CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 luglio 2019, n. 19581
Inps – Persona giuridica di diritto privato – Omesso pagamento dei contributi per maternità – Cartella esattoriale – Notifica
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 10191 del 10 gennaio 2013, ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto l’opposizione proposta della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor avverso la cartella esattoriale notificata dall’agente della riscossione per il pagamento all’Inps di Euro 185.837,39 a titolo di contributi per maternità per i mesi di marzo, giugno, agosto, ottobre e novembre 2005.
2. La Corte territoriale ha motivato la decisione affermando che la Fondazione, persona giuridica di diritto privato i cui dipendenti erano iscritti all’epoca al regime previdenziale INPDAP, correttamente aveva versato i contributi di maternità nella misura ridotta dovuta dai datori di lavoro che pagano la contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti all’Inps, pur in assenza dei decreti legislativi da emanarsi entro i 12 mesi dall’entrata in vigore della legge n. 335 del 1995 che, ai sensi dell’art. 2 comma 22, avrebbero dovuto armonizzare i regimi pensionistici sostitutivi dell’A.G.O., e ciò in quanto, ad avviso della Corte territoriale occorre dare prevalenza alla ratio legis, che persegue la finalità di aumentare l’aliquota di finanziamento del Fondo, correlativamente riducendo le aliquote cosiddette minori per non innalzare il costo complessivo del lavoro; la Corte ha aggiunto che il successivo D.lgs. n. 151 del 2001 ha costituito una disciplina unitaria della materia, riferita a tutti i datori di lavoro privati, senza alcuna specificazione in merito alla differente forma previdenziale di riferimento.
3. Per la cassazione della sentenza I’Inps, anche per conto di S.C.C.I. s.p.a., ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo.
4. La Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor ha resistito con controricorso contenente in subordine eccezione di costituzionalità della normativa richiamata dalla Corte territoriale, per contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost. La Fondazione ha presentato, altresì, memoria ex art. 378 c.p.c. Equitalia Esatri s.p.a. è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps deduce violazione e o falsa applicazione dell’art. 3, comma 23°, I. n. 335 del 1995, nonché del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 21 febbraio 1996, n. 357800 e dell’art. 79 d.lgs. n. 151 del 2001.
2. A fondamento del proprio ricorso, I’Inps sostiene che la Corte territoriale, nell’applicare anche alla Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor la contribuzione per maternità in misura ridotta dovuta dai datori di lavoro che pagano la contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti all’Inps, sia incorsa in violazione e falsa applicazione dell’art. 3. 23° comma, della L. n. 335 del 1995, nonché del Decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale del 21 febbraio 1996, e in vizio di motivazione.
2. La questione di diritto che questa Corte è chiamata a risolvere, già affrontata da Cassazione n. 9216 del 2016 pronunciata tra le stesse parti, attiene all’esistenza o meno in capo alla Fondazione intimata, persona giuridica di diritto privato i cui dipendenti erano iscritti all’epoca al regime previdenziale Inpdap, dell’obbligo di versare la contribuzione di maternità per i periodi di marzo, giugno, agosto, ottobre e novembre 2005 nella misura ridotta riconosciuta in favore del datori di lavoro privati che versano la contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti all’ Inps.
3. In considerazione del periodo contributivo di riferimento, viene all’esame in primo luogo la Legge 8 agosto 1995, n. 335, che all’art. 3 comma 23 dispone che <Con effetto dall’10 gennaio 1996, l’aliquota contributiva di finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è elevata ai 32 per cento con contestuale riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee a carico della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n.88, procedendo prioritariamente alla riduzione delle aliquote diverse da quelle di finanziamento dell’assegno per il nucleo familiare, fino a concorrenza dell’importo finanziario conseguente alla predetta elevazione. La riduzione delle aliquote contributive di finanziamento dell’assegno per il nucleo familiare, di cui al decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni e integrazioni, ha carattere straordinario fino alla revisione dell’Istituto dell’assegno stesso con adeguate misure di equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Con decreto del Ministro dei lavoro e della previdenza sociale di concerto con Il Ministro del tesoro saranno adottate le necessarie misure di adeguamento. Con la medesima decorrenza, gli oneri per la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, sono posti integralmente a carico della predetta gestione di cui all’articolo 24 della citata legge n. 88 del 1989 e, contestualmente, il concorso dello Stato per i trattamenti di famiglia previsto dalla vigente normativa è riassegnato per le altre finalità previste dall’articolo 37 della medesima legge n. 88 del 1989>.
4. In attuazione di tale norma, con il decreto 21 febbraio 1996 emesso dal Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero del Tesoro, sono state adottate le misure di adeguamento delle aliquote contributive. Le riduzioni delle aliquote contributive TBC, maternità e CUAF non trovano però applicazione, in base a quanto espressamente previsto dall’art. 2 di tale decreto ministeriale, per le categorie iscritte a regimi pensionistici obbligatori diversi dal Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti.
5. Con numerose decisioni, cui occorre dare continuità (v. Cass. n. 18455 del 2014, n. 7834 del 2014, ord. n. 14869 del 2015, ord. n. 312 del 2016, ord. n. 180 del 2016; n. 30806 del 2018) questa Corte ha chiarito che il riportato art. 3, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335 , si applica unicamente ai soggetti per i quali sussiste l’obbligo contributivo al fondo pensioni lavoratori dipendenti e comunque iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e non anche ai dipendenti delle aziende che hanno continuato a mantenere l’iscrizione all’’INPDAP.
6. Si è difatti rilevato che la disposizione è assolutamente non equivoca nel ricollegare la “contestuale” riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee all’elevazione dell’aliquota contributiva dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, onde non vi è spazio per poter ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore dei soggetti che non versano i contributi a tale Fondo; ed il successivo comma 24, nel prevedere invece un aumento delle aliquote contributive dovute all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme dì previdenza esclusive, sostitutive ed esoneratlve della medesima> suona a conferma che la ricordata previsione di cui al precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole contribuzioni relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
7. Né può porsi un problema di violazione di parametri costituzionali, costituendo la disciplina differenziata degli oneri contributivi esplicazione della discrezionalità del legislatore, con riferimento alle peculiari necessità dei diversi enti previdenziali che, pertanto, non si pone in contrasto con i principi di eguaglianza e di libertà dell’iniziativa economica privata, di cui agli artt. 3 e 41 Cost.
8. Il regime così delineato è però mutato per effetto degli artt. 78 e 79 del D.Lgs. n. 151 del 2001 e, quindi, è a questo regime, applicabile ratione temporis alla contribuzione oggetto del presente giudizio, che va fatto riferimento per risolvere la questione dedotta in causa. Come chiarito da Cass. n. 9593 del 05/05/2014 (conf. n. 1889 del 2016, ord.), l’art. 78, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, ha previsto la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza della fiscalizzazione degli importi delle indennità di maternità erogate per eventi successivi al primo luglio 2001 e per I quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con la conseguente applicabilità della riduzione contributiva anche sulle retribuzioni dei lavoratori che siano dipendenti da datori di lavoro privati e che, in forza di pregresse disposizioni legislative, abbiano mantenuto la posizione assicurativa presso I’Inpdap.
9. L’idoneità dell’art. 79 del d.lgs 151 del 2001 a modificare il regime previgente non può quindi essere messa in dubbio, neppure sotto il profilo della legittimità costituzionale, in quanto la delega al governo disposta dall’art. 15 della L 8 marzo 2000, n. 53, era relativa all’ emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità, nel quale dovevano essere riunite e coordinate tra loro le disposizioni vigenti in materia, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo.
L’avere esteso l’aliquota ridotta per il contributo per maternità a tutti i datori di lavoro privati, indipendentemente dal regime pensionistico di riferimento, rientrava quindi nell’ambito della delega, essendo finalizzata a garantire la coerenza logica del sistema.
10. Alla ricostruzione della disciplina così effettuata consegue che il ricorso risulta infondato in quanto forma oggetto del processo esclusivamente la contribuzione per maternità successiva all’entrata in vigore del D.lgs n. 151 del 2001, che rimane dovuta nella misura inferiore, restando superata, per effetto delle superiori argomentazioni, l’eccezione di illegittimità costituzionale formulata dalla Fondazione contro ricorrente.
11. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore della controricorrente.
Sussistono, dato l’esito del ricorso, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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