CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 novembre 2018, n. 29774
Licenziamento per motivi disciplinari – Assenza ingiustificata nel posto di lavoro – Recidiva – Prova degli addebiti
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Campobasso, pronunziando in sede di reclamo, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda con la quale S.R. aveva chiesto accertarsi la illegittimità del licenziamento per motivi disciplinari (costituiti dall’assenza ingiustificata nel posto di lavoro nei giorni 27/29 maggio 2014 integrata dalla recidiva per ulteriori due mancanze) intimatogli da F.I. s.p.a. con lettera del 1.7.2014 .
1.1. Il giudice del reclamo, ritenuti provati gli addebiti contestati a titolo di recidiva, quanto all’addebito relativo ai tre giorni di assenza dal lavoro del 27, 28, e 29 maggio 2014 – che il lavoratore assumeva fruiti a titolo di riposo compensativo connesso all’impegno nell’espletamento del servizio elettorale e all’impegno di rappresentante di lista profusi nei giorni 24, 25 e 26 maggio – ha osservato che il R. non aveva alcun diritto alla fruizione dei detti riposi atteso che lo stesso, nel periodo dal 23 al 26 maggio, risultava posto in cigs; la sospensione del rapporto di lavoro conseguente alla messa in cigs esonerava il datore di lavoro dall’obbligo di garantire il riposo.
1.2. Il realizzarsi della fattispecie prevista dal contratto collettivo, prevalutata dalla comune volontà delle parti stipulanti, comportava il rigetto della impugnativa di licenziamento a prescindere da qualsivoglia valutazione di proporzionalità.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S. R. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
2.1. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 53 d.P.R. 30/6/1965 n. 1124, dell’art. 7 Legge 20/05/1970 n. 300, degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., dell’art. 32 Titolo III, paragrafo A) lett. H) del c.c.s.l. di primo livello applicato in FCA s.p.a. nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, censurando la sentenza impugnata con riferimento all’accertamento del primo degli episodi ascritti ritenuti configurare recidiva. Contesta, in particolare, la ricostruzione degli accadimenti operata dalla sentenza impugnata la quale, in sintesi, aveva ritenuto ingiustificata l’assenza dal lavoro per il turno lavorativo avente inizio dalle ore 22 del giorno 19 luglio 2013 fino alle ore 6.00 del giorno successivo, sul rilievo che il lavoratore non aveva dimostrato di avere fatto pervenire alla società, oltre alla certificazione INAIL recante la data del 18 luglio 2013 e priva dell’indicazione della data finale della prognosi, anche la certificazione del pronto soccorso con prognosi di due giorni, idonea a comprovare lo stato di inabilità assoluta del dipendente anche in relazione allo svolgimento del turno decorrente dalle ore 22,00 del giorno 19 luglio.
1.1. Sostiene che il lavoratore, una volta dimesso dall’ospedale, aveva provveduto a consegnare personalmente tutta la documentazione sanitaria all’azienda ed in particolare i certificati rilasciati dal pronto soccorso ed il certificato INAIL e che la circostanza della consegna da parte del R. era stata pacificamente ammessa dalla società datrice in ogni suo scritto difensivo, come evincibile dall’atto di appello della società. Puntualizza che il cd. certificato INAIL non sarebbe tale nel senso che era costituito dall’invio all’INAIL, sull’apposito modulo, del certificato del medico del pronto soccorso ed in questa prospettiva assume che la società ove le fosse stato effettivamente consegnato solo tale certificato avrebbe dovuto comportarsi secondo correttezza e buona fede chiedendo una documentazione integrativa. Lamenta, inoltre, la mancata ammissione della prova testimoniale sull’audizione orale del lavoratore in sede di procedimento disciplinare, destinata – sostiene- a vincere i residui dubbi sugli accadimenti.
2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Legge n. 300/1970 cit. dell’art. 1218 cod. civ., degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., dell’art. 32 Titolo III, paragrafo A), lett. H) del ccsl di primo livello applicato in FCA s.p.a. censurando l’accertamento relativo al secondo illecito disciplinare. Premesso che, secondo quanto emerso dall’istruttoria, il lavoratore versava sin dall’inizio del turno in cattive condizioni di salute, tanto che in infermeria gli era stato somministrato un analgesico, sostiene che l’essere questi stato sorpreso ad occhi chiusi sul luogo di lavoro non significava che si fosse addormentato ma che ciò era dovuto ad un malore che poi lo aveva costretto ad abbandonare il posto di lavoro; evidenzia, inoltre, che, per come pacifico, la macchina alla quale era addetto il R. era al momento ferma per malfunzionamento.
3. Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11 Legge 21/3/1990 n. 53, dell’art. 1 Legge 29/1/1992 n. 69, dell’art. 7 Legge n. 300/1970 cit., degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e dell’art. 32 Titolo III, paragrafo A) lett. H) del ccsl di primo livello applicato in FCA s.p.a. censurando la sentenza impugnata per avere escluso il diritto ai riposi compensativi sul rilievo che nei giorni di impegno elettorale il rapporto di lavoro era sospeso in quanto il lavoratore si trovava in cigs; evidenzia, che, comunque, la contestazione disciplinare indicava quali giorni di messa in cigs il 23 ed il 26 maggio 2014 e non anche il 24 e 25 maggio.
4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Il giudice di primo grado ha ritenuto ingiustificata l’assenza ascritta al R. in relazione al primo degli episodi integranti recidiva rilevante al fine dell’applicazione della sanzione espulsiva, sul rilievo che il lavoratore non aveva provveduto a consegnare alla società datrice di lavoro il referto del medico del pronto soccorso che recava una prognosi di inabilità assoluta estesa al giorno 19 luglio 2013; all’azienda era stato, infatti, consegnato esclusivamente il certificato INAIL che attestava l’impedimento al lavoro per il solo giorno 18 luglio 2013, senza indicazione di prosieguo temporale; esso, pertanto, valeva a giustificare l’assenza del dipendente a partire dal turno avente inizio alle ore 22 del giorno 18 luglio ma non anche l’assenza dal turno del giorno successivo. Tale accertamento è stato fondato sullo scarto temporale tra l’orario indicato sulla ricevuta della consegna di documentazione alla società da parte del dipendente, corrispondente alle ore 3,10 del 19 luglio e quello di visita e di successiva dimissione, indicati nel referto del pronto soccorso, attestati rispettivamente alle ore 2,54 e alle ore 3,14 del giorno 19 luglio ; tale scarto rendeva implausibile la asserita avvenuta consegna del referto del pronto soccorso in un orario precedente quello di dimissione del lavoratore.
4.1. Le deduzioni del ricorrente non sono idonee ad inficiare l’accertamento del giudice di merito, richiedendosi a tale fine, in conformità della previsione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc civ., nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata, successiva al 10 settembre 2012, (art. 54, comma 3, d.l. n. 22/6/2012 conv. in Legge 7/8/2012 n. 134), la deduzione di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Tale fatto non è stato neppure individuato dal ricorrente; né lo stesso potrebbe intendersi riferito alla ammissione, negli scritti difensivi della società, dell’avvenuta consegna personale da parte del R. del certificato INAIL ( v. pag. 14 del ricorso, 2° capoverso) posto che tale ammissione concerne, per l’appunto, il solo certificato INAIL e non anche al referto del pronto soccorso.
4.2. Le ulteriori deduzioni del ricorrente intese ad accreditare una diversa ricostruzione degli accadimenti sono inammissibili in quanto intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento delle risultanze di causa, evocate, peraltro, senza il rispetto (v.,in particolare in punto di ricostruzione del contenuto del certificato INAIL) delle prescrizioni di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.(Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357).
4.3. La censura con la quale si deduce la violazione del criterio di correttezza e buona fede da parte della società per non avere richiesto al dipendente documentazione integrativa è inammissibile . Premesso, infatti, che tale questione non è stata specificamente affrontata dal giudice di appello costituiva onere del ricorrente dimostrarne la rituale avvenuta deduzione nei gradi di merito specificando anche in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540). Tale onere non è stato assolto.
4.4. Analogamente, la censura relativa alla mancata ammissione della prova orale articolata risulta inammissibile per difetto di autosufficienza non avendo parte ricorrente provveduto alla trascrizione in ricorso dei relativi capitoli dei quali, peraltro, non è neppure specificamente chiarita la concludenza e decisività al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell’impugnata sentenza, come, invece, prescritto (Cass. 10/08/2017 n. 19985; Cass. 30/07/2010 n. 17915; Cass. 19/03/2007 n. 6440).
5. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile. La sentenza impugnata ha dichiarato di condividere l’accertamento del giudice dell’opposizione secondo il quale le emergenze in atti avevano confermato l’episodio dell’addormentamento del R. durante l’orario di lavoro, ulteriormente osservando che il rilievo delle non buone condizioni fisiche in cui questi versava dall’inizio del turno, tanto da recarsi in sala medica alle ore 23,50, ben lungi dal giustificare la condotta che gli sarebbe poi stata contestata, testimoniava, semmai, della ingiustificabile determinazione del lavoratore di sottrarsi all’adempimento della prestazione lavorativa per un tempo indeterminato, anziché informarne chi di competenza per essere autorizzato a sospendere l’attività lavorativa ed eventualmente ad allontanarsi dal posto di lavoro.
5.1. Tale accertamento non risulta inficiato dalle censure articolate in ricorso sia in quanto manca la individuazione del fatto omesso, oggetto di discussione tra le parti, di rilevanza decisiva, sia perché parte ricorrente tende a sollecitare un riesame delle emergenze probatorie, peraltro non evocate nel rispetto dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. e, quindi, a sollecitare un sindacato precluso al giudice di legittimità (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357).
6. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Si premette che la censura collegata al rilievo che la contestazione disciplinare indicava quali giorni in cui il R. era stato messo in cassa integrazione solo il 23 ed il 26 maggio e non anche il 24 ed il 25, è inammissibile in quanto, non avendo la sentenza impugnata trattato di tale specifica questione costituiva, per le ragioni già indicate sub paragrafo 4.3. onere della parte – onere in concreto non assolto dall’odierno ricorrente-, dimostrarne la avvenuta rituale devoluzione al giudice di appello.
6.1. Fermo, quindi, in fatto che le funzioni elettorali espletate dal R. coincidevano con il periodo in cui questi si trovava in cigs, occorre verificare se la disciplina di riferimento consente di riconoscere anche in tali ipotesi il diritto del lavoratore ai riposi compensativi.
6.2. Si premette che l’art. 119 del Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati approvato con d.P.R. 30/3/1957 n. 361, nel testo sostituito dall’art. 11, Legge 21/3/1990 n. 53, così recita: “1. In occasione di tutte le consultazioni elettorali disciplinate da leggi della Repubblica o delle Regioni coloro che adempiono funzioni presso gli uffici elettorali, ivi compresi i rappresentanti di lista o di gruppo di candidati nonché in occasione di referendum, i rappresentanti dei partiti o gruppi politici e dei promotori del referendum, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle relative operazioni. 2. I giorni di assenza dal lavoro compresi nel periodo di cui al comma primo sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attività lavorativa”.
6.3. L’art. 1 Legge 29/1/1992 n. 69, con norma di dichiarata interpretazione autentica del comma 2 dell’art. 119 cit. ha statuito che “Il comma 2 dell’art. 119 del Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, come sostituito dall’art. 11 della Legge 21 marzo 1990, n. 53, va inteso nel senso che i lavoratori di cui al comma 1 dello stesso articolo articolo 119 hanno diritto al pagamento di specifiche quote retributive, in aggiunta alla ordinaria retribuzione mensile ovvero a riposi compensativi, per i giorni festivi o non lavorativi eventualmente compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali”.
6.4. Dal tenore letterale delle disposizioni in esame e dalla finalità complessiva delle disciplina dettata per l’ipotesi di espletamento di funzioni connesse alle operazioni elettorali – finalità ravvisabile nell’esigenza di evitare che lo svolgimento di dette funzioni, configuranti munus publicum (Cass. Sez. Un. 28/10/1995 n. 11314), si traduca in una penalizzazione per il dipendente sul piano del rapporto di lavoro – si evince che la piena funzionalità del rapporto di lavoro costituisce presupposto indispensabile per la relativa applicazione.
6.5 La disciplina di legge, infatti, è modulata su un rapporto di lavoro connotato dall’attualità delle rispettive obbligazioni a carico delle parti come reso palese dal riferimento al diritto del lavoratore di assentarsi per tutto il periodo corrispondente alla durata delle operazioni elettorali, dal fatto che i giorni di assenza sono considerati “a tutti gli effetti” giorni di attività lavorativa, dalla previsione del diritto al pagamento di specifiche quote retributive in aggiunta alla ordinaria retribuzione in alternativa a riposi compensativi per i giorni festivi o non lavorativi eventualmente compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali.
6.6. Quanto sopra osservato esclude che la richiamata disciplina possa trovare applicazione, anche solo in via estensiva, nell’ipotesi in cui il lavoratore impegnato nello svolgimento di funzioni elettorali si trovi in cassa integrazione e cioè in una situazione nella quale le reciproche obbligazioni principali a carico delle parti del rapporto di lavoro, costituite dalla prestazione dell’attività di lavoro e dalla corresponsione della retribuzione, sono sospese.
6.7. In particolare, con riferimento al profilo di interesse nella presente controversia, la sospensione dell’obbligo lavorativo per il dipendente nel periodo di espletamento delle operazioni elettorali, rende incongruo il riconoscimento del diritto al riposo compensativo, istituto tradizionalmente destinato a “compensare” la maggiore onerosità dell’attività prestata in giorno festivo o non lavorativo in funzione del recupero delle energie psico – fisiche del dipendente.
7. In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto.
8. La assoluta novità della questione trattata nell’esame del terzo motivo giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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