CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 marzo 2019, n. 7642
Licenziamento – Procedura di riduzione del personale – Criteri di scelta – Programmi di riconversione industriale – Soppressione delle attività all’interno delle aree di produzione
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza nr. 417 del 7.3.2017, rigettava l’opposizione proposta dalla società S.S. SRL (di seguito per brevità S.) ex art. 1, comma 51, della legge nr. 92 del 2012 avverso le ordinanze conclusive della fase sommaria di annullamento dei licenziamenti intimati a I.C. ed E.F. nell’ambito di una procedura di riduzione del personale, ai sensi della legge nr. 223 del 1991.
2. La Corte di appello di Salerno, con sentenza nr. 605 del 7.9.2017, in accoglimento del reclamo proposto dalla S., ed in riforma della sentenza di primo grado, respingeva le domande dei lavoratori.
2.1. Per quanto qui rileva, la Corte distrettuale escludeva che la società avesse attribuito un peso «disomogeneo» ai tre criteri di scelta di cui all’art. 5 della legge nr. 223 del 1991 ed osservava come la concorsualità degli stessi non fosse sinonimo di eguaglianza ma di contemporanea presenza valutativa.
2.2. Nel caso di specie, dove le esigenze della riduzione del personale erano strettamente collegate a programmi di riconversione industriale, con soppressione di alcune attività all’interno delle aree di produzione, onde evitare la selezione dei soli lavoratori impiegati nei reparti da sopprimere e garantire la comparazione tra tutti coloro che fossero in possesso di professionalità equivalenti, nell’ambito del criterio delle esigenze tecniche, produttive ed organizzative, la società aveva individuato quattro sottocriteri.
2.3. La Corte territoriale escludeva, in particolare, che al sottocriterio della «polivalenza» fosse stato attribuito un punteggio preponderante tale da disvelare un intento discriminatorio; la valutazione della «capacità di svolgere mansioni diverse su reparti diversi» era congruente con i programmi di investimento, riorganizzazione e conversione industriale enunciati nella lettera di avvio della procedura ex lege nr. 223 del 1991; inoltre, a giudizio della Corte di Appello, non era da sottovalutare, da un lato, che la parte sindacale, nel corso dell’intera procedura, non avesse sollevato una specifica opposizione in relazione ai criteri di selezione (il disaccordo aveva riguardato il mancato ricorso agli ammortizzatori sociali) e, dall’altro, che i lavoratori neppure avessero offerto «(la) simulazione di una prova di resistenza».
3. Avverso la decisione, C.I. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, al quale ha resistito la società S. con controricorso.
4. Avverso la medesima sentenza è stato proposto un successivo ricorso da F.E. con otto motivi di censura cui la società ha resistito con controricorso.
5. C.I. e F.E. hanno depositato memoria ex art. 378cod.proc.civ.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, ai sensi dell’art. 335cod.proc.civ., va dato atto della riunione dei ricorsi proposti in via autonoma nei confronti della stessa sentenza.
2. Con il primo motivo del ricorso di F.E. (corrispondente al secondo motivo del ricorso di C.I.) – ai sensi dell’articolo 360 nr.4cod.proc.civ. – è dedotta omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del reclamo, ai sensi dell’articolo 112cod.proc.civ.; si censura la decisione nella parte in cui avrebbe trascurato di provvedere in merito alla predetta eccezione, sollevata in relazione ai contenuti dell’atto di gravame, non conforme alle prescrizioni di legge.
2.1. Il primo motivo è privo di fondamento.
2.2. Come affermato da questa Corte in numerosi e condivisi approdi, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sui medesimo, ipotesi che si verifica allorquando, proposta un’eccezione di inammissibilità dell’appello, la sentenza impugnata abbia valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame (in questi termini, vedi in motivazione, ex plurimis, Cass. nr. 5351 del 2007; Cass. nr. 4882 del 2018). Sulla delibata questione, e con riferimento al vizio di omessa motivazione, si è comunque ribadito che la decisione di accoglimento della domanda della parte comporta anche la reiezione dell’eccezione d’inammissibilità della domanda stessa, avanzata dalla controparte, senza che, in assenza di specifiche argomentazioni, sia configurabile un vizio di omessa motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass. nr. 17956 del 2015).
2.3. Nello specifico deve ritenersi che l’ampia disamina dei motivi di gravame da parte della Corte territoriale sia stata espressione di un rigetto implicito della eccezione di inammissibilità proposta dai lavoratori, onde la pronuncia resiste alla mossa censura.
2.4. In ogni caso, il motivo difetta di specificità, per carente trascrizione dell’atto di reclamo, non essendo sufficiente, invece, il suo deposito (in argomento, Cass., sez.un., nr. 2243 del 2015).
3. Con il secondo motivo del ricorso di F.E. (corrispondente al primo motivo del ricorso di C.I.) – ai sensi dell’art. 360 nr.4cod.proc.civ. – è dedotta, ai sensi dell’art. 112 cod.proc.civ. – omessa pronuncia su una (delle) causae petendi della domanda proposta, non esaminata dal giudice di primo grado ed espressamente riproposta nel giudizio di reclamo.
3.1. Nello specifico, si denuncia il vizio di omesso esame della questione relativa all’incompleta indicazione delle modalità con cui la società aveva attribuito il punteggio relativo al «criterio delle esigenze tecniche, produttive e organizzative»; ciò in quanto, la parte datoriale riportava unicamente il punteggio complessivamente attribuito ad ogni lavoratore con riguardo al predetto criterio e non anche il punteggio assegnato per ciascuno dei sottocriteri in cui esso andava a scomporsi («a. presenza; b. posizioni dichiarate in esubero; c. polivalenza; d. provenienza attività dismesse ») così venendo meno all’obbligo di rendere esplicite le modalità con le quali sono stati L. applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5 co. 1 della legge nr. 223 del 1991 ed impedendo qualsivoglia esame anche comparativo con gli altri lavoratori.
3.2. In disparte profili di specificità del motivo (non è trascritta la comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, della legge nr. 223 del 1991, documento sul quale si fondano i rilievi, e neppure risultano trascritti integralmente, o quanto meno nei passaggi qui significativi, gli atti difensivi del giudizio di merito e la sentenza di primo grado, per valutare la rituale devoluzione della questione alla Corte di Appello), la censura è inammissibile per essere estranea al perimetro del mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ.
3.2. Il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell’art. 112, cod. proc. civ., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per «error in procedendo», censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ., tempo per tempo vigente; l’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass. nr. 7268 del 2012; in motivazione, paragg. 2 e ss., Cass. nr. 23161 del 2018).
3.3. La deduzione che la parte datoriale avrebbe dovuto attribuire un punteggio in relazione a ciascun sottocriterio, in cui andava a scomporsi il criterio delle esigenze tecniche, produttive e organizzative, al fine di rendere palese le modalità di scelta, integra una questione all’interno della prospettata domanda di illegittimità del licenziamento per violazione dei criteri di scelta e non un’autonoma domanda rispetto alla quale sia denunciabile il vizio di mancanza di corrispondenza della pronuncia.
4. I motivi dal terzo al settimo dei due ricorsi sono sostanzialmente sovrapponibili.
5. Con il terzo motivo di ciascun ricorso è dedotta – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3cod.proc.civ. – violazione o falsa applicazione degli artt. 4 e 5 della legge nr. 223 del 1991 nonché degli artt. 1175 e 1375 c.c.
5.1. Secondo le parti ricorrenti, la Corte di appello avrebbe eluso il principio secondo cui quando i dipendenti sono in possesso di professionalità equivalenti la riduzione di personale deve investire l’intero ambito aziendale e non limitarsi ai dipendenti addetti ai reparti in esubero; in particolare, la Corte di appello avrebbe sottovalutato il «peso» attributo, nell’ambito del criterio delle esigenze tecniche, produttive e organizzative, ai parametri «posizioni dichiarate in esubero» e «provenienza da attività dismesse negli ultimi due anni» che, di fatto, a parità di professionalità, finiva per privilegiare i lavoratori dei reparti non soppressi rispetto a quelli provenienti dai reparti dismessi.
5.2. Il motivo è, nel complesso, da respingere.
5.3. In primo luogo, occorre rammentare il principio per cui, in tema di licenziamento collettivo, il relativo annullamento per violazione dei criteri di scelta (id est: illegittimità dei criteri di scelta), ai sensi dell’art. 5 della l. n. 223 del 1991, non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati ma soltanto da coloro che, tra essi, abbiano in concreto subito un pregiudizio per effetto della violazione, perché avente rilievo determinante rispetto al licenziamento (Cass. nr. 24558 del 2016).
5.4. Di tale preliminare questione si occupa la sentenza impugnata, sia pure in relazione al sottocriterio della polivalenza, laddove osserva che «comunque manca un prospetto generale su tutti i lavoratori in esubero dal quale possa evidenziarsi un alterno esito – più o meno favorevole – per i due predetti (id est, gli odierni ricorrenti) rispetto a tutti gli altri lavoratori sicché manca la simulazione di una prova di resistenza».
5.5. Tanto più a fronte di siffatte argomentazioni, la parte ricorrente avrebbe dovuto, quanto meno, dedurre che la «neutralizzazione» dei criteri che assume illegittimi avrebbe impedito la sua collocazione in mobilità, così da dimostrare la sussistenza di un preciso interesse ad agire.
5.6. La carente allegazione del profilo in oggetto rende, di conseguenza, il motivo inammissibile per difetto di interesse.
5.7. In ogni caso, nella sentenza impugnata non si colgono statuizioni in contrasto con i principi che questa Corte ha elaborato in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, quando il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda.
5.8. Al riguardo, è stato affermato che la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Di contro, il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative (Cass. sez. lav. n. 203 del 12/1/2015; Cass. nr. 22655 del 2012).
5.9. Nel caso concreto, la Corte territoriale, come già riportato nello storico, ha escluso che fosse stato attribuito un peso «disomogeneo» ai tre criteri di scelta di cui all’art. 5 ed osservato come tutti e tre i criteri legali fossero stati valorizzati.
5.10. In particolare, ha valutato come l’articolazione del criterio delle esigenze tecniche, produttive ed organizzative in quattro «sottocriteri», con attribuzione di «diversificati punteggi» (recte parametri a sua volta corrispondenti a punteggi), rispondesse proprio alla funzione di comparazione tra tutti i lavoratori aventi mansioni equivalenti nei vari settori di attività produttiva.
5.11. Il giudizio in tal senso reso, confinato nell’area dell’apprezzamento di merito, non è censurabile in questa sede, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.
6. Con il quarto motivo di ciascun ricorso -ai sensi dell’articolo 360 nr. 5cod.proc.civ.– è dedotto l’omesso esame di uno o più fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
6.1. E’ riproposta, in effetti, la censura di cui al motivo che precede; si imputa alla Corte di merito di aver confuso i «parametri» con i «punteggi» e di non aver considerato che i «sottocriteri» hanno finito per privilegiare i dipendenti non addetti ai reparti dichiarati in esubero, attribuendo agli stessi un «vantaggio» assolutamente sproporzionato, in grado di annichilire, di per sé, la rilevanza dei criteri concorrenti dell’anzianità e dei carichi di famiglia.
6.2. La censura, tuttavia, prospettata come vizio di motivazione, non indica, nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo dell’art. 360 nr. 5 cod. proc.civ. (applicabile alla fattispecie) il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass., sez.un., nr. 8053 del 2014) ed è, pertanto, inammissibile.
7. Con il quinto e sesto motivo di entrambi i ricorsi – ai sensi dell’art. 360 nr. 3cod.proc.civ.– è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 9, della legge nr. 223 del 1991 nonché degli artt. 1175, 1375 e 2103 cod.civ.
7.1. Assumono le parti ricorrenti che la Corte di appello avrebbe errato nell’attribuire alla «polivalenza» quale articolazione del criterio delle esigenze tecniche organizzative il significato di «capacità di svolgere mansioni diverse sui reparti diversi» e nel ritenere il criterio coerente con la conversione aziendale che esigeva la permanenza di lavoratori che avessero già maturato una esperienza professionale nel settore in cui si sarebbe sviluppato l’investimento riorganizzativo.
7.2. Le parti ricorrenti osservano come il decisum non sia coerente con il contenuto della comunicazione inviata dalla società ai sensi dell’art. 4 comma 9 della legge nr. 223 del 1991 e non considera (sesto motivo in particolare) che il requisito della «polivalenza» si otteneva attraverso lo svolgimento di una pluralità di mansioni «per almeno sei mesi nell’ultimo anno».
7.3. I motivi sono inammissibili.
7.4. Ferme le considerazioni in punto di difetto di interesse ad agire, si imputa, nella sostanza, al giudice di merito di aver attribuito al criterio della polivalenza un significato errato perché desunto da un’inesatta interpretazione degli atti della procedura ed, in particolare, della comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, legge cit.
7.5. Ribadita l’omessa trascrizione della comunicazione in oggetto, nelle parti salienti, con violazione degli oneri di allegazione e specificazione di cui agli artt. 366 nr. 6 e 369 nr. 4 cod.proc.civ., la parte ricorrente, a ben vedere, sollecita una differente interpretazione di un atto negoziale che costituisce, invece, attività riservata al giudice di merito (ex plurimis, Cass. nr 11699 del 2013; Cass. nr. 4178 del 2007), incensurabile in sede di legittimità, se non attraverso la specifica deduzione (non affatto contenuta nei motivi di ricorso) del modo in cui vi sarebbe stata violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., ovvero con denuncia di un vizio di motivazione, indicando – evenienza che non ricorre nella specie – il fatto storico che, se esaminato, avrebbe condotto sicuramente ad un esito differente.
8. Con il settimo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 4cod.proc.civ.– è dedotta la violazione dell’art. 111 Cost. nonché dell’art. 132 cod.proc.civ. (nel ricorso di F.E. si denuncia anche ed espressamente l’anomalia motivazionale) con riferimento alla valutazione della prova testimoniale.
8.1. L’anomalia motivazionale, come chiarito dalle sezioni Unite di questa Corte (pronuncia nr. 8053 e 8054 del 2014) integra un «error in procedendo» che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», di «motivazione apparente», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», di «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione.
8.2. E’ stato, inoltre, precisato che di «motivazione apparente» o di «motivazione perplessa e incomprensibile» può parlarsi laddove essa non renda «percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (Cass., sez.un., nr. 22232 del 2016).
8.3. Situazioni queste che non si riscontrano nella sentenza impugnata perché la Corte territoriale ha spiegato in maniera chiara le ragioni della decisione evidenziando come gli odierni ricorrenti non avessero svolto mansioni differenti tali da integrare la condizione della «polivalenza» (entrambi i lavoratori non avevano mutato il contenuto professionale della prestazione né nell’arco temporale di riferimento né in assoluto: I. aveva svolto sempre le stesse mansioni sia pure con diverso inquadramento professionale, l’E. non aveva variato i compiti assegnatigli).
8.4. Il motivo, come si ricava agevolmente dalla illustrazione della censura in entrambi i ricorsi, al di là della sua formale rubricazione, impinge nel merito della valutazione della prova testimoniale, censurando – in modo inammissibile – l’apprezzamento dei fatti da parte del giudice di merito.
9. Con l’ottavo motivo del ricorso di F.E. è dedotto – ai sensi dell’art. 360 nr. 5cod.proc.civ.– l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
9.1. Le censure di cui al settimo motivo sono riproposte dall’E. anche sotto forma di vizio di motivazione senza tuttavia che sia illustrato il fatto storico non esaminato e decisivo; in ogni caso, il motivo si fonda sulla «nota aziendale del 29.5.2016» non trascritta nel motivo (la nota è riportata nell’ambito del quarto motivo ma non nelle parti salienti ai fini che qui occupano).
10. In conclusione, i ricorsi vanno respinti.
11. L’alterno esito dei giudizi di merito giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.
12. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte di C.I. e F.E.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. nr. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di C.I. e F.E., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 2131 depositata il 24 gennaio 2023 - In tema di licenziamento collettivo, l'annullamento per violazione dei criteri di scelta ai sensi dell'art. 5 della l. n. 223 del 1991 non può essere domandato indistintamente da ciascuno…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 marzo 2019, n. 7591 - In tema di licenziamento collettivo, il relativo annullamento per violazione dei criteri di scelta non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati ma soltanto da coloro che,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 settembre 2022, n. 26683 - In tema di licenziamento collettivo, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di allegazione dei criteri di scelta e la prova della loro piena applicazione nei confronti dei lavoratori licenziati,…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 9650 depositata l' 11 aprile 2023 - La legge n. 223 del 1991, art. 24 comma 2 prevede espressamente l'applicazione delle norme in materia di licenziamento collettivo anche nel caso di cessazione totale dell'attività d'impresa,…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 9754 depositata il 12 aprile 2023 - L’art. 24, secondo comma legge n. 223/1991 prevede, infatti, espressamente il licenziamento collettivo anche nel caso di cessazione totale dell’attività d’impresa, in ogni caso rilevando,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 01 marzo 2022, n. 6711 - In tema di licenziamento collettivo, la comunicazione, ai sensi dell'art. 4, comma 9, della l. n. 223 del 1991, anche dopo le modifiche apportate dall'art. 1, comma 44, della l. n. 92 del 2012, per…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Nel caso di adesione al processo verbale di consta
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17068 depositata il 14 giugno 20…
- Il verbale di conciliazione deve essere sottoscrit
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25796 depositata il 5 settembre…
- Processo tributario: la perizia estimativa e la co
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26798 depositata il 19 settembre…
- Il dipendente che effettua un furto di piccolo imp
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27353 depositata il 26 settembre…
- Sanzioni tributarie: prescrizione e decadenza in c
Le sanzioni tributarie sono soggette, in tema di prescrizione e decadenza, ad un…