel disciplinare le modalità di assegnazione delle cattedre in posti di sostegno, non richiede quale requisito necessario il possesso del titolo di specializzazione, perché consente, sia pure in via residuale, di assegnare alle stesse docenti, di ruolo o non di ruolo, privi del titolo specializzante, che costituisce, pertanto, un mero titolo di precedenza.
3.2. La valorizzazione del solo possesso del titolo di studio trova la sua ratio anche nella particolarità della funzione docente affidata all’insegnante di sostegno il quale, si è già rimarcato, assume la contitolarità dell’intera classe e partecipa alle attività didattiche e di programmazione che coinvolgono la totalità degli studenti, sicché si trova a svolgere contemporaneamente sia funzioni specificamente finalizzate all’integrazione scolastica del disabile, sia attività che trascendono il rapporto insegnante di sostegno/persona affetta da disabilità e coinvolgono l’intera comunità scolastica. E’ pacifico che per gli insegnanti che svolgono unicamente dette ultime funzioni il servizio non di ruolo è riconosciuto sulla base del solo possesso del titolo di studio, sicché, evidentemente, l’art. 485 esprime anche la volontà del legislatore di non differenziare rispetto a questi ultimi gli insegnanti di sostegno che, seppure non in possesso del diploma di specializzazione, a pieno titolo assumono la contitolarità della classe alla quale sono assegnati.
3.3. Non si può, pertanto, riconoscere natura innovativa all’art. 7, comma 2, della legge n. 124/1999 perché la norma, seppure non qualificabile di interpretazione autentica, ha solo reso esplicito e chiarito un principio già desumibile dal precedente quadro normativo.
Al riguardo si deve osservare che non è impedita al legislatore la produzione di una norma che, sia pure senza vincolare per il passato l’interprete e senza fare esplicito riferimento alla esegesi di una data disposizione, “produca fra le sue conseguenze, in virtù dell’unità ed organicità dell’ordinamento giuridico, anche quella di chiarire il significato di detta disposizione..” (Cass. n. 2289/1974).
L’interprete, quindi, all’esito di una comparazione fra il quadro normativo previgente e quello modificato, ben può escludere il carattere innovativo della disposizione e ritenere che il precetto, reso esplicito, fosse già desumibile dalla precedente disciplina (in tal senso in motivazione Cass. S.U. n. 18353/2014).
3.4. D’altro canto la tesi che dal carattere innovativo dell’art. 7, comma 2, della legge n. 124/1999 fa discendere la riconoscibilità del servizio non di ruolo solo se prestato, in assenza di specializzazione, negli anni scolastici successivi all’entrata in vigore della legge, finisce per introdurre una disparità di trattamento fra situazioni che non presentano alcun profilo di diversità quanto all’aspetto che le qualifica, ossia l’essere l’attività resa in difetto del titolo specializzante. Nella scelta fra le due opzioni interpretative deve, allora, essere preferita quella che non espone la norma al sospetto di incostituzionalità perché l’obbligo del giudice di addivenire ad un’interpretazione conforme alla Costituzione si arresta e cede il passo all’incidente di legittimità solo qualora l’interpretazione stessa «sia incompatibile con il disposto letterale della disposizione e si riveli del tutto eccentrica e bizzarra, anche alla luce del contesto normativo ove la disposizione si colloca» (Corte Cost. n. 36/2016), evenienze, queste, che certo non ricorrono nella fattispecie.
3.5. In via conclusiva il ricorso merita accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio di diritto di seguito enunciato: « l’art. 485, comma 6, del d.lgs. n. 297/1994, che consente il riconoscimento del servizio non di ruolo prestato senza demerito e con il possesso del titolo di studio prescritto, è applicabile all’insegnamento su posto di sostegno anche se svolto in assenza del titolo di specializzazione, perché l’art. 7, comma 2, della legge n. 124/1999, che in tal senso si esprime, non ha carattere innovativo ed ha solo reso esplicito un precetto già desumibile dalla disciplina dettata dal T.U.».
Alla Corte territoriale è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio c!: legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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